
La tedesca Rheinmetall è alla ricerca di stabilimenti in Italia per allargare la produzione in ambito militare. Mentre sempre più imprese guardano al settore difesa per restare a galla. Compresa Stellantis. Il governo spinge in questa direzione, ma ancora non sa dove prendere i soldi.
Il tema della riconversione da civile a militare sta ormai attraversando diversi pezzi dell’industria italiana. Spulciando nei giornali locali si trovano diverse storie. Come la Faber di Castelfranco Veneto che ha rispolverato i vecchi impianti per fabbricare ogive e bossoli, per ricominciare a produrli. Lo stesso si pensa per la vicina Berco, azienda in crisi che ora vede nel militare un’alternativa. Il fulcro però resta l’automotive.
E riguarda anche Stellantis: se ne è parlato apertamente al tavolo ministeriale: Samuele Lodi, responsabile auto Fiom, racconta che il ministro dell’industria Urso ha detto che ci saranno confronti per affrontare il tema della riconversione sugli stabilimenti di Stellantis in maggiore difficoltà, come Termoli, la gigafactory per batterie destinata all’elettrico sembra accantonata, ma anche per Cassino. In Germania su questo fronte si sta correndo ed è ormai difficile tenere il conto di chi, comprese grandi marchi auto come Wolkswagen, sta riconvertendo sul bellico pezzi della propria produzione. Il traino è Rheinmetall. Colosso tedesco che produce sia per l’industria civile, sia per la difesa. E che sta spostando verso quest’ultima le sue produzioni.
Rheinmetall in Italia sta discutendo da tempo una Joint Venture con quella che in qualche modo è la sua omologa italiana, Leonardo. Secondo fonti sindacali riferite a Radio Popolare, l’azienda tedesca sarebbe alla ricerca di nuovi stabilimenti in Italia proprio per accrescere la produzione in ambito militare. L’amministratore delegato Armin Papperger nel suo messaggio interno di fine anno agli stabilimenti, ben prima della presa di posizione pubblica di febbraio, aveva detto apertamente che la direzione è portare parte degli stabilimenti di componentistica nella divisione armi e munizioni, a partire già da quest’anno.
Il messaggio, che abbiamo potuto visionare, è arrivato anche alle tre sedi italiane di Pierburg, azienda controllata di Rheinmetall, che si occupa di riduzione di emissioni nocive, valvole e pompe, alimentazione dell’aria. Due stabilimenti, a Lanciano e Livorno, e una sede a Torino per oltre 400 dipendenti. Dopo un appuntamento per un colloquio, l’azienda non ha risposto alle nostre telefonate, ma i sindacati confermano il contenuto del messaggio, che ha portato ad un confronto interaziendale: sottolineano che per ora non ci sia un piano industriale in questa direzione, anche se le ricadute ci sarebbero: “Pierburg sta riconvertendo due stabilimenti tedeschi verso il militare, a Lanciano oltre all’automotive facciamo le linee di produzione: potremmo doverle riadattarle a quei cambiamenti” dice a Radio Popolare Andrea de Lutiis della Fiom di Chieti. Intanto il governo continua a definire il piano in questa direzione: l’ipotesi è di ennesimi incentivi alle imprese per passare al militare. Con quali soldi, un fondo di garanzia o quelli del piano europeo, è il tema del conflitto interno alla maggioranza.