Qual è la strategia dei magistrati che indagano sulla strage della funivia?
Tra i tre fermati per l’incidente che ha causato 14 morti la Procura di Verbania si concentra per il momento su Gabriele Tadini, il responsabile del servizio che per primo ha ammesso di avere manomesso i freni di emergenza, chiamando in causa anche il proprietario della società che gestisce l’impianto, Luigi Nerini, e il direttore di esercizio Enrico Perocchio.
Nerini e Perocchio non sono ancora stati sentiti. Compariranno davanti al Gip domani per l’interrogatorio di garanzia. Tadini è stato interrogato e oggi nei suoi confronti è stato chiesto il carcere con le motivazioni del pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato.
La formula più ampia per scongiurare scarcerazioni.
Le sue parole e la sua collaborazione potrebbero essere particolarmente importanti per ricostruire in termini ampi come veniva gestita la funivia del Mottarone. La manomissione dei freni non è il solo elemento di interesse per i magistrati. Come è possibile che il cavo di traino si sia spezzato? Era troppo usurato? Oppure i fermi e guasti di cui parlano i testimoni hanno causato uno stress tale da fare poi rompere la fune?
I magistrati vogliono sapere più cose possibili da Tadini. E intanto hanno ascoltato i dipendenti della funivia e i testimoni. Domani, poi, toccherà a Nerini e Perocchio, il proprietario e l’uomo che oltre a rappresentare la “Funivie del Mottarone” è anche dipendente della Leitner di Vipiteno, la società che partecipò alla ristrutturazione del 2016 e che nel frattempo ha annunciato di voler chiedere la costituzione, quando sarà l’ora, parte civile.