In Piemonte anche se in gennaio ha piovuto l’80% in più dell’anno scorso siamo in deficit idrico ovunque e le autobotti cominciano a servire alcuni piccoli comuni, i satelliti fotografano i sabbioni nel letto del Po pavese dove l’acqua fa fatica a passare, il Trebbia affluente piacentino è un rigagnolo, sul Garda l’isola dei conigli è raggiungibile a piedi non succedeva a trent’anni mentre il livello delle sponde è al minimo storico a poco più di un terzo del riempimento. Il lago di Como è al 20%. Siamo ancora in inverno ma è già tornato l’allarme siccità. Con il coinvolgimento anche della produzione di energia idroelettrica: un quarto in meno lo scorso dicembre, quando già segnava un meno 38% nel 2022. L’agricoltura sembra avanti di tre mesi, con le fave e le ciliege già disponibili, mentre le risaie non hanno acqua e alla perdita di 23.000 ettari di colture dell’anno scorso solo in Lomellina, si sommano altri 9.000 ettari trasformati quest’anno a soia, girasole o mais. Una scelta dettata dai cambiamenti climatici e dai costi aumentati per fertilizzanti ed essiccazione. L’associazione nazionale bonifiche dice che ci sono quasi 2 miliardi di euro del Fondo sviluppo e coesione non spesi e quindi pronti per finanziare interventi idrici, manca però chi decide.
Del tema siccità si occupano tre ministeri: infrastrutture, agricoltura e ambiente ovvero Salvini, lo sgomitante cognato di meloni Lollobrigida e l’uomo di Berlusconi al governo Pichetto Fratin. Potrebbero lanciare già domani una cabina di regia per cercare di fare qualcosa mentre si contendono fondi e deleghe. La piccola politica di fronte a un tema che cambia potenzialmente le nostre vite non nel 2050 ma già questa estate.