Alex Schwazer non andrà alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Nonostante la grande vittoria con la quale se li era meritati, tre mesi fa. Lo ha stabilito l’8 luglio la IAAF, l’associazione internazionale di atletica leggera: una controanalisi delle urine avrebbe confermato l’esito positivo del test antidoping al testosterone del maratoneta azzurro. I risultati delle analisi, svolte il 1 gennaio 2016, sono state rese pubbliche la prima volta il 22 giugno. L’atleta azzurro è ricascato nel doping, dopo lo scandalo che lo ha visto protagonista nel 2012, quando lui stesso ha ammesso di aver fatto uso di sostanze illegali. L’atleta ha già pagato con una sospensione di tre anni e nove mesi.
Dall’inizio del 2015 lo segue un nuovo allenatore: Sandro Donati. Donati ha speso una vita nell’antidoping e fa parte di Libera, che gli dà il benestare per seguire l’atleta. A patto che Schwazer, a spese sue, si sottoponga ad un regime di controlli severissimo. Circostanza che si presenta, come racconta in molte interviste Donati. L’allenatore dell’atleta è famoso per non fare sconti a nessuno, nemmeno a Schwazer: è proprio Donati, nel 2012, a suggerire alla Wada, l’organizzazione mondiale antidoping, di sottoporlo a controlli. Ma ora non ci crede che il suo atleta sia ricaduto nel doping: “Le evidenze dicono che questo è un sabotaggio”, dice Donati ai microfoni di Radio Popolare.
Quello che contestano al marciatore altoatesino e al suo allenatore non sono le analisi: “Quelli sono dati ufficiali ampiamente attesi”. Il problema “è ciò che è accaduto prima della consegna delle urine al laboratorio di Colonia”, dove sono state effettuate le analisi. Donati profila due scenari: nel primo, qualcuno ha alterato le urine del maratoneta; nel secondo, qualcuno ha cercato di incastrare Schwazer. “Non c’è dubbio che gli resterò a fianco – ha proseguito l’allenatore -. Non ho nessunissimo motivo per pensare che sia colpevole“. Tanto che, insieme al legale di Schwazer, Donati ha già depositato da 13 giorni una denuncia contro ignoti alla procura della Repubblica di Bolzano e farà un’istanza immediata al Tribunale nazionale antidoping per esaminare nuovamente il campione.
I dubbi che sono sorti fin dall’inizio della storia sono diversi. Il primo riguarda la data del controllo: perché il primo gennaio, una delle poche date libere da allenamento per i maratoneti? Perché poi lasciar passare sei mesi prima della pubblicazione dei risultati? E ancora perché è accaduto proprio dopo l’ultima vittoria di Schwazer che gli era valsa la qualificazione a Rio? C’è un’altra circostanza che fa pensare: nessun atleta russo sarà presente alla manifestazione di Rio e proprio la Russia aveva proposto a Schwazer di gareggiare con la propria bandiera nel periodo dello stop forzato.