Il miglior film del 2016 è Il caso Spotlight di Thomas McCarthy, che ha vinto l’Oscar anche per la miglior sceneggiatura non originale con la storia del team di giornalisti del Boston Globe che seguì il caso degli abusi sessuali su ragazzini all’interno della d della parrocchia della città di Boston. Violenze portate avanti per anni, coperte dalle alte cariche della Chiesa cattolica e con molte vittime messe a tacere per paura, con processi ancora aperti, prove insabbiate e documenti spariti.
Miglior regia ad Alejandro Gonzalez Iñárritu, per il secondo anno di fila dopo Birdman nel 2015, con Revenant che porta un premio anche per la fotografia a Emmanuel Lubezki e per il protagonista Leonardo DiCaprio. Un film faticoso, girato tra la neve, il gelo e le avversità naturali, tra i nativi americani, in cui DiCaprio viene abbandonato moribondo dopo l’aggressione di un orso, in mezzo alla foresta. “Non diamo per scontato questo pianeta”, ha detto l’attore nel suo discorso di ringraziamento, accusando le multinazionali di essere responsabili di cambiamenti climatici e disastri ambientali.
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“Per girare Revenant abbiamo dovuto andare quasi al polo – racconta DiCaprio -. Il 2015 è stato l’anno più caldo della storia, i cambiamenti climatici sono una realtà che sta accadendo adesso, dobbiamo smettere di procrastinare, bisogna agire per l’umanità e per le comunità indigene, per i figli dei nostri figli, le cui voci sono poste sotto silenzio dall’avidità di pochi”.
A sfondo politico anche il discorso di Iñárritu, rivolto agli immigrati come lui, che spesso vengono discriminati e non godono di pari diritti e rivolge il pensiero ai nativi americani con i quali ha girato molte scene di Revenant. Molta attenzione per i diritti civili anche da parte di Sam Smith, autore della canzone vincitrice Writing’s On The Wall, tratta dal film Spectre di Sam Mendes e che si è rivolto alla comunità LGBT dichiarandosi orgoglioso di essere gay.
Miglior attrice protagonista è Brie Larson, madre segregata tra le quattro mura di una stanza nel film Room del regista irlandese Lenny Abrahamson.
Miglior attrice non protagonista Alicia Vikander, che in The Danish Girl di Tom Hooper è la moglie di Eddie Redmayne, nei panni di Einar Wegener, il primo uomo che negli anni ’20 si sottopone all’intervento per cambiare sesso e diventare Lili Elbe.
E miglior attore non protagonista l’immenso Mark Rylance, la spia russa difesa da Tom Hanks in Il Ponte delle Spie di Steven Spielberg.
Sei Oscar tecnici per il film visionario Mad Max Fury Road di George Miller e uno al film d’animazione Inside Out della Pixar. A Il Figlio di Saul di Laszlo Nemes l’Oscar per il miglior film in lingua straniera.
Premiato il maestro Ennio Morricone per la miglior colonna sonora, compositore per The Hateful Height di Quentin Tarantino e che dopo 6 candidature finalmente torna in Italia con l’Oscar. Rende omaggio a John Williams, autore della colonna sonora di Star Wars The Force Awakens e dice in italiano, con la voce rotta dall’emozione: “Non c’è una musica importante senza un grande film che la ispiri. Ringrazio Tarantino per avermi scelto. Dedico questo premio a mia moglie Maria”.