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Riscoprire i Soprano, ora che al cinema c’è il film prequel “I molti santi del New Jersey”

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È in sala in questi giorni I molti santi del New Jersey, in originale The Many Saints of Newark. I Soprano: Le origini recita il sottotitolo, perché nessuno dei potenziali spettatori rischi di perdersi il collegamento con la leggendaria serie tv. Di “I Soprano”, infatti, “I molti santi del New Jersey” è un prequel ufficiale: ambientato nel 1967, è scritto dal creatore della serie David Chase e ha come co-protagonista un giovane Tony interpretato da Michael Gandolfini, il figlio dell’indimenticabile James scomparso prematuramente nel 2013.

L’altro protagonista del film – come rivela, con un gioco di parole il titolo – è Dickie Moltisanti, padre di Christopher, il personaggio interpretato nella serie tv da Michael Imperioli, e la vicenda è una sorta di origin story, il racconto di quel che trasformerà il ragazzino Tony nel boss che abbiamo conosciuto nello show.

I Soprano è senza dubbio la serie televisiva che più spesso finisce al primo posto quando si stilano classifiche dei migliori show di tutti i tempi: fin dalla prima stagione, andata in onda negli Stati Uniti su HBO nel 1999, è stata chiara a tutti la sua portata rivoluzionaria, e oggi è riconosciuta come la serie che ha fatto nascere la cosiddetta prestige o quality television. L’idea di David Chase, da sempre affascinato dai film di gangster come Gli intoccabili e Quei bravi ragazzi, era quella di raccontare la crisi intima di un boss della mafia italoamericana del New Jersey: il quarantenne Tony, per molti versi, ha le responsabilità e le ansie di molti suoi coetanei – problemi con la moglie e i figli adolescenti, o con i colleghi di lavoro –, solo che è anche un capo criminale. Soffre di attacchi di panico e sceglie di andare in analisi: la relazione con la dottoressa Melfi è un potente e inaspettato filo conduttore, uno di quelli in grado di rivelare le potenzialità del mezzo televisivo illuminate dalla serie.

Proseguita fino al 2007, per sei stagioni totali, I Soprano si è fatta apripista di una televisione complessa, con messa in scena e interpretazioni cinematografiche, ma una capacità di sondare gli animi e le psicologie dei personaggi consentita solo ai tempi prolungati di una serie tv. È stata anche la prima serie a mettere al proprio centro un personaggio indiscutibilmente negativo, chiedendoci di empatizzare con lui e di adottare il suo punto di vista: è così che I Soprano ha anche aperto l’era degli antieroi, protagonisti di tante successive serie di grande successo di critica e pubblico. Tra queste, Mad Men e Boardwalk Empire, create da due sceneggiatori cresciuti nella writers’ room di I Soprano, Matthew Weiner e Terence Winter.

Tony Soprano era un tipo di personaggio mai visto prima su un piccolo schermo che tendeva a conquistare il più ampio pubblico possibile attraverso l’identificazione con eroi indiscutibilmente positivi: l’”antieroicità” di Tony e della famiglia Soprano ha dunque accolto anche una complessità di scrittura di personaggi e situazioni – e, certo, il fatto che andasse in onda su un canale via cavo invece che su un network generalista ha consentito ai momenti di violenza, inevitabili in una storia di mafia, di non essere cancellati o edulcorati.

I molti santi del New Jersey è un prequel, un antefatto, anche perché continuare la storia di I Soprano dopo il finale della sesta stagione sarebbe impossibile, e non solo perché il protagonista James Gandolfini non c’è più: anche la conclusione di I Soprano fu inaspettata e rivoluzionaria, generando controversie e dibattiti che durano ancora oggi. Semplicemente, durante una cena di famiglia in un diner, l’immagine va improvvisamente al nero, mentre la musica continua a tutto resta in sospeso: molti si infuriarono – e si infuriano ancora oggi –, tanti apprezzarono la corrispondenza tra un finale aperto e una vicenda che aveva il ritmo stesso dell’esistenza. Se vi è venuta nostalgia, o se volete recuperare quella che il “New York Times” ha definito “la più grande opera di cultura pop americana dell’ultimo quarto di secolo” trovate tutte e sei le stagioni di I Soprano sulla piattaforma Now e su SkyGo.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    “Di questa infamità vergognosa noi, spettatori spesso indifferenti, siamo del tutto colpevoli”. Sono le parole con cui Dario Fo, dieci anni fa, raccontò la storia di Ion Cazacu, ingegnere romeno immigrato in Italia per lavorare in nero come piastrellista a Gallarate. Ion Cazacu, il 14 marzo del 2000, 25 anni fa, fu cosparso di benzina e bruciato vivo dal suo datore di lavoro. Cosimo Iannece, il padrone, rispose così alle continue richieste di Cazacu di avere una paga dignitosa, un contratto regolare, per sè e per i suoi compagni di lavoro. Cazacu morì il 14 aprile 2000 dopo un mese di agonia per le ustioni gravissime che aveva su tutto il corpo. Iannece alla fine di tutto l’iter processuale fu condannato a 16 anni, dopo che in primo e secondo grado le condanne furono a 30 anni. Della storia di Ion Cazacu, dello sfruttamento schiavistico a cui fu sottoposto, si occuparono negli anni anche Franca Rame e Dario Fo. Florina Cazacu, figlia di Ion, è stata ospite di Pubblica, oggi. Insieme a Fo, Florina Cazacu ha scritto un libro che è anche un atto di denuncia contro lo sfruttamento, le violenze sul lavoro. Il libro si intitola: «Un uomo bruciato vivo. Storia di Ion Cazacu» (Chiarelettere 2015).

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    Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice presso il Centro Russia, Caucaso e Asia Centrale dell'ISPI e Gianpaolo Scarante docente di Teoria e tecnica della negoziazione internazionale all'università di Padova (già Capo di Gabinetto del Ministro degli Esteri, Consigliere Diplomatico del Presidente del Consiglio) commentano e analizzano la proposta di tregua alla Russia concordata da Usa e Ucraina. Possibile? La Commissione europea vuole cambiare la direttiva rimpatri con un mandato d'espulsione europeo unico, due anni di carcere per chi non lascia il territorio, deportazione in paesi terzi; l'analisi di Eleonora Camilli, giornalista de La Stampa esperta di politiche migratorie. Gianni Sibilla, direttore del Master in Comunicazione musicale dell'Università Cattolica di Milano, giornalista per Rockol.it (“L’industria della canzone” il suo ultimo libro per Laterza) ci racconta come cambiano le piattaforme musicali, tra appiattimento e un'offerta immensa.

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