Quando gli hanno chiesto se lo avesse fatto per i soldi europei, Salvini ha risposto: “sì, certo”. E poi ha aggiunto che lo fa per i suoi e i nostri figli. Un suo grande classico, il ruolo del buon padre di famiglia.
Per il resto, Salvini-zelig si è trasformato nell’europeista che è d’accordo su tutto con Mario Draghi, il banchiere, il presidente della Bce, a capo di quel sistema finanziario mondiale che “la bestia”, la macchina della comunicazione del Salvini sovranista, descriveva come il male assoluto. Insieme ai migranti.
Il capo leghista ha citato Santa Dorotea, santa del giorno ma anche richiamo alla corrente dorotea della Dc, quella del grande centro che si va in un certo senso riformando.
Ora Luca Morisi va in naftalina perché 209 miliardi di Euro sono 209 miliardi di Euro. E con Draghi, ha detto Salvini, ci sono uguale “visione”, piena “sintonia” e “condivisione” di tutto il programma economico.
Non poniamo veti e garantiamo massima disponibilità, ha detto Salvini e sembrava di sentire Renzi il giorno prima. Del resto il Salvini europeista che apprezza Draghi si pone in diretta competizione proprio con Renzi, nella rivendicazione dei temi. Il governo dei due Matteo, ad aggiungere imbarazzo su imbarazzo e problemi politici non da poco non solo a Liberi e Uguali ma soprattutto al Partito Democratico.
Come tutti a parte Fratelli d’Italia, la Lega vuole entrare nel governo Draghi. E come tutti dice di non volere ministeri. Ma come tutti, vuole ministeri. In particolare starebbe puntando a infrastrutture e trasporti. Anche in questo caso, esattamente come Renzi. Perché da lì passa una bella fetta dei finanziamenti europei e l’economia è irraggiungibile.
Nel suo comizio Salvini ha elencato tre temi: soldi alle imprese, fine delle misure rigide anti covid, e poi la rivendicazione spavalda delle sue politiche anti immigrati. Quasi parlasse ancora da ministro dell’Interno, con la mascherina “Salvini premier” in vista. Ad aumentare la tensione dei possibili compagni di viaggio
“Accetto di stare con chi mi ha mandato a processo”. È stato anche il giorno della vendetta su Conte, dopo l’umiliazione pubblica dell’agosto del 2019.