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Tratto dal podcast
Fino alle otto di gio 04/06 (terza parte)
Fino alle otto | 2020-06-04
Le proteste e le manifestazioni negli Stati Uniti proseguono ormai da giorni e il Presidente Donald Trump continua a dimostrarsi assolutamente inadeguato. Anche l’ex Presidente Bush nelle ultime ore ha sconfessato l’operato di Trump e sono arrivate critiche anche dall’ex segretario alla difesa Jim Mattis e dal Segretario alla Difesa. Cosa sta succedendo? Ne abbiamo parlato con Martino Mazzonis, giornalista e curatore di AtlanteUSA2020, il progetto Treccani per seguire politica e società USA nell’anno elettorale.
L’intervista di Serena Tarabini a Fino Alle Otto.
Tutti contro Trump in questo momento, cosa significa?
Il Presidente sta mostrando una volta di più di non avere nessuna capacità di empatia: a prescindere da quello che si pensa, il Presidente di un Paese esce e dice qualcosa per calmare gli animi, esattamente il contrario di quello che Donald Trump ha fatto in questi giorni. Ieri, ad esempio, ancora una voltaha raccontatouna nuova storia rispetto all’aggressione alla manifestazione pacifica che si è svolta dietro la Casa Bianca, ha detto che non sono stati usati lacrimogeni e pallottole di gomma quando ci sono le immagini a testimoniarlo: di fronte a una cosa così addirittura il Pentagono, nella figura del Segretario alla Difesa, ha detto che non utilizzerà l’esercito federale mentre Trump aveva minacciato di farlo, cosa che avrebbe rappresento una rottura anche istituzionale perché gli Stati hanno prerogative per cui l’esercito federale non interviene normalmente. E poi c’è Jim Mattis, il precedente segretario alla difesa, che si è dimesso, uno dei famosi generali che doveva tutelare Trump, e che ieri ha parlato in maniera molto dura. Persino lui che in linea di massima non parlava mai di politica se ne è uscito dicendo che Trump si sta comportando in maniera poco seria, non da presidente.
Addirittura George W. Bush ha sconfessato l’operato di Trump…
In questo momento ci sono 4 presidenti, 3 sono democratici e uno repubblicano: tutti e 4 ieri in qualche forma hanno parlato di questo tema, un tema enorme e delicato su cui la politica americana ha una cattiva coscienza che si trascina: le prime rivolte sono degli anni ‘60, quando non prima, nel frattempo alcune cose sono successe, ma nel profondo non è cambiato multo. I presidenti devono dire qualcosa, e quindi lo ha fatto anche Bush, di cui non abbiamo un buon ricordo. Un presidente poco brillante e circondato da falchi che probabilmente lo manipolavano, ma pur sempre un uomo religioso. È un evangelico, insomma, uno di quelli che ci crede davvero a modo suo, mentre Trump è uno di quelli che non crede proprio a nulla.
Ha citato gli anni sessanta: il regista americano Spike Lee sui giornali oggi vede delle similitudini con quelle attuali nella loro trasversalità. In generale stiamo assistendo a fatti sia sostanziali, come l’aggravamento delle accuse, sia simbolici, penso ai poliziotti e ai militari inginocchiati assieme ai manifestanti, molto significativi. Sta cambiando qualcosa?
Io direi che c’è un effetto lungo di Black Lives Matter, ma per certi aspetti anche un effetto lungo di Obama. Non che Obama abbia cambiato le cose, ma ha fatto da cornice e ha reso palese il problema: c’è un un presidente nero e continuano a succedere queste cose, questo ha probabilmente cambiato un po’ le coscienze degli afroamericani e anche di quei giovani bianchi che sono cresciuti in un’America diversa. Soprattutto nelle città ci sono ancora enormi differenze, ma si vedono anche molti più studenti neri o ispanici nelle università, c’è molta più diversità e questo rende più faticoso per i giovani accettare certe situazioni. E poi c’è un’intellettualità nera nuova, molto dinamica, forte e che parla a tutti, molto radicale ma anche meno separata dal resto della società. Spike Lee appartiene alla vecchia generazione, adesso cui sono nuovi registi, scrittori, musicisti, saggisti, sono davvero tanti e questo contribuisce a cambiare un pò le cose. E poi bisogna sottolineare che hanno incriminato anche gli altri 3 poliziotti e a condurre le indagini è un procuratore generale, quello del Minnesota, che è afroamericano e di sinistra. Era il candidato dei sandersiani alla direzione del Partito Democratico, c’è tutta una situazione da questo punto di vista incoraggiante per gli afroamericani. Vero è che si tratta di un tema i cui cambiamenti non si ottengono solo con le leggi e cambiando i regolamenti dei dipartimenti di polizia, fermo restando che questo ha contribuito quantomeno a far calare il numero di morti. L’incriminazione dei 3 poliziotti è un passo avanti importante. Ieri sera ci sono state delle manifestazioni prevalentemente pacifiche anche per questo motivo: aver visto un risultato, un’incriminazione dopo pochi giorni anziché dopo mesi. Tutto questo lascia un po’ ben sperare, questo attivismo afro-americano caratterizzato da una radicalità senza eccessi. È vero, i saccheggi sono una parte relativamente limitata, abbiamo visto migliaia e migliaia di persone, i saccheggi e violenza in pochi luoghi. Ricordiamo che a Los Angeles nel 1992 ci sono stati 60 morti in 5 giorni e in una sola città. Qui, per quanto ovviamente ogni vita valga, adesso con proteste in tutto il Paese, in 9 giorni ci sono stati solo 5 o 6 morti, la narrazione è davvero eccessiva.
Foto dalla pagina Facebook Black Lives Matter Knoxville