Neanche a farlo apposta, la seconda stagione dell’acclamata The Crown è arrivata su Netflix nello stesso momento in cui la monarchia britannica è – per l’ennesima volta – sotto i riflettori, grazie alle annunciate nozze tra il principe Harry e l’attrice Meghan Markle. E nel confronto col presente, le vicende rimesse in scena dalla serie sulla vita di Elisabetta II sembrano davvero appartenere a un altro mondo, oltre che a un altro tempo.
Scritta e coordinata, nuovamente, dallo sceneggiatore Peter Morgan (espertissimo dell’argomento, già trattato nel film The Queen e nella pièce The Audition, entrambi con Helen Mirren), la stagione 2 riprende il filo della biografia reale nel 1956.
Churchill è morto, il conflitto per il canale di Suez sta per scoppiare, le voci sulle ripetute infedeltà coniugali di Filippo tormentano la sovrana e l’opinione pubblica; soprattutto, incombono gli anni 60 del cambiamento culturale e sociale, e quando questo secondo ciclo di dieci episodi si conclude, con lo scandalo Profumo del 1963, già si profila tutta un’altra Inghilterra.
The Crown è tra le più amate produzioni originali Netflix, al 100% British, ha vinto svariati premi (tra cui due Golden Globe), può contare su un cast in stato di grazia, un piano di lavorazione ben definito – si tratterà di sei stagioni, che ripercorreranno il mandato elisabettiano fino ai giorni nostri – e su un budget elevatissimo (si vede tutto, nella sontuosa e dettagliata ricostruzione storica, nel respiro epico con cui cavalca la Storia, quella con la S maiuscola). Si muove, anche, sempre in equilibrio: da una parte, ha l’ambizione (spesso raggiunta) di restituire lo spirito del secondo Novecento e i suoi enormi mutamenti, riflettendo pure sulla gestione e la rappresentazione del potere; dall’altro, inutile negarlo, è anche una soap opera di gran lusso, come sanno bene i giornali di gossip che da sempre vendono ai lettori gli scandali di corte.
La seconda stagione, rispetto alla prima, sconta l’assenza di un personaggio poderoso come Winston Churchill e, di pari passo con l’epoca di transizione che fotografa, è un po’ meno coesa: ma si accende ancora di piccoli e grandi momenti illuminanti, come l’incontro con i Kennedy (un tipo totalmente diverso di regalità), le digressioni sulle collusioni naziste dell’ex re Edoardo, la relazione difficoltosa di Elisabetta con i media. Costretta, con fatica, a trovare il modo di avvicinarsi al popolo: cosa che The Crown, invece, fa benissimo.