Messa alle spalle la vittoria di Elly Schlein alle primarie del PD, forse si può iniziare a cercare di capire anche che cosa è successo domenica scorsa in termini storici, cioè guardando questo passaggio alla luce della storia della sinistra italiana negli ultimi 35 anni.
In Italia, prima del 1989, avevamo il più grande partito comunista d’Occidente. Diverso da quello sovietico, certo, ma con quel nome – comunista – e la falce e martello nel simbolo, mentre tutto quel mondo crollava e l’aria serena dell’ovest pervadeva ogni spazio, ogni futuro – per qualcuno era addirittura finita la storia.
Di fronte a quel crollo l’Italia, dove appunto prima c’era il più grande partito comunista d’occidente, è diventato quello in cui la sinistra non c’era più. Nel senso che dopo quel trauma la sinistra italiana ha buttato il bambino con l’acqua sporca, non ha elaborato un’identità per il secolo successivo, si è limitata a emulare la destra nelle sue politiche economiche, appena più smussate. E ha trovato una sua identità provvisoria soltanto “contro” qualcuno – Berlusconi, Salvini, Meloni – mai “per” qualcosa
Ora, tutto questo potrebbe – potrebbe – essere a una svolta. Nel senso che per tanti motivi, non solo anagrafici, Schlein non porta sulle spalle il peso di quel trauma e quindi non ha bambini da buttare con l’acqua sporca.
C’è la possibilità – per ora solo una possibilità – che la sinistra in Italia esca finalmente dai cascami del Novecento.