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Spagna, la destra sfrutta la crisi venezuelana per dividere la maggioranza

Proteste a Madrid per la crisi elettorale del Venezuela

Tutte le crisi politiche venezuelane passano inevitabilmente per la Spagna e, in ogni crisi diplomatica con Caracas, Madrid cerca di muoversi con la massima cautela. Una delle figure chiave è l’ex premier Zapatero, considerato un mediatore affidabile sia dal regime di Maduro sia dall’opposizione. Zapatero avrebbe avuto un ruolo fondamentale nell’ottenere la concessione dell’esilio politico in Spagna per il probabile vincitore delle elezioni in Venezuela, Edmundo Gonzalez Urrutia, contro cui il regime di Maduro aveva emesso un mandato d’arresto. L’arrivo di Gonzalez a Madrid, però, ha scatenato nuove polemiche. La destra spagnola, in particolare il Partido Popular, ha accusato il governo di Pedro Sanchez di aiutare il regime di Maduro proprio concedendo l’asilo politico a Gonzalez.

Con la scomparsa di Gonzalez, che rivendicava di aver vinto legittimamente le elezioni, l’opposizione venezuelana resta priva della sua figura più rappresentativa. Sebbene in Venezuela rimanga María Corina Machado, vera leader dell’opposizione ed esponente del settore più conservatore, il regime appare più forte in assenza di Gonzalez. Le manifestazioni stanno diminuendo e le pressioni delle grandi democrazie progressiste dell’America Latina – Brasile, Colombia e Messico – al momento non hanno prodotto risultati.

Il problema è che la questione venezuelana sta diventando sempre più una questione europea, che la destra continentale è disposta a cavalcare, guidata dal Partido Popular spagnolo. Dopo l’arrivo di Gonzalez a Madrid, il Partido Popular è riuscito a spaccare la maggioranza di Pedro Sanchez, facendo approvare dal Parlamento di Madrid il riconoscimento di Gonzalez come legittimo Presidente del Venezuela. Si tratta di una risoluzione non vincolante, ma che ha provocato il ritiro dell’ambasciatore venezuelano a Madrid e la minaccia da parte del governo di Maduro di rompere tutte le relazioni economiche e commerciali con la Spagna.

Il prossimo obiettivo dei popolari spagnoli è portare il conflitto a livello europeo, con l’intento di creare nuove divisioni tra i socialisti europei e all’interno della maggioranza Ursula. Di conseguenza, l’obiettivo è infliggere il maggior danno possibile al già debilitato governo di Sanchez, che, proprio per il suo ruolo di mediatore, evita di esporsi con dichiarazioni belligeranti. Tuttavia, l’unico risultato sarà probabilmente quello di complicare ulteriormente il ruolo del governo spagnolo nella mediazione del conflitto.

La situazione è peggiorata con l’arresto di due trentenni spagnoli in Venezuela, accusati di essere agenti dei servizi segreti di Madrid, senza però alcuna prova. Il governo di Sanchez, ovviamente, nega le accuse, ma il regime di Maduro, o non ci crede, o sta calcolando che trattenere due spagnoli come ostaggi possa essere una carta da giocare sul tavolo della diplomazia internazionale.

FOTO| Proteste a Madrid per la crisi elettorale del Venezuela

  • Autore articolo
    Giulio Maria Piantadosi
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    La tregua a Gaza è sempre più in bilico

    È sempre più in bilico la tregua a Gaza. Il premier israeliano Netanyahu ha detto che la decisione presa all'unanimità dal governo è che "se Hamas non restituisce gli ostaggi entro sabato a mezzogiorno", senza specificare il numero, "il cessate il fuoco verrà interrotto e l’esercito tornerà a combattere. Netanyahu ha anche detto che "alla luce dell'annuncio di Hamas della sua decisione di sospendere il rilascio degli ostaggi, ha ordinato alle Idf di radunare le forze dentro e intorno alla Striscia di Gaza". Le dichiarazioni di Netanyahu seguono quelle di Trump, che ha minacciato “l’inferno” se Hamas non libererà TUTTI gli ostaggi sabato, anche se secondo gli accordi era previsto il rilascio solo di 3 ostaggi. Il rischio della ripresa della guerra si unisce anche al piano di Donald Trump di svuotare la striscia di Gaza. Oggi ha ricevuto a Washington il Re di Giordania, che – insieme all’Egitto – è uno dei paesi individuati da Trump per accogliere i palestinesi espulsi da Gaza. Sia Amman che Il Cairo hanno rigettato la proposta, e Trump ha minacciato di tagliare i fondi a questi due paesi, in violazione anche degli accordi di Camp David del 1979. Sentiamo Eric Salerno, giornalista e scrittore esperto di Medio Oriente:

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