Mortada Mansour è un avvocato egiziano noto all’opinione pubblica per le sue posizioni vicine al deposto dittatore Hosni Mubarak e per essere il presidente di una delle squadre di calcio più importanti del Cairo: lo Zamalek.
Mansour è stato eletto alle ultime elezioni parlamentari, terminate lo scorso dicembre e le prime dopo il colpo di stato che ha portato al potere l’ex generale Abdel Fattah el Sisi. Il nuovo parlamento, dopo tre anni di assenza, si è riunito ieri per la prima volta per il eleggere il suo presidente e Mansour, in perfetta linea con la sua stravagante personalità, non ha perso l’occasione per suscitare scalpore.
Nel giorno dell’insediamento della nuova Camera, il patron dello Zamalek ha modificato la formula giurando “sugli articoli della Costituzione” e non sul documento intero. Questo perché la carta costituzionale, approvata nel gennaio del 2014 e parte della nuova transizione democratica del presidente Abdel Fattah El Sisi, cita la rivoluzione di piazza Tahrir, quella che destituì, appunto, Hosni Mubarak.
“Il 25 gennaio non è stata una rivoluzione ma una semplice rivolta“, ha affermato Mansour ai media egiziani. Il gesto del famoso avvocato può essere preso come un simbolo del nuovo parlamento.
La rivista americana Foreign Policy lo definisce una “foglia di fico all’autoritarismo del presidente Sisi”. La nuova camera, infatti, l’unica dopo l’abolizione del senato con l’ultima Costituzione, è composta da 596 deputati, la maggior parte dei quali appartengono a coalizioni vicine al governo. Inoltre, 75 sono ex membri delle forze di sicurezza o dei servizi segreti, mentre 28 sono stati direttamente nominati dal presidente Sisi.
Non c’è spazio dunque per l’opposizione: i Fratelli Musulmani che detenevano la maggioranza nel precedente parlamento post-rivoluzione eletto nel 2011 – poi dissolto per irregolarità l’anno successivo – sono stati dichiarati organizzazione terroristica e i suoi vertici sono stati condannati a pene durissime dalla giustizia egiziana.
Ora il nuovo organismo dovrà ratificare in solo 15 giorni circa 300 decreti presidenziali emessi negli ultimi anni dal presidente Sisi, che sino a ora deteneva il potere legislativo. Tra questi c’è anche la discussa legge anti-proteste e altri testi definiti da diversi attivisti “in piena violazione delle norme internazionali sui diritti umani”.
Ancora una volta la situazione ci riporta agli anni di Hosni Mubarak. L’ unica differenza è l’assenza di un partito di governo. Se l’ex rais era infatti appoggiato dal National democratic party (NDP), Sisi non ha mai fondato una formazione politica vera e propria.”Questo parlamento ha ben poco di rivoluzionario, non ha nulla dell’idea di un cambiamento radicale abbracciata dal 2011 in poi dalla maggioranza degli egiziani”, spiega Gennario Gervasio, professore di Storia del Medio Oriente alla BUE (British University of Egypt).
“E’ un parlamento di regime, l’unico dato positivo è la forte presenza di molte donne elette nella quote indipendenti. Per il resto questo organo non avrà nulla dei valori di piazza Tahrir”.