
Tecniche di resistenza culturale al tempo del coronavirus. Giovedì 12 marzo è stato ospite di Cult Paolo Rossi.
Tra un’attività domestica e l’altra, alcune delle quali fatte (per sua stessa ammissione) per la prima volta nella vita, Paolo Rossi sta usando il periodo casalingo forzato per provare il nuovo spettacolo che dovrebbe debuttare alla fine di maggio. Per l’attore un periodo come questo può essere usato per miscelare sensazioni, appunti, domande in un’immaginario pentolone per tirare fuori la giusta ricetta di un “nuovo minestrone”.
E’ il tempo delle domande e dell’osservazione, ma anche della preoccupazione, senza vergognarsi di dirlo. E si tratta di preoccupazione economica, oltre che sanitaria, soprattutto per tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo di cui gli attori sono solo la punta più visibile dell’iceberg.
Fare affidamento sulle qualità più virtuose della comunità è fondamentale, ma non si può ignorare che ci siano cittadini più esposti al pericolo del contagio e alle incertezze della crisi economica che dal contagio deriverà senza dubbio. Il pensiero corre naturalmente a quelle categorie poco o per niente protette come i carcerati o anche semplicemente i lavoratori di fatto obbligati a continuare a lavorare. Se c’è chi deve affrontare gravi conseguenze materiali, non c’è anche chi invece su questa situazione anomala ci lucra?
Bisognerà poi prepararsi bene ai “problemi del dopo”, che, si augura Paolo Rossi, possano essere un po’ più divertenti di quelli del presente.
Qui di seguito l’audio della chiacchierata con Ira Rubini a Cult.
foto | wikipedia