Da molti mesi dalla procura della Repubblica di Milano si susseguono sequestri d’urgenza di grandi e medie aziende, soprattutto nella logistica e nella vigilanza, accusate di sfruttamento illecito della manodopera, caporalato e svariate frodi fiscali (evasioni di contributi previdenziali dei lavoratori ed Iva soprattutto). Nelle inchieste è stato contestato spesso (qui il primato va al settore della vigilanza), anche il pagamento “indegno” dei lavoratori con salari da 5-7 neuro all’ora lordi, al di sotto quindi della soglia di sopravvivenza fissata dall’Istat. Per contestare i salari bassi, la Procura usa direttamente l’art 36 della Costituzione di cui ricordiamo l’incipit: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Nomi grossi
Finora sotto finite nelle inchieste colossi della logistica e della distribuzione come Dhl, GLS, Tnt, Brt, Shenker, Ups Italia, Geodis, Uber, Esselunga, Lidl, aziende collegate come Movimoda che lavora nella logistica per il settore omonimo, Chiapparoli per quello farmaceutico (l’altroieri), Aldieri autotrasporti, e ancora aziende che offrono pulizia e facchinaggio agli alberghi come Cegalin-Hoitelvolver, il colosso dell’ortofrutta Spreafico, il salumificio Beretta e la Spumador che era stata conquistata dall’ndrangheta. C’è poi la filiera della vigilanza e sicurezza con Sicuritalia, Mondialpol, Cosmopol, All System e Battistolli, che ha coinvolto praticamente l’intero settore.qui potete trovare link ai nostri servizi su Dhl, Esselunga e Sicuritalia. In tutti questi casi la Procura sequestra d’urgenza le aziende (o loro rami), prendendone di fatto il controllo con la nomina di un amministratore e di solito le proprietà, siano esse multinazionali o meno, cercano di trattare immediatamente un percorso di ravvedimento per riscattare le proprie attività, assumendo parte dei lavoratori che utilizzavano in somministrazione illecita, aumentando i salari, pagando i contributi e andando a sanare col fisco, insomma rientrando nei limiti della decenza imprenditoriale.
Con le buone
I risultati sono stati illustrati nell’agosto scorso dal Sostituto procuratore di Milano Paolo Storari alla Commissione parlamentare antimafia così: “La Procura di Milano ha recuperato circa – non sulla carta, ma soldi veri – 300-400 milioni di euro da queste multinazionali, che pagano immediatamente. In secondo luogo, si avrebbe una internalizzazione dei dipendenti. Le catene delle cooperative in Esselunga e in tutte le altre imprese sono scomparse. Oggi, anche qui mal contate, sono state internalizzate 11 mila persone, che vuol dire – e questo francamente è motivo di vanto per la Procura di Milano – 11 mila famiglie sistemate, non costrette a passare ogni due anni da una cooperativa all’altra perché falliscono e si perde il lavoro. […] Si internalizza, si mette a posto il passato pagando, si adotta un modello organizzativo adeguato su cui si possa effettuare un controllo, si sistemano tutte le cooperative e sostanzialmente noi garantiamo, non dico l’impunità, ma un’uscita onorevole”.
Ovviamente questi gruppi si avvalgono di consulenze in materia di lavoro, fisco, amministrazione. Evidentemente nessuno gli aveva mai detto che l’utilizzo di “serbatoi” di manodopera fosse illegale, visto che la legge prevede società riconosciute per la somministrazione interinale del lavoro (per non più del 30% della propria forza lavoro, anche se il governo sembra intenzionato a togliere questo limite). Ed è illegale per diverse ragioni che dovrebbero essere evidenti: il lavoro non è un qualsiasi servizio in appalto. Il principio cardine di tutte le inchieste è che il committente è comunque responsabili in ultima istanza del fatto che società di comodo e cooperative che vorticosamente nascono e muoiono che ingaggiano (non si può dire assumono) lavoratori mal pagati, spesso a cui non vengono pagati i contributi, le ferie ecc. favoriscono soprattutto proprio il committente finale che incassa la gan parte del surplus non pagato ai lavoratori e le tasse non pagate allo Stato.
Solo un Sostituto
Tutte le inchieste contro i “serbatoi di manodopera” hanno la firma del Sostituto Procuratore, Paolo Storari, più noto alle cronache giornalistiche per essere finito sotto processo e poi assolto per aver fornito al collega Pier Camillo Davigo, allora membro del Csm, delle carte di un interrogatorio in cui veniva delineata l’esistenza di una loggia tra imprenditori, politici e magistrati detta Ungheria. Storari ci tiene alla indipendenza del suo ruolo e non ha esitato a denunciare l’accanimento di alcuni suoi colleghi in altri casi famosi finiti sotto la lente degli organi di controllo. È un integerrimo, insomma. Nove anni alla direzione distrettuale antimafia con Ilda Boccassini. Non rilascia mai interviste. Ma è sempre stato disponibile a dare le carte ai giornalisti, quelle lecite, come i dispositivi di arresto che adesso il ministro Nordio e la destra vogliono vietare vengano divulgati.
Siamo riusciti ad averlo ospite l’anno scorso alla nostra festa in un dibattito su “Economia nera, imprenditori a braccetto delle mafie. False fatturazioni, riciclaggio, evasione producono alleanze tra economia legale e illegale” in dialogo con il collega ed esperto di criminalità organizzata Mario Portanova del Fatto Quotidiano, Chiara Brusini giornalista economica del fattoquotidiano.it e la sociologa Joselle Dagnes dell’Università di Torino (ecco il link all’intero confronto). In quel contesto Storari aveva detto alcune cose chiarissime sul rapporto tra criminalità economica e criminalità mafiosa, scomode anche per molti giudici antimafia che non sono pienamente d’accordo con lui.
Ecco la sintesi. Non è la criminalità mafiosa che conforma la criminalità economica, ma l’esatto contrario. Gli imprenditori non sono “costretti” e non è il mafioso che si rivolge all’imprenditore lombardo e lo vessa, l’iniziativa spesso parte dell’imprenditore, così come è il politico che offre i voti. E la dimostrazione sono proprio i dieci anni di indagini su quella che Storari chiama “la esternalizzazione selvaggia” ovvero il sistema di cooperative che fanno da serbatoi di manodopera per le multinazionali prima e poi per tutti. Anche in questo settore è entrata la criminalità organizzata, ad esempio nell’inchiesta sulla Tnt, la ’ndrangheta fatturava 4 milioni di euro, ma il grande committente molti e molti di più. Non c’è zona grigia. C’è solo zona nera. Non c’è infiltrazione, c’è convergenza di interessi economici e il cancro è la criminalità economica. Quindi si possono anche perseguire le cooperative: “Posso arrestarne 150 di prestanome che verranno sostituiti il giorno dopo, sono i grandi gruppi, le scelte imprenditoriali del committente che dobbiamo attaccare”. Anche l’Europa è d’accordo con lui è ha in cantiere una direttiva sulle filiere e la responsabilità del committente. Ma la politica italiana?
Mafia e politica
Sempre alla Commissione antimafia Storari ha illustrato così la relazione con le mafie: “ Per darvi un’idea del fenomeno – le indagini sono già state oggetto di discovery – vi fornisco i nominativi di imprese che si avvalgono, più o meno consapevolmente, di cooperative in mano alle organizzazioni mafiose perché queste ultime offrono, per evidenti ragioni, prezzi estremamente competitivi sul mercato. TNT, multinazionale che si occupa di trasporti. La Fiera di Milano: si è attestato che sostanzialmente in Fiera l’attività di smontaggio degli stand era in mano a soggetti che versavano denaro a famiglie mafiose di Pietraperzia. Spumador, società di beveraggio: tutti gli appalti della logistica e dei trasporti erano in mano a organizzazioni ‘ndranghetiste. Schenker, multinazionale tedesca, stessa cosa, aveva rapporti con un soggetto che era stato condannato per 416-bis e che si avvaleva dei parenti come intestatari di queste imprese. GLS, altro colosso della logistica, addirittura aveva come fornitori la famiglia mafiosa dei Maiolo, famiglia mafiosa abbastanza nota a Milano, più volte condannata per fatti di ‘ndrangheta. Recentemente in un deposito di Esselunga vi erano problemi con le maestranze che si rifiutavano di lavorare, rivendicando migliori condizioni salariali. Sono arrivati i cosiddetti responsabili. I «responsabili» è gente che picchia i lavoratori. Fratelli Beretta, stessa cosa. Naturalmente, non parlo di indagini in corso su altre multinazionali che hanno questo tipo di rapporti, a meno che non si intenda segretare”. (Il verbale completo dell’audizione della Procura di Milano).
Al di là della diatriba se viene prima la criminalità economica o quella mafiosa, di sicuro, in tutti questi casi viene prima l’interesse superiore del diritto di cittadinanza in questo Paese (avete presente l’articolo 1 della Costituzione?) che non solo ha il lavoro al suo centro, ma la dignità, la non discriminazione, le pari opportunità tra i suoi principi indissolubili. In queste inchieste sono tutti calpestati, violati e derisi con tanto di armamentario di consulenze di stimati professionisti, i manager e marchi di grande fama. Come è possibile che sia la Procura a fare luce su qualcosa che è sotto gli occhi di tutti? A questo è arrivato lo sfruttamento. E il servilismo della politica. Si attendono risposte possibilmente risolutive della questione e non punitive delle inchieste della magistratura che qui supplisce interamente.