Il racconto della giornata di lunedì 12 giugno 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La morte di Silvio Berlusconi scuote il Paese, colpisce tutti, amici e nemici, alleati e avversari. E’ fuori luogo il lutto nazionale? Quale sarà la sua eredità politica e soprattutto nella mani di chi finirà? Sul fronte della guerra in Ucraina continuano le manovre della controffensiva di Kiev. E’ morto a 68 anni l’attore e regista Francesco Nuti.
La Storia non ha prescrizioni
(di Alessandro Gilioli)
Passi per i funerali di Stato: è la legge a prevederli per gli ex presidenti del consiglio. Passi anche per le esequie celebrate nel Duomo di Milano: la Chiesa Cattolica onori chi vuole, anche un sedicente fedele che non poteva più prendere la comunione.
Ma qualche dubbio sulla proclamazione del lutto nazionale forse invece è lecito, perché il lutto nazionale è invece una decisione politica, discrezionale: e infatti l’ha presa – un po’ a sorpresa- Palazzo Chigi.
Un po’ a sorpresa perché non si ricorda nessun lutto nazionale proclamato per tanti ex presidenti del consiglio se non per Aldo Moro, che tuttavia era morto ammazzato dai terroristi e in circostanze ben diverse da quelle attuali.
E’ un po’ curioso quindi che questo onore sia riservato all’unico ex premier che una sentenza ha definito [CONTINUA A LEGGERE]
Il perfetto format populista
(di Luigi Ambrosio)
Berlusconi ha incarnato la forma più moderna che ha assunto il populismo. Ripresa come modello da tanti leader che nel mondo occidentale hanno tentato la scalata. A cominciare dal più famoso di tutti, Donald Trump, il quale ha dichiarato di essersi ispirato, nella costruzione della propria carriera politica, al suo amico Silvio Berlusconi.
Un format.
Berlusconi è stato l’uomo che ha trasformato la politica in una faccenda personale. Il suo partito. La sua faccia. La sua capacità di vendere il prodotto politica. I suoi interessi da tutelare.
La personificazione e la semplificazione estrema del messaggio e pure del contenuto. Applicava alla politica i principi della vendita, su cui aveva costruito il l’impero economico.
E cosa esiste di più semplice del calcio?
“Scendo in campo”, disse. Mutuando quella metafora. E i suoi deputati erano gli azzurri, e il suo partito aveva come nome lo slogan della nazionale: Forza Italia. E prima ancora il Milan, ovviamente.
Gli elettori vennero trattati come clienti da conquistare con i sorrisi, l’empatia, il vestito buono e la promessa di un sogno di ricchezza per tutti. Il nuovo miracolo italiano. Nuovo perché il primo miracolo italiano fu quello degli anni 50-60, gli anni del boom economico dopo la guerra e la ricostruzione. All’Italia che usciva a pezzi dopo fine della Prima Repubblica si vendette l’illusione del ritorno a quegli anni, gli anni dell’ottimismo e della gioventù.
La forma più moderna che ha assunto il populismo. Che ha avuto un prezzo, molto alto. L’Italia inchiodata agli interessi del Capo, trasformati in interessi di tutti. Le leggi ad personam. Il culto della personalità che ha trasformato la politica in un balletto tra chi lo idolatrava e chi lo odiava. Berlusconismo e antiberlusconismo.
I suoi comizi si aprivano con una canzone che lo celebrava: “meno male che Silvio c’è”.
Il culto della personalità nel momento del trionfo era una macchina perfetta di consenso e nel momento del declino ha rischiato di trascinare tutti giù con lui.
“I telespettatori sono come bambini di 12 anni poco dotati”, disse una volta il Berlusconi imprenditore. Poi, iniziò a fare politica.
La successione politica di Berlusconi
(di Anna Bredice)
Formalmente soldi e simbolo sono in mano ad un tesoriere, l’ex manager Fininvest Alfredo Messina, che si tiene ben stretto il simbolo con Berlusconi presidente. Ma il problema di Forza Italia ora va molto oltre una bandiera, è quello di un partito che è già diviso in almeno tre correnti, tenuto unito finora dalla soggezione nei confronti del patriarca, un partito con un problema di soldi, e di una famiglia che non vuole saperne di investire ancora in Forza Italia, ritenuta ormai la bad company di tutto il sistema economico creato dal Cavaliere. Si sa che negli ultimi anni a tenere in vita il partito era la presenza di Berlusconi in campagna elettorale, addirittura su tik tok, ora l’unica possibilità di seguire quella scia è che un figlio ne prenda l’eredità, ma Marina e gli altri non ne vogliono sapere. C’è la “quasi moglie”, Marta Fascina, deputata vicinissima a Berlusconi, fino – dicono – ad organizzare una ultima riunione politica, che poi è saltata per il ricovero. Chissà che cosa c’era in vista e se lo chiedono anche ministri e parlamentari. Un bel gruppo, 5 ministri, 44 deputati e 18 senatori, che ora devono capire a chi rispondere e chi vincerà la gara a prendersi i voti degli elettori. Perché è chiaro che in vista delle europee quel bottino diventa attraente, lo sarà per Meloni, Salvini e Renzi. Sono questi i tre leader della destra e del centro interessati al futuro di Forza Italia, Meloni ne avrebbe bisogno per portare a termine la sua operazione nel Parlamento europeo di un’alleanza tra conservatori e popolari, in Italia è Tajani che rappresenta la linea governativa e che in teoria sarebbe il coordinatore del partito. Ci sono gli antimeloniani, con Ronzulli in testa, e poi i renziani, che prima stavano da quella parte e poi sono usciti, Gelmini Carfagna, e lo stesso Renzi che vorrebbe ampliare il suo potere allargandosi ai berlusconiani. Un insieme di pensieri diversi, che rendono ancora più difficile il passaggio. Negli anni in tanti hanno pensato di poter essere l’erede di Berlusconi, il famoso delfino a lungo cercato, da Alfano fino a Salvini, e poi Meloni, respinta da Berlusconi per il troppo potere che si è presa, senza chiedergli il permesso.
La controffensiva ucraina mira a disorientare le forze russe
Si contano cinque fronti di avanzamento (o di tentativo di avanzamenti) da parte dell’esercito ucraino, ma nessuno sa quale o quali di queste direttrici sia la vera spina dorsale della controffensiva di Kiev. Abbiamo raggiunto Sabato Angieri:
E’ morto Francesco Nuti
(di Barbara Sorrentini)
Forse voleva andarsene in silenzio come ha fatto negli ultimi diciassette anni, da quando nel 2006 fu bloccato da un’emorragia cerebrale. Francesco Nuti, regista e attore, 68 anni da nemmeno un mese, aveva cominciato con il cabaret alla fine degli anni ‘70 nei Giancattivi accanto ad Alessandro Benvenuti e Athina Cenci. Con la sua ironia, l’accento toscano di Prato e la sua tenerezza è passato poco dopo al cinema come attore nei film “Ad ovest di Paperino”, “Madonna che silenzio c’è stasera” e il più celebre “Io Chiara e lo Scuro” con Giuliana De Sio e la famosa ottavina reale, mossa di biliardo. Nel 1985 dirige “Casablanca Casablanca” fino all’ultimo anche da regista “Caruso, zero in condotta” nel 2001.
Negli anni ottanta e novanta tutti gli altri film , tra cui “Tutta colpa del Paradiso”, con Ornella Muti, girato in Val D’Ayas, scritto con Vincenzo Cerami e un giovanissimo Giovanni Veronesi. E ancora “Caruso Pascoski”; “Donne con le gonne”; “Willy Signori e vengo da lontano”; “Il signor quindici palle”.
Nel 1988 Francesco Nuti era andato a Sanremo con la canzone “Sarà per te”. Nel 1983 vince il David di Donatello e il Nastro d’Argento per il film “Son Contento”, diretto da Maurizio Ponzi, con cui ha collaborato alla scrittura di alcuni film che poi lo stesso Nuti ha diretto. È stato sposato con Annamaria Malipiero con cui ha avuto la figlia Ginevra che dal 2021 era diventata l’unica tutrice legale.