«La corruzione, nella sua essenza, è un saccheggio di risorse pubbliche a vantaggio di pochi. È un abuso di potere pubblico per fini privati».
Sono le definizioni di corruzione secondo Alberto Vannucci, politologo all’Università di Pisa, ospite di Memos. Vannucci ha una competenza particolare sul tema: da sei anni coordina il Master universitario in “Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione”. Vannucci è anche presidente di Libertà e Giustizia.
Gli ultimi arresti in Lombardia (leggi qui e qui) e la nuova inchiesta della procura di Monza confermano l’esistenza di un vero e proprio “caso lombardo” legato alla gestione della sanità in questi oltre vent’anni di governi regionali delle destre. I precedenti illustri riguardano le inchieste che hanno coinvolto l’ex presidente lombardo Formigoni e l’ex assessore regionale alla sanità Mantovani.
«Si potrebbe dire – sostiene il professor Vannucci – che il modello lombardo, così come è stato costruito sull’integrazione profonda tra pubblico e privato, doveva rappresentare un faro di efficienza e trasparenza. Almeno così era stato “venduto” nel discorso pubblico. Questi tre scandali, queste vicende giudiziarie, indicano che quanto meno ci sono dei lati oscuri nel modello. Spesso si segnala che la qualità dei servizi sanitari erogati in Lombardia è comunque di eccellenza. Vorrei aggiungere che – nonostante gli sprechi e la corruzione – la sanità italiana resta in una delle posizioni di vertice nei confronti internazionali. Il punto non è il livello assoluto di qualità, ma quanto tali sprechi incidono sull’efficienza dei servizi di cui godono i cittadini. La corruzione, nella sua essenza, è un saccheggio di risorse pubbliche a vantaggio di pochi. La corruzione è un abuso di potere pubblico per fini privati. Chi osserva queste vicende con la prospettiva della repressione ha il timore che siano difficilmente riconducibili alla fattispecie penale della corruzione. In questi ultimi casi, per fortuna, qualche risultato è stato raggiunto: vedremo a quale grado di giudizio poi si arriverà, se ci sarà la prescrizione o se cadranno alcune imputazioni. La corruzione è una realtà molto sofisticata che sta utilizzando strumenti che la rendono sempre più difficilmente rilevabile dai radar della magistratura».
Lei ha definito la sanità un modello «”corrotto” fino alla radice». Cosa vuol dire?
«Se guardiamo alla logica elementare della corruzione, cioè il saccheggio di risorse pubbliche a fini privati tramite abusi di potere, vediamo che ciò comporta una privatizzazione di fatto delle risorse pubbliche. Si tratta di risorse che vengono utilizzate da chi gestisce il potere pubblico, da chi mette a libro paga i decisori pubblici. Questa privatizzazione prevede che le risorse pubbliche vengano trasformate in merce di scambio, così come i diritti, incluso il diritto alla salute. Nel modello lombardo c’è un’applicazione specifica, di cui le vicende giudiziarie sono una declinazione particolare. Osserviamo – nell’attività di corruzione – una trasformazione da una privatizzazione di fatto ad una privatizzazione di diritto. Il privato viene investito ufficialmente del potere di presidiare spazi pubblici, ospedalieri. Nell’ultima operazione della procura di Monza al soggetto privato che vince un appalto, secondo l’accusa truccato, viene affidato uno spazio interno all’ospedale. Ciò che dovrebbe essere pubblico diventa di fatto privato. E l’unico obiettivo con cui viene utilizzato non è quello di offrire dentiere ai bisognosi, ma arricchire le cricche o i comitati d’affari».
La gip di Monza Emanuela Corbetta, nell’ordinanza di custodia cautelare, scrive di “potere politico” utilizzato come “strumento per accumulare ricchezza”. Fin qui, si potrebbe dire, niente di nuovo, per quanto grave. Che fine fa poi questa ricchezza accumulata? E’ cambiato qualcosa, professor Vannucci, rispetto agli anni di Tangentopoli?
«Dobbiamo aggiungere un altro anello a questa catena. Il potere politico è utilizzato non solo per accumulare ricchezze, ma anche per reinvestire quelle ricchezze come strumento per accrescere il proprio potere. C’è un elemento dinamico di accrescimento progressivo in questi sistemi criminali di corruzione. La ricchezza derivante da queste attività illecite – racconta Alberto Vannucci – viene utilizzata come una sorta di investimento per promuovere l’ascesa di soggetti nei vari settori della politica. Ad esempio, la campagna elettorale finanziata integralmente affinché si abbia un referente istituzionale di altissimo livello. Ciò che ci deve preoccupare è l’elemento di crescita endogena di questi sistemi di corruzione. Magari i proventi della corruzione restassero nel freezer! Invece, quando escono dal freezer, vengono inseriti in tutta una serie di circuiti (politici, economici, professionali). In questo modo si crea un vantaggio concorrenziale che favorisce l’ascesa di questi soggetti. Avere più potere, poi, significa avere ancora più opportunità di arricchimento illecito. C’è un elemento di accrescimento progressivo della capacità di questi circuiti criminali di infiltrarsi nel mondo della politica, dell’imprenditoria, delle professioni».
Lei ha parlato di classe imprenditoriale “parassitaria” che si crea attorno al soggetto pubblico. Quanto conta?
«Si tratta di soggetti che si specializzano nell’ottenere protezione politica, burocratica, nell’assumere e mettere a libro paga chi potrà procacciare loro dei favori. Le loro competenze sono limitate a questo e non c’è alcun talento, alcuna capacità innovativa, alcun incentivo ad investire in una migliore qualità dei servizi. I meccanismi che permettono loro di avere successo riflettono le loro capacità di entrare in circuiti di scambio. Ciò che colpisce è una particolare asimmetria: mentre il politico sconta una condanna pubblica (per il tradimento della fiducia dei cittadini), gli imprenditori invece rimangono in una sorta di zona d’ombra. Per loro non scatta lo stigma sociale».
Per concludere, professor Vannucci, come si sconfigge la corruzione? C’è sicuramente una questione che riguarda le norme, in particolare la prescrizione troppo breve per i reati di corruzione. Ma da sola non spiega tutto. Cos’altro manca?
«Secondo me il vero elemento che può rappresentare una svolta in Italia è la consapevolezza diffusa dell’intollerabilità ad ogni livello della corruzione. Ci vuole qualche strumento per attivare dal basso campagne di sensabilizzazione e di controllo. Se il controllo è diffuso, se viene dai cittadini stessi, allora potrebbe rivelarsi il meccanismo più efficace contro la corruzione».
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