Roma, via di Santa Croce in Gerusalemme, pieno centro: a pochi passi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano è stato montato un grande tendone della protezione civile. Piazzato davanti a un ex sede dell’INPDAP, occupata dal 2013 da 120 famiglie, ospita 23 attivisti del movimento per il diritto all’abitare Action in sciopero della fame. Due file di letti dove dormono, un gazebo dove passano la giornata, un equipe di medici che li tiene sotto osservazione, un cancello a cui sono appese le centinaia di chiavi lasciate da chi è passato di lì per portare solidarietà, da esponenti politici come Stefano Fassina e il Vicepresidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio a comuni cittadini. Sono arrivati al decimo giorno. Sono gli stessi che una settimana fa, assieme ad altre migliaia di persone in emergenza abitativa, sono andati al Campidoglio per chiedere un incontro al Commissario Francesco Paolo Tronca, che anziché riceverli ha liberato la piazza a suon di idranti e manganelli, provocando due feriti ed un corteo selvaggio che ha bloccato il centro della città.
I motivi di una protesta tanto dura e prolungata stanno in una delibera comunale, la n. 50 , che doveva essere l’attuazione di una delibera Regionale sull’emergenza abitativa, che nel 2013 ha stanziato 200 milioni di euro destinati ad alloggi per sfrattati, persone in attesa di casa popolare ed anche occupanti di case. Una delibera, quella regionale, frutto di anni di lotta da parte di tutti i movimenti per la casa di Roma. Che invece è stata stravolta dal commissario della capitale, che ne ha cambiato i criteri, polverizzando le quote destinate agli occupanti di case, e correlandola di una lista di stabili da sgomberare.
Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti in persona con un comunicato ufficiale, oltre a ribadire le risorse in alloggi già pronte e mai utilizzate messe a disposizione dalla Regione, ha auspicato la corretta applicazione della delibera regionale; Tronca non ha commentato ne accennato passi indietro rispetto la sua delibera .
Quindi non ci si ferma. L’attenzione sale. Le persone in sciopero della fame sono determinate a continuare questa protesta piena di disperazione ma allo stesso tempo di dignità. Perché non si tratta solo di una delibera, ma della difesa un diritto per l’ennesima volta calpestato in una città che impantanata nella corruzione e sequestrata dai poteri forti non riesce , e non vuole , farsi carico di un’emergenza sociale che non accenna a diminuire e a cui si risponde con tavoli tecnici e polizia.