Sono bastate poche ore per dare l’ultima spallata al regime sanguinario che aveva governato la Siria con il pugno di ferro per oltre mezzo secolo, dal 1970. Ieri sera i gruppi ribelli erano già nei sobborghi di Damasco. Erano arrivati da sud e da nord. Nelle ore successive, molto velocemente, hanno fatto il loro ingresso in città. Praticamente senza combattere. Il regime è collassato anche perché diversi suoi settori – civili e militari – hanno lasciato le loro postazioni. In contemporanea è successa la stessa cosa a Homs, con i governativi in ritirata.
Questa mattina presto, come era già successo durante la notte in altre città siriane, la popolazione ha capito che il regime della famiglia Assad era veramente caduto ed è scesa in piazza a manifestare.
In quelle stesse ore i ribelli, ma anche fonti interne al regime, hanno fatto sapere che Assad aveva lasciato Damasco per una destinazione ignota. Dove sia andato rimane però un mistero.
Alcuni sostengono si sia diretto verso la base aerea russa sulla costa mediterranea, ma alcuni siti dicono che l’aereo che aveva utilizzato sia a un certo punto sparito dai radar. I media turchi non escludono che il velivolo sia caduto. Il ministero degli esteri russo ha detto che Assad è all’estero, senza specificare. Insomma, un mistero.
Intanto le milizie che in meno di 10 giorni hanno preso il controllo del Paese hanno chiesto ai loro stessi miliziani di non danneggiare gli spazi e gli edifici pubblici, di non colpire le infrastrutture, e di non usare alcun tipo di violenza contro i civili.
Hanno poi detto che il futuro governo sarà un governo per tutti i siriani.
Ricordiamo la complessa composizione sociale ed etnico-religiosa della Siria. E quindi i tanti punti interrogativi.
Vista la natura islamista del principale gruppo ribelle, Tayat Tahrir al-Sham, è comprensibile la preoccupazione, espressa anche da alcuni governi europei e da alcuni paesi arabi.
I ribelli hanno annunciato un coprifuoco, a Damasco almeno, tra le 4 del pomeriggio e le 5 di domattina.
Un cittadino siriano che vive alla periferia sud di Damasco ci ha scritto di timori di saccheggi e di una notte passata in casa senza corrente elettrica. Alcuni siriani che si trovano nei Paesi vicini stanno però provando a rientrare in Siria, soprattutto da Libano e Giordania.
Il primo ministro siriano al-Jalali si è detto pronto a collaborare con chi governerà il per un passaggio di poteri pacifico. I ribelli sono andati a prelevarlo nella sua abitazione di Damasco. In mattinata alcuni miliziani sono entrati anche nel palazzo presidenziale.