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Tratto dal podcast
Fino alle otto di mar 09/06 (terza parte)
Fino alle otto | 2020-06-09
Oggi si sciopera in tutti gli stabilimenti italiani di ArcelorMittal, dopo la presentazione, il 5 giugno scorso, di un piano industriale che prevede, tra gli altri punti, oltre tremila esuberi e un drastico calo di produzione.
Sara Milanese ha intervistato Francesco Brigati, operaio dello stabilimento di Taranto e rappresentante Fiom Cgil.
Arcelormittal è subentrata a Ilva nella proprietà degli stabilimenti italiani nel novembre 2018. Da allora la situazione non è migliorata: nel novembre 2019, una volta abrogato lo scudo fiscale sullo stabilimento di Taranto, i vertici aziendali hanno deciso di ritirarsi, e da li è partita una nuova trattativa che ha portato fino al nuovo piano aziendale che prevede ancora tagli.
Siamo di fronte ad una vertenza che di fatto non è mai finita; questo stabilimento vive una condizione di perenne tensione dal 2012, quando c’è stato il sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo, legato al tema ambientale; questa situazione ha comportato una serie di passaggi e frizioni anche con i sindacati anche in occasione della vendita degli stabilimenti ad Arcelormittal.
Quando parliamo di politiche industriali del nostro Paese, se un bando di aggiudicazione sta tutto nell’offerta vincolante più alta, e le questioni ambientale e occupazionale contano solo il 15%, è evidente che poi ci troviamo in queste condizioni. Arcelormittal non sta rispettando l’accordo del 6 settembre 2018, che prevedeva una serie di investimenti ambientali, e c’era un piano ambientale da ottemperare; e prevedeva rivedeva e attuava degli interventi importanti per risalire con la produzione, ed era legato alla clausola di salvaguardia occupazionale che non prevedeva esuberi.
Questo il quadro in cui si è inserito Arcelormittal, ma ci siamo accorti subito che la nuova proprietà non voleva rispettare gli accordi: dopo pochi mesi ha cominciato a rinviare investimenti, ed avviare la cassa integrazione… elementi che per noi erano chiari e che abbiamo da subito denunciato al governo. Da tempo non venivano fatte le manutenzioni ordinarie e straordinarie, creando problemi di sicurezza per i lavoratori. Dalle nostre denunce è scaturita la verifica in corso da parte degli ispettori arrivati ieri negli stabilimenti. La situazione è drammatica. Io penso due cose: ieri abbiamo fatto una consiglio di fabbrica dove abbiamo ribadito che Arcelormittal è un interlocutore inaffidabile con cui non vogliamo avviare nessuna trattativa, e due, il governo si deve rendere conto che si deve intervenire di fronte ad un problema così importante che riguarda la sfida della siderurgia e dell’occupazione nel mezzogiorno. È necessario l’intervento pubblico o continueremo a perdere tempo con gravi conseguenze sui lavoratori e sull’ambiente.
La cosa più imbarazzante prevista dal piano di Arcelormittal è che chiedono un miliardo di ricapitalizzazione con intervento pubblico, vorrebbero prendersi anche il miliardo sequestrato ai Riva, che servirebbe a fare le bonifiche; e chiedono altri 200 milioni di euro per l’emergenza COVID. E alle organizzazione sindacali negano un’integrazione salariale del 10%. Il governo dovrebbe respingere questo piano e dire che non darà più un euro a una multinazionale che è venuta a prendersi quote di mercato e che ha preparato un piano lacrime e sangue dove sono previsti licenziamenti e mancati investimenti.
Oggi incontrerete il ministro per lo Sviluppo Economico Patuanelli e quello dell’Economia Gualtieri, sono chiare le vostre richieste. Cosa vi aspettate?
Vogliamo capire che posizione ha il governo, perché Gualtieri e Patuanelli ci sembrano su posizioni diverse. Avvertiamo la necessità di avere chiarezza per i lavoratori, che potranno sapere quale sarà il loro futuro solo quando il governo spiegherà la sua posizione. Il tema che riguarda questa fabbrica deve essere risolto con provvedimenti speciali, l’età media dei lavoratori è 40 anni; io stesso sono entrato in questo stabilimento a 21 anni e ora ne ho 41; non vediamo alternative occupazionali, e il governo deve davvero attivare misure speciali per garantire che nessuno venga lasciato indietro.
Non solo Taranto, Oggi si sciopera anche negli altri stabilimenti italiani.
Ogni stabilimento ha una sua situazione particolare, ma da Genova, a Taranto a Novi Ligure, c’è una richiesta unitaria: anche gli altri compagni, delegati e lavoratori sanno che la partita chiave si gioca a Taranto, sia sul fronte ambientale che su quello occupazionale.
La questione ambientale riguarda però tutta la città di Taranto.
La pandemia ci ha fatto riflettere rispetto a quella che è stata la mancata ripartenza di tante aziende; si avverte una crisi che durerà per molto tempo, più pesante di quella del 2008 e con un’attenzione sicuramente particolare. I continui rinvii degli interventi previsti dal piano ambientale creano sfiducia nei cittadini, soprattutto in chi non ha familiari o parenti che lavorano nello stabilimento e vede legittimamente solo la questione ambientale. Io sono tra quelli che rivendicano da sempre una valutazione d’impatto sanitario preventiva, questo darebbe certezza alla città. Noi abbiamo bisogno di due cose, come abbiamo ricordato al Presidente del Consiglio quando è venuto qui: politiche industriali, e quindi investimenti, e intervento pubblico, e dall’altra parte che la scienza si occupi di questa problematica e ci dica una volta per tutte quali sono le innovazioni tecnologiche necessarie per evitare ripercussioni sui lavoratori e su tutta la città.
Foto dalla pagina Facebook di Francesco Brigati