All’inizio tutti volevano minimizzare. A partire dalla Givaudan/Hoffman La Roche proprietaria dell’Icmesa che, pur sapendo che era fuoriuscita una nube di diossina, attese il 19 luglio, 9 giorni dopo l’incidente, per ammettere la pericolosità della sostanza. Ma anche le autorità italiane furono reticenti, perché avvisate in ritardo e parzialmente dai responsabili della fabbrica. I giornali dell’epoca parlarono per giorni solo della moria degli animali da cortile e di fastidi alla pelle.
Il professor Luigi Bisanti ha monitorato dal 1977 le conseguenze sanitarie del disastro di Seveso. Ecco cosa ha detto ai nostri microfoni sulla sottovalutazione dei rischi.
La bambina con la cloracne in faccia, con la pelle rovinata dalla diossina, è diventata l’icona del disastro di Seveso. Ma non era la conseguenza più grave. Sentiamo ancora Luigi Bisanti.
“Di diossina ancora si muore”, intitolava il Corriere della Sera lo scorso 15 maggio. Era il riassunto di un convegno organizzato dall’Ordine dei Medici di Monza e Brianza da cui sono emersi dati preoccupanti. E’ aumentata l’incidenza del diabete (1% in più rispetto alle zone circostanti) e sono aumentate del 23% le morti precoci per malattie cardiovascolari. Nelle zone evacuate in seguito alla fuoriuscita di diossina dall’Icmesa si attendevano 44 casi di leucemia mieloide e invece se ne sono registrati 64. Ci sono anomalie anche per il cancro alla mammella e al colon retto. “Gli uomini nati tra il 1977 e il 1988 da donne contaminate dalla diossina – scrive ancora il Corriere della Sera citando il professor Paolo Mocarelli dell’Ospedale di Desio – hanno un numero di spermatozoi inferiore del 50% rispetto al campione di riferimento”. Sull’eredità di Seveso l’epidemiologo Luigi Bisanti ha risposto così nella trasmissione Radiosveglia di venerdì.
Un particolare ringraziamento a Dino Fracchia/buenaVista per le fotografie che corredano questa notizia.