L’appuntamento per i più nottambuli è alle 03.15 ore italiane (diretta Sky Sport 2).
Potrebbe valere la pena di puntare la sveglia, se siete appassionati di basket e se siete appassionati di America.
Perché la finalissima Ncaa è evento capace, al pari solo del Super Bowl, di paralizzare un Paese e i suoi trecento milioni di abitanti.
Per un mese, che va sotto il nome di March Madness, la follia di marzo, i grandi e ricchi colleghi della Nba sono oscurati e l’attenzione si catalizza sui prospetti del futuro.
Da Oregon State a Yale, da Notre Dame a Temple, i 68 college più forti degli Stati Uniti si sfidano a dentro o fuori, in partite seguitissime, con studenti e tifosi dei diversi atenei che girano l’America per affollare i palazzetti che ospitano le gare o si riempiono di birre davanti agli schermi montati in ciascun campus.
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Una corsa rapida, molto dolorosa per più di una squadra e di un’università, e per più di un giocatore, che in queste giornate costruisce le sue chance di una buona chiamata al draft e dunque di un buon contratto Nba.
Ora la March Madness è giunta al suo epilogo a Houston. Nelle semifinali North Carolina ha superato Syracuse e ora da favorita si gioca per la prima volta dal 1999 la possibilità di vincere un titolo. Contro di loro Villanova, ateneo cattolico della periferia di Philadelphia che, davanti a 75mila spettatori ha umiliato Oklahoma 95 a 51, un disavanzo da record per le final four.
Tra i protagonisti con i suoi 15 punti Ryan Arcidiacono, italo-americano.
Italianissimo è invece Riccardo Fois, assistente allenatore a Gonzaga, la cui avventura si è interrotta solo alle Sweet 16, di fatto gli ottavi, contro Syracuse. Qui commenta la March Madness assieme a Lorenzo Neri, nostro esperto di basket e autorevole firma sul sistema Ncaa.