Se vincesse il Sì, Renzi potrebbe essere tentato di andare al voto anticipato per sfruttare l’onda lunga, ma Renzi stesso sa che i voti per il Sì non sono automaticamente voti per il Partito Democratico. Quindi lo scenario di un voto anticipato sarebbe più probabile se il margine fosse ampio.
Anche perché il Pd dovrà tenere il congresso e sarà un passaggio difficilissimo, dove Renzi proverà a regolare i conti con le minoranze che, in questo momento, non sono in grado di proporre una candidatura unitaria per la segreteria.
E poi c’è la modifica della legge elettorale. Per tenere fede agli accordi con la minoranza Pd e per tentare di fermare il Movimento 5 Stelle che potrebbe tentare di approfittare, alle politiche, dell’Italicum con la Costituzione riformata. Forse è per questo che fonti del mondo 5 Stelle descrivono un Movimento diviso sullo scenario post-voto se vincesse il No: collaborare col Pd per modificare la legge elettorale o non farlo?
Con la vittoria del No una riforma della legge sarebbe più urgente. Renzi, se il No non fosse nei numeri una disfatta, potrebbe dimettersi e accettare un reincarico, per gestire da Palazzo Chigi il resto della legislatura e la campagna elettorale per le politiche. Ma sarebbe esposto a un continuo logoramento e quindi potrebbe optare per affidare il timone a un fedelissimo come Padoan, ad esempio, per un Governo di transizione ma che abbia carattere politico.
L’altra incognita riguarda le forze di sinistra. Su quali basi e presupposti inizieranno a riorganizzarsi? Decideranno di tentare di aprire un non semplice dialogo con Renzi con l’obiettivo di arrivare a un nuovo accordo politico con il Pd -il “costruire ponti” auspicato dalla Presidente della Camera Laura Boldini, dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia e dall’area cuperliana del Pd- o prevarrà la scelta di costruire una alternativa antagonista al Partito Democratico?
In ogni caso la partita, da domani, si sposterà sulle elezioni politiche e si può immaginare che sarà da subito un clima da lunga campagna elettorale con due protagonisti principali: il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle.