Gli organizzatori della Trieste Running Festival fanno marcia indietro e inviteranno anche atleti africani alla gara podistica professionistica. Le pressioni erano arrivate dal mondo dello sport e della politica. Noi avevamo invitato gli sponsor e gli atleti a ritirarsi. La figuraccia internazionale rimane. Il divieto, tra le altre cose, avrebbe rappresentato una pessima pubblicità per la candidatura di Milano e Cortina alle Olimpiadi invernali (la Iaaf e il Coni, partner istituzionali della maratona, sono affiliati al Cio, il Comitato Olimpico Internazionale, che dovrà decidere a chi assegnare i giochi del 2026).
Fabio Carini, presidente della Apd Miramar che ha organizzato la gara podistica, aveva cercato di giustificarsi: “quest’anno abbiamo deciso di prendere solo atleti europei affinché vengano presi provvedimenti che regolamentino quello che attualmente è un mercimonio di atleti africani di altissimo valore che vengono semplicemente sfruttati e questa è una cosa che non possiamo più accettare”. Poi, di fronte alle pressioni, ha ceduto e ha detto che la sua era una ‘provocazione’.
Se gli organizzatori avessero voluto combattere lo sfruttamento degli atleti africani avrebbero potuto combattere gli eventuali sfruttatori. Avrebbero potuto lavorare per accertarsi che gli atleti africani venissero trattati e pagati come i loro colleghi europei. Portare a pretesto il tema dello sfruttamento per escluderli era una scusa che non aveva convinto nessuno. Persino il leghista Giorgetti, sottosegretario allo sport, aveva annunciato una inchiesta interna e aveva dovuto ammettere che è sbagliato escludere gli atleti africani, che non è così che si risolvono i problemi, pur volendo dare una sponda agli organizzatori parlando di ‘scafisti dello sport’.
Insomma, una figuraccia mondiale che trascina di nuovo nel fango il nome della maratona di Trieste e della città, già al centro delle cronache recenti quando nel pieno dello scorso inverno, a gennaio, il vicesindaco leghista Paolo Polidori si vantò di avere gettato nel cassonetto dei rifiuti gli abiti e le coperte di un senza casa.
Una figuraccia che rischiava di sporcare l’immagine di tutti coloro che avranno a che fare con la competizione prevista la prossima settimana. Gli sponsor, prima di tutti. Pensiamo a una società finanziaria come Generali o a un protagonista dell’economia digitale come Booking.com, attori a livello mondiale. Pensiamo al danno che avrebbero potuto subire quando tutto il mondo avesse saputo che stavano finanziando una competizione a cui gli atleti professionisti africani non erano stati invitati. La cosa migliore sarebbe stato il ritiro immediato della sponsorizzazione, per non rischiare di subire dei danni al marchio.
Poi ci sono gli atleti, i professionisti invitati a correre e tutti gli altri, gli amatori, i dilettanti. I valori dello sport, di cui sono protagonisti, sarebbero stati incompatibili con la decisione presa a Trieste.
Una decisione che avrebbe rappresentato un pessimo biglietto da visita per la candidatura olimpica di Milano e Cortina. Di questo, gli organizzatori non si erano accorti. I politici che sono intervenuti, compresi quelli leghisti, e la federazione di atletica e il Coni, probabilmente sì