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“Siamo fermi a prima della dichiarazione dei diritti umani”

medici senza frontiere

Medici Senza Frontiere denuncia un’emergenza senza precedenti nel campo profughi di Moria, nell’isola di Lesbo, in Grecia, con bambini e adolescenti che ogni settimana cercano di togliersi la vita o compiono gesti di autolesionismo e oltre 9mila persone bloccate indefinitamente a causa delle politiche di contenimento dei richiedenti asilo sulle isole della Grecia.

Gli arrivi non si fermano e lo spazio a disposizione è terminato da tempo. Ad oggi oltre 1500 persone non hanno un riparo, manca il cibo e anche le cure mediche sono limite.

Massimo Bacchetta ha intervistato Alessandro Barberio, psichiatra di Medici Senza Frontiere, impegnato da tempo nel campo profughi di Moria.

Tra i bambini e adolescenti stiamo acquisendo anche casi di autolesionismo e tentativi di suicidio, anche in bambini molto piccoli di 7, 8 o 10 anni.

È un tentativo disperato per andarsene da lì o perché invece è una situazione di disperazione in cui non vedono più alcuna soluzione?

Non c’è una totale consapevolezza, ma c’è solo una violenza inaudita e il rischio di essere aggrediti ogni notte, perchè ci sono comunque degli scontri internamente a Moria, anche molto violenti. Ci sono anche episodi di violenza sessuale, e questo avviene per tanti motivi, anche per il sovraffollamento e le condizioni di vita inaudite. Sono tutto il giorno in uno stato di angoscia perenne o dissociativo, cioè distaccati dalla realtà, e perseguitati dalle voci dei precedenti persecutori e dalle immagini dei persecutori, dei genitori morti o della moglie o del figlio uccisi davanti ai loro occhi.

Da dove arrivano queste persone?

Molti dall’Africa. La maggior parte delle persone che seguo io e che hanno sintomi psicotici, forse per una questione culturale e di appartenenza, hanno questo modo di esprimere il disagio. Più della metà della popolazione nel campo proviene invece dal Medio Oriente – Afghanistan, Siria, Iran, Iraq e quant’altro.

E sono persone che grazie agli accordi internazionali sono bloccate lì da mesi e al momento non hanno prospettiva di andare da nessuna parte.

Praticamente sì.

Life In Moria Refugee CampBecome an asylum seeker in Moria for three minutes and see what life would be like.

Posted by AJ+ on Wednesday, September 12, 2018

Nella sua lunga esperienza di psichiatra, perché dice che non aveva mai visto una situazione così?

Perché è così generalizzata e concentrata nel tempo e nello spazio, è caratterizzata da sintomi molto specifici psichiatrici e psicotici. È relativa a dei traumi orribili. Nella mia pratica lavorativa ho riconosciuto questa sintomatologia perché ne ho esperienza, ma non in questa quantità e qualità di numeri.

Sono sintomi che si sono sviluppati nel loro passato, ma anche nel loro presente nel campo?

Vengono riattivati già durante il primo, secondo o terzo giorno dopo l’arrivo qui a Lesbo. Abbiamo avuto il caso di una coppia, arrivata dopo la fatica del viaggio e stipata in poco spazio in attesa di fare la fila per la prima registrazione, che è lunghissima e d’estate ci sono 40 gradi. Privati del sonno e già con un trauma alle spalle di tortura e violenze sessuali subite reciprocamente uno davanti all’altro, col figlio di 3 mesi ucciso davanti a loro. Alla seconda notte iniziano a delirare e credere fermamente di essere ancora in Congo e di essere inseguiti dai persecutori. Quindi scappano nella campagna perchè vogliono uccidersi a vicenda. Questo è stato il mio primo caso qui, tutti gli altri sono equamente orribili.

E poi succede davvero che si uccidono a vicenda?

La maggior parte delle volte vengono fermati, il campo è piccolo e quasi sempre vengono fermati da chi li vede. Anche lì la polizia può fare poco, le risorse sono limitate e sembra che tutto quanto sia fermo a prima della Dichiarazione universale dei diritti umani.

medici senza frontiere
Foto di Sara Prestianni dal profilo FB di Medici Senza Frontiere Grecia https://www.facebook.com/msf.greece

RIASCOLTA L’INTERVISTA

intervista Alessandro Barberio

  • Autore articolo
    Massimo Bacchetta
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    Esteri di giovedì 23/01/2025

    1) “Ora tocca alla Cisgiordania”. L’esercito israeliano annuncia l’ampliamento dell’operazione militare su Jenin, mentre le famiglie vengono costrette all’evacuazione e il campo profughi della città inizia ad assomigliare sempre più alla striscia di Gaza. (Ahmad Odeh da Jenin) 2) Stati Uniti. I Proud Boys sono pronti a tornare e vogliono vendetta. I leader del gruppo di estrema destra appena rilasciati dal carcere dalla grazia di Trump chiedono al presidente una rivincita. (Roberto Festa) 3) Colombia, crolla il piano di pace del presidente Petro. Nel paese riscoppia la guerriglia per il controllo del narcotraffico. (Eleonora Cormaci - Terres des Hommes) 4) Il divorzio per violazione del dovere coniugale non esiste. La Francia condannata dalla Cedu. (Francesco Giorgini) 5) La dittatura Brasiliana, l’occupazione israeliana in Cisgiordania e la storia di Emilia Perez, narcotrafficante transgender. Le nomination per gli Oscar 2025 vanno contro corrente. (Mauro Gervasini - Film TV) 6) World Music. Il saxofonista Haitiano Jowee Omicil lancia il suo nuovo album puntando sui podcast. (Marcello Lorrai)

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    Poveri ma belli di giovedì 23/01/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 23-01-2025

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