Najim Laachraoui è un giovane belga. Ha 24 anni. Ieri la polizia belga ha pubblicato la sua foto in tutto il Paese. È uno dei due terroristi sospetti ricercati dopo l’arresto di Salah Abdeslam venerdì 18 marzo, a Molenbeek.
Gli inquirenti lo pensavano ancora in Siria, dove sarebbe partito nel febbraio 2013. Invece era rientrato in patria con un falso passaporto.
Sotto il nome di Soufiane Kayal, aveva affittato una casa a Auvelais, vicino a Namur, usata per i preparativi degli attacchi del 13 novembre, e l’appartamento di Schaerbeck dove Abdeslam aveva trovato rifugio per tre settimane.
Ma la vera novità è che la polizia francese ha trovato tracce del suo Dna sull’esplosivo usato il 13 novembre. Non solo, quella notte avrebbe avuto numerosi contatti telefonici con i kamikaze. Cosi Najim Laachraoui, in meno di 48 ore, è diventato l’artificiere degli attentati di Parigi. La mole di informazioni sul suo conto desta tuttavia qualche sospetto. Salah Abdeslam sta già collaborando?
Il suo avvocato Sven Mary l’ha incontrato ieri per la prima volta senza la presenza delle guardie. All’uscita del carcere di massima sicurezza di Bruges, Sven Mary ha affermato che il suo cliente si oppone ancora all’estradizione in Francia ma ha assicurato che “presto Salah Abdeslam andrà in Francia. Deve scagionarsi di molte cose a Parigi”. L’incontro è durato due ore e ciò ha permesso ai due di stabilire una linea di difesa. L’avvocato, contattato due volte dall’entourage di Abdeslam, è stato categorico venerdì scorso: “Devo sapere qual è la sua linea difensiva. Se volesse difendersi dichiarando di ‘non essere a Parigi la sera del 13 novembre’, allora mi infastidirei e non potrei assisterlo”.
Il principe del foro di Bruxelles ha fatto capire che costruirà la difesa su due pilastri: 1- Abdeslam non si è fatto esplodere perché non voleva causare altri morti. 2- Risponderà a tutte le domande dei magistrati. Pronto quindi a pentirsi. La legge francese lo prevede ma non quella belga. Conviene quindi scontare la pena in Francia? Sven Mary sa che comunque non potrà fare nulla contro il Mandato di cattura europeo, era stato istituito dopo gli attentati dell’undici settembre. Il mandato permette una consegna quasi automatica della persona ricercata dalle autorità di un altro membro entro 60 giorni dal suo arresto, prorogabile fino a 90.
Il diritto europeo prevede tre eccezioni obbligatorie alla consegna automatica: amnistia, sentenza passata in giudicato, irresponsabilità penale.
I motivi di rifiuto facoltativo, invece, sono affidati, alla discrezionalità del giudice. Ad esempio, la consegna può essere rifiutata, se parte dei reati per i quali è stato emesso il mandato è stata compiuta nello Stato in cui la persona è arrestata e questo Stato si impegna ad esercitare l’azione penale per tali reati.
Nel caso di Abdeslam, il terrorista avrebbe sparato sulla polizia belga martedì scorso per coprire la sua fuga da Forest a Molenbeek e questo teoricamente potrebbe fare scattare il rifiuto facoltativo. Ma secondo gli esperti, consultati dai mass media francesi, alla fine prevale il reato più grave, senza dubbio quello commesso a Parigi.
Venerdì il presidente francese François Hollande ha ricordato al premier belga Charles Michel il caso del salafita Mehdi Nemouche, questo franco algerino, di 29 anni, autore dell’attentato al museo ebraico di Bruxelles il 24 maggio 2014 che provocò la morte di 4 persone. Il 30 maggio fu arrestato alla stazione Saint Charles di Marsiglia a bordo di un pullman proveniente da Amsterdam via Bruxelles. Era in possesso di un kalashnikov e di una pistola e di numerose munizioni. Il giorno dopo, un mandato di arresto europeo fu messo dal Belgio nei suoi confronti. La Francia rinuncia a processarlo per detenzione illegale di armi da guerra e lo consegna alla giustizia belga, il 29 luglio 2014. Entro i sessanta giorni dopo il suo arresto. A meno di clamorose sorprese, presto, Salah Abdeslam farà lo stesso tragitto al contrario. E sarà un altro giorno particolare per i 413 feriti e le famiglie delle 130 vittime degli attentati di Parigi.