Un omicidio che non è mai avvenuto. Così John Grisham, lo scrittore di tanti legal thriller e gialli giudiziari, da “Il socio” a “Il rapporto Pelican”, definisce il caso che potrebbe costare la vita a Robert Robertson, 57 anni, da oltre 20 nel braccio della morte di un carcere in Texas. Robertson dovrebbe essere messo a morte il prossimo 17 ottobre. L’omicidio che non è mai avvenuto è quello di Nikki, la figlia di due anni di Robertson, morta nel febbraio 2002. Secondo l’accusa e la condanna, sarebbe stata uccisa proprio da Robertson, il padre. La causa della morte, secondo i medici che compilarono il referto, sarebbe stata la Shaken Baby Syndrome (SBS), la sindrome del bambino scosso. Si tratta di una grave forma di maltrattamento subita dai bambini di età inferiore ai due anni, di solito ad opera di coloro che se ne prendono cura, esasperati, per esempio, dal pianto dell’infante. Il bimbo viene quindi preso in braccio e violentemente scosso. Lo scuotimento provocherebbe un movimento del tessuto cerebrale all’interno della scatola cranica, con conseguente trauma. Ciò può portare a danni cognitivi permanenti, allo stato di coma o alla morte. La sindrome del bambino scosso fu descritta nel 1971 da un neurochirurgo inglese, Norman Guthkelch, che intendeva spiegare perché alcuni bambini che esibivano gravi traumi cerebrali non mostravano però segni esteriori di violenza o di ferite. Da allora, la scientificità della sindrome del bambino scosso è stata più volte messa in discussione. Si è, per esempio, mostrato che ci possono essere altre cause responsabili dei traumi cerebrali, come piccole cadute o malattie non rilevate. Lo stesso medico che l’ha descritta, Norman Guthkelch, preoccupato per il numero di adulti che finivano in carcere con l’accusa di aver scosso i bambini, ha consigliato di usare con prudenza la sua teoria.
Comunque, la morte della piccola Nikki, portata già in stato di coma all’ospedale, fu attribuita dai medici proprio alla SBS. Responsabile dello scuotimento sarebbe stato appunto il padre, Robert, che fu quindi arrestato e successivamente condannato a morte. Quella condanna, però, fu fondata su tre gravi errori. Il primo: la bambina aveva una polmonite non rilevata, con una febbre molto alta, oltre i 40°. Il secondo errore: alla bambina erano state somministrate delle medicine potenzialmente molto pericolose per gli infanti. Questi due elementi potrebbero spiegare il danno cerebrale, il coma e la morte. C’è però un terzo elemento che la corte non prese in considerazione: Robert Robertson, il padre, è infatti affetto da autismo. I detective che lo interrogarono e lo staff medico che seguì il caso interpretarono il suo atteggiamento non reattivo e inespressivo come il segno della fredda spietatezza del padre killer.
Per questo, John Grisham oggi parla di un omicidio mai avvenuto. Nel caso di Robert Robertson, infatti, non si tratta della condanna della persona sbagliata, cioè di chi non ha commesso davvero un omicidio; nel caso di Robertson, non c’è proprio l’omicidio, perché Nikki non fu uccisa per scuotimento. Nikki morì per cause naturali. Con Grisham a sostenere l’innocenza di Robertson, ci sono decine di medici, 84 deputati del Texas, sia democratici sia repubblicani, oltre 70 avvocati e gruppi per i diritti delle persone autistiche. In centinaia hanno firmato una petizione che chiede la revoca della condanna e la liberazione di Robert Robertson. Il governatore del Texas, Greg Abbott, ha ora in mano il destino dell’uomo.