Stavano preparandosi per scappare da una città siriana assediata e controllata dalle milizie dello Stato Islamico. Un bombardamento, probabilmente delle forze della coalizione, li ha fermati: erano bambini, almeno una ventina ma all’interno di questa cittadina ad una ottantina di chilometri ce ne sono ancora almeno 35 mila. Lo denuncia l’Unicef.
Certo, sarebbe importante sapere chi ha bombardato, chi ha dato l’ordine e chi lo ha eseguito. Sarebbe importante anche sapere chi ha fabbricato, venduto e acquistato quegli ordigni. Ma la verità vera è che la guerra, la guerra moderna ormai usa profughi, civili, bambini come un’arma e lo fanno tutti. In guerra non ci sono convenzioni, non ci sono regole. I rifugiati sono un’arma di pressione, i migranti una variabile a favore o contro le parti in conflitto, i bambini poi sono ancora più preziosi, degli ostaggi utilissimi.
La cittadina in cui questo massacro è accaduto si chiama Manbij è controllata dagli uomini del Califfato ed è strategica. Da settimane è assediata e non si risparmiano colpi, i morti in totale sono almeno 2500, in sole sei settimane. Gli adulti stavano cercando almeno di mettere in salvo i bambini. Forse avevano ottenuto una concessione a farli fuggire, magari in cambio di denaro. Sì, perché in guerra le cose vanno così e la corruzione esiste, anzi prolifera. Era quasi fatta ma le bombe hanno infranto anche quelle speranze.
Magari da domani sarà stato tutto inutile perché la coalizione ha dato 48 ore di ultimatum alle forze dell’Isis. Probabilmente queste lasceranno la città, come hanno fatto ripetutamente in queste settimane. Quei venti bambini morti potevano essere risparmiati.
Ma è la guerra. Queste guerre moderne nelle quali muoiono più civili che combattenti e gli innocenti morti valgono più dei soldati, di chi la guerra l’ha scelta.