Magari non ci facciamo troppo caso, oggi, ma alla “prima” o “seconda classe” di un biglietto del treno corrisponde una differenza di classe sociale: certo, a qualcuno può capitare di trovarsi qualche volta in prima, per lavoro o per concedersi un lusso, ma tra chi viaggia sempre, senza nemmeno pensarci, al massimo delle possibilità e chi magari è senza biglietto, perché non ha nemmeno i soldi per pagarsi quello meno costoso, corre un divario incolmabile. In Snowpiercer questa differenza diventa letterale, con un’idea ricalcata su quella del romanzo Il condominio di J.C. Ballard: c’è un lunghissimo treno che sfreccia ininterrottamente attorno alla Terra; davanti, in prima classe, ci sono i ricchi immersi nello sfarzo; in fondo, nella coda, gli ultimi, diseredati, ammassati, sfruttati e senza niente; in mezzo, tutte le varie gradazioni sociali, e spostarsi da una carrozza all’altra è quasi impossibile.
Il contesto è un futuro non troppo lontano in cui il nostro pianeta si è completamente congelato: per cercare di contrastare il riscaldamento globale, alcuni scienziati hanno ottenuto l’effetto di ghiacciarlo. Gli unici sopravvissuti dell’umanità sono circa 3.000 persone, ospitate nell’ipertecnologico treno Snowpiercer e accomodate a seconda del proprio status; il convoglio non si ferma mai, aspettando – forse – un impossibile disgelo.
Conoscete questa storia forse grazie al film Snowpiercer di Bong Joon-ho, il regista sudcoreano che quest’anno ha sbancato botteghino e Oscar con Parasite: uscito nel 2013, era la prima prova in lingua inglese dell’autore, e nel cast figuravano Tilda Swinton e “Capitan America” Chris Evans. Si trattava dell’adattamento cinematografico di un fumetto francese, Le Transperceneige di Jacques Lob e Jean-Michel Charlier, pubblicato nel 1982.
La serie tv ha avuto qualche lungaggine di produzione, ma ora è pronta, e in Italia è distribuita da Netflix un episodio a settimana, ogni lunedì. Al timone della serie c’è Greame Manson, già responsabile di un’altra interessante e appassionante serie fantascientifica, Orphan Black (anche questa è su Netflix), e a differenza del film la storia si svolge “solo” sette anni dopo la partenza del treno: scopriamo che ad affollarsi nella coda ci sono persone disperate che sono riuscite a intrufolarsi all’ultimo, senza biglietto, ampliando così la metafora di classe per includere anche quella sulle migrazioni.
I protagonisti principali sono due: Melanie Cavill, interpretata dalla bravissima Jennifer Connelly (l’ex ragazzina di C’era una volta in America e Labyrinth), è colei che, con tenacia, apparente gentilezza ma pugno di ferro, governa il treno per conto del misterioso proprietario Mr. Wilford; Andre Layton, interpretato da Daveed Diggs (attore e cantante celebre soprattutto per il musical Hamilton), è uno dei diseredati della coda, ma è anche un ex detective. Quando avviene un omicidio in terza classe, Melanie chiede a Andre di investigare.
Snowpiercer, proprio come il film e il fumetto da cui è tratto, non è una metafora sottile, ma è sicuramente efficace, e si inserisce nel trend di film e serie, molto diversi tra loro, che nell’ultimo anno sono tornati a parlare esplicitamente di lotta di classe: film come, appunto, Parasite, ma anche Joker, Noi, Cena con delitto; e serie come Westworld, Succession, Little Fires Everywhere. Con un occhio soprattutto all’intrattenimento e qualche semplificazione, certo, ma ribadendo come, in questi tempi sempre più ingiusti, il sistema capitalista si riveli sempre più fallimentare: forse non saranno titoli capaci (ancora) di immaginare alternative, ma almeno iniziano a sognare rivoluzioni.
Foto dalla pagina ufficiale della serie TV Snowpiercer su Facebook