
Si parla molto, quasi esclusivamente, della sentenza sull’aborto, che la Corte Suprema renderà pubblica tra fine giugno e inizi luglio. Secondo la fuga di notizie di alcune settimane fa, la Corte, a maggioranza conservatrice, dovrebbe cancellare il diritto all’aborto a livello federale. Ma la rabbia e le proteste che ne sono scaturite potrebbero, il condizionale è d’obbligo, aver portato almeno un paio di giudici a scegliere una linea meno radicale. Quindi, appoggiare la decisione dello Stato del Mississippi, che vuole portare a 15 settimane il limite per l’aborto, senza scardinare l’architettura complessiva della legge.
Prima della pausa estiva, la corte deve però emettere altre sentenze fondamentali. I nove giudici della Corte devono infatti dichiararsi su una legge dello Stato di New York, che vieta di possedere un’arma a meno che non ci siano valide ragioni, a parte l’autodifesa. Probabile che la maggioranza conservatrice dia torto allo Stato, e allarghi quindi il diritto di portare un’arma, nonostante le stragi di massa di queste settimane.
Attesa anche una sentenza sulla possibilità che uno Stato americano finanzi, con soldi pubblici, la frequenza nelle scuole private religiose. Attesa una sentenza sull’immigrazione, in particolare sulla decisione dell’amministrazione Trump, confermata da quella Biden, che impone ai migranti di restare in Messico, in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata. E attesa ancora una sentenza sui poteri dell’agenzia federale dell’ambiente di regolare i livelli di inquinamento industriale.
Aborto, armi, religione, immigrazione, ambiente. Questioni fondamentali per la vita degli americani che, di fronte alla paralisi del Congresso e della politica, vengono demandate a una Corte Suprema schierata su posizioni duramente conservatrici e non in linea con opinioni e sentimenti prevalenti della maggioranza del Paese.