Otto super miliardari detengono la stessa ricchezza netta (426 miliardi di dollari) di metà della popolazione più povera del mondo, vale a dire 3 miliardi e seicento milioni di persone.
Il liberismo sfrenato, il profitto a ogni costo, la potenza delle multinazionali nel condizionare la politica e i governi hanno reso sempre più pesanti le diseguaglianze, tanto da arrivare a otto uomini, censiti da Forbes, possessori della stessa ricchezza netta che ha metà della popolazione più povera nel mondo.
È questa la dura critica contenuta nel rapporto Oxfam 2017. La ricchezza netta comprende le attività reali come immobili, aziende e oggetti di valore, le attività finanziarie, tra cui depositi, titoli di Stato, azioni, al netto delle passività finanziarie ( come i mutui e altri debiti).
Questi gli otto miliardari: Bill Gates (75 miliardi di dollari), Amancio Ortega (67 miliardi di dollari), Warren Buffett (60,8 miliardi di dollari), Carlos Slim Helu (50 miliardi di dollari), Jeff Bezos (45,2 miliardi di dollari), Mark Zuckerberg (44,6 miliardi di dollari), Larry Ellison (43,6 miliardi di dollari), Michael Bloomberg (40 miliardi di dollari).
L’analisi di Oxfam evidenzia quanto la forbice tra ricchi e poveri si stia estremizzando, oltre ogni ragionevole giustificazione. I dati dicono che multinazionali e super ricchi continuano ad alimentare la disuguaglianza, facendo ricorso a pratiche di elusione fiscale, massimizzando i profitti anche a costo di comprimere verso il basso i salari e usando il loro potere per influenzare la politica.
“È necessario un profondo ripensamento – sostiene Oxfam – dell’attuale sistema economico che fin qui ha funzionato a beneficio di pochi fortunati e non della stragrande maggioranza della popolazione mondiale”.
Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief) è una confederazione che raccoglie 17 organizzazioni non governative che ha come scopo prevalente quello di trovare soluzioni per combattere la povertà e l’ingiustizia.
“È osceno che così tanta ricchezza sia nelle mani di una manciata di uomini, che gli squilibri nella distribuzione dei redditi siano tanto pronunciati in un mondo in cui 1 persona su 10 sopravvive con meno di 2 dollari al giorno”, ha detto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia. “La disuguaglianza stritola centinaia di milioni di persone, condannandole alla povertà; rende le nostre società insicure e instabili, compromette la democrazia”.
“In tutto il mondo le persone vengono lasciate indietro. Alla logica della massimizzazione dei profitti, si contrappone una realtà di salari stagnanti e inadeguati, mentre chi è al vertice viene gratificato con bonus miliardari”, ha aggiunto Barbieri. “I servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione subiscono tagli, ma a multinazionali e super ricchi è permesso spesso di eludere impunemente il fisco”.
Le donne sono le più colpite nell’estendersi delle diseguaglianze perché trovano prevalentemente lavoro in settori con salari più bassi e hanno sulle spalle la gran parte del lavoro domestico e di cura non retribuito. Di questo passo ci vorranno 170 anni perché una donna raggiunga gli stessi livelli retributivi di un uomo.
Le diseguaglianze in Italia.
Nel 2016 la ricchezza dell’1% più ricco degli italiani (in possesso oggi del 25% di ricchezza nazionale netta) è oltre 30 volte la ricchezza del 30% più povero dei nostri connazionali e 415 volte quella detenuta dal 20% più povero della popolazione italiana. Per quanto riguarda il reddito tra il 1988 e il 2011, il 10% più ricco della popolazione ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani.
Rabbia e scontento per una così grande disuguaglianza – sostiene Oxfam – hanno conseguenze sul piano politico: “Da più parti analisti e commentatori hanno rilevato che una delle cause della vittoria di Donald Trump in Usa, o della Brexit, sia proprio il crescente divario tra ricchi e poveri. Sette persone su dieci vivono in Paesi dove la disuguaglianza è cresciuta negli ultimi 30 anni: tra il 1988 e il 2011 il reddito medio del 10% più povero è aumentato di 65 dollari, meno di 3 dollari l’anno, mentre quello dell’1% più ricco di 11.800 dollari, vale a dire 182 volte tanto”.
Le grandi corporation, i super-ricchi alimentano la crisi attraverso l’elusione fiscale, la riduzione dei salari e dei prezzi pagati ai produttori, i mancati investimenti industriali, onde massimizzare i profitti degli azionisti.
In Vietnam, per esempio, Oxfam ha raccolto testimonianze di operaie dell’abbigliamento che lavorano 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana e lottano per vivere con una paga di 1 dollaro l’ora. In questi luoghi si producono abiti per alcune delle più grandi marche della moda, i cui amministratori delegati sono tra i più pagati al mondo. L’amministratore delegato di una delle cento aziende più grandi quotate in borsa a Londra guadagna in un anno quanto diecimila lavoratori di una fabbrica tessile del Bangladesh.
I super ricchi fanno ricorso a una fitta rete di paradisi fiscali per evitare di pagare la loro giusta quota di tasse, oltre che a un esercito ben pagato di società di gestione del patrimonio per trarre il massimo profitto dagli investimenti fatti.
“Inoltre, è leggenda metropolitana che i miliardari si siano fatti tutti da sé: Oxfam ha calcolato che 1/3 della ricchezza dei miliardari è dovuta ad eredità, mentre il 43% è dovuta a relazioni clientelari”.
A chiudere il cerchio c’è l’uso di denaro e relazioni da parte dei ricchissimi per influenzare le decisioni politiche a loro favore. Il Fondo Monetario internazionale (Fmi)ha rilevato che a partire dagli anni ’80 i sistemi fiscali in tutto il mondo sono diventati meno progressivi, mentre le aliquote massime sui redditi e le imposte sulle rendite finanziarie, sui patrimoni e sulle eredità sono calate.
A questo si aggiunge il peso dell’elusione fiscale societaria, che costa ai Paesi più poveri 100 miliardi di dollari l’anno: una cifra sufficiente a mandare a scuola 124 milioni di ragazzi e salvare la vita di 6 milioni di bambini ogni anno.