Il racconto della giornata di venerdì 29 settembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Oltre 2.500 persone sono morte sulla rotta del Mediterraneo da gennaio a oggi, ma invece di occuparsi di questa emergenza il governo italiano sembra aver deciso di rispolverare la sua battaglia contro le ong e di farne l’oggetto del contendere nella partita europea sul patto su migrazione e asilo. L’Istat segnala un ulteriore lieve rallentamento dell’inflazione a settembre in Italia. Dopo quasi 10 mesi di detenzione, l’ex eurodeputato Antonio Panzeri è stato rilasciato con due mesi di anticipo dai magistrati del Belgio che indagano sul Qatargate. In Russia Vladimir Putin ha incaricato Andrei Troshev, ex dirigente del gruppo Wagner, di formare un gruppo di volontari da usare innanzitutto nella guerra in Ucraina.
Oltre 2.500 morti sulla rotta del Mediterraneo dall’inizio del 2023
La cosiddetta guardia costiera libica ha affondato deliberatamente un barchino di migranti per costringere chi era a bordo a tornare in Libia. La scena è stata ripresa da un aereo dell’ong Sea-Watch. Nelle immagini si vedono decine di migranti cadere in acqua dopo lo speronamento da parte della motovedetta. Affondato il gommone, i militari libici recuperano rapidamente chi vedono a galla e poi ripartono in direzione della costa. Non si sa quante fossero le persone a bordo, quante quelle salvate. Il racconto della portavoce di Sea-Watch Giorgia Linardi:
Non sappiamo, lo abbiamo detto, se e quante sono le vittime di questo episodio, che è solo uno dei tanti che avvengono quotidianamente nel Mediterraneo. Ieri l’Unhcr ha diffuso i suoi dati sui primi nove mesi dell’anno: sono più di 2.500 i morti sulla rotta del Mediterraneo da gennaio a oggi, e si riferisce alle sole vittime accertate.
Ma invece di occuparsi di questa emergenza il governo sembra aver deciso di rispolverare la sua battaglia contro le ong e di farne l’oggetto del contendere nella partita europea sul patto su migrazione e asilo. Dopo lo sgarbo di Piantedosi ieri a Bruxelles, oggi Meloni a Malta ha partecipato a un vertice dei paesi euromediterranei e ha ribadito e se possibile indurito la linea manifestata ieri dal suo ministro.
L’irrigidimento dell’esecutivo italiano sull’immigrazione
(di Diana Santini)
Formalmente Palazzo Chigi è fermo alla definizione sibillina di ieri, nessun blocco alle trattative, solo una richiesta di tempo per valutare le novità. Ma che il governo abbia deciso di cambiare atteggiamento nei confronti degli alleati europei, in fatto di immigrazione, è abbastanza evidente. Lo dimostra questa dichiarazione di Meloni, che è bellicosa e prefigura un muro contro muro su un argomento, il ruolo delle ong, ad alto tasso di ideologia ma assolutamente marginale rispetto alla dimensione del fenomeno. E si intuiva anche dall’atteggiamento quasi sprezzante del ministro Piantedosi, che ieri ha piantato a metà la riunione dei ministri dei 27 per andare a incontrare i ministri libico e tunisino, come a dire, vado risolvere i miei problemi altrove.
La velina del Viminale sul numero di imbarcazioni umanitarie battenti bandiera tedesca in azione nel canale di Sicilia, poi, ha aperto le danze e sembra difficile immaginare un abbassamento dei toni entro il nuovo consiglio fissato per il prossimo lunedì. Considerato che tutti gli attori in campo sanno che il patto su immigrazione e asilo non rappresenta un avanzamento, né dal punto di vista delle richieste italiane né dal punto di vista umanitario, bisogna allora chiedersi il perché di questo improvviso irrigidimento dell’esecutivo italiano. Al netto della componente ideologica, l’emendamento tedesco sconfessa e forse imporrebbe una revisione del primo decreto del governo Meloni in tema di immigrazione, quello contro le ong, ma ci sono altri e forse più importanti fattori: la partita europea è complessa ed è possibile che Meloni punti i piedi di qua (sui migranti) per ottenere qualcosa di là (nuova governance e patto di stabilità). Da questo punto di vista individuare il nemico nella Germania è molto funzionale. E poi c’è, naturalmente la campagna elettorale europea e, in una rincorsa a destra che sembra non avere limiti, italiana.
Perché in Italia l’inflazione scende meno che in Europa?
(di Massimo Alberti)
Era molto atteso il dato dell’inflazione di oggi, non solo per l’andamento dei prezzi ma anche per ipotizzare le prossime scelte della Banca Centrale Europea sui tassi. In sintesi: in Italia rallenta molto meno che in Europa. In sintesi: trainato dal forte calo in Germania, a livello europeo il tasso di inflazione di settembre è al 4,3%, contro il 5,2% di agosto. In Italia è esattamente un punto sopra: al 5,3%, in calo di solo un decimo rispetto ad un mese fa. L’aumento dei prezzi rallenta sul cosiddetto carrello della spesa, ma resta alto: 8,3% su base annua. Ed apre una domanda: perché in Italia l’inflazione scende meno che in Europa?
L’Italia sta pagando più di altri gli effetti sull’economia dei tassi alti – la domanda interna crolla: oggi, ad esempio, il fatturato delle industrie fa segnare un nuovo calo trascinato proprio dal dato interno – ma l’inflazione scende meno.
Ci sono due temi, tutti fortemente politici. Il primo riguarda le scelte fatte dai governi. Basti pensare alla Spagna dove l’inflazione è scesa per prima sotto il 2%, grazie ad una politica di redistribuzione – abbattendo il costo del trasporto pubblico, ad esempio, a spese degli extraprofitti di banche ed imprese che sono la causa dell’inflazione. In Italia non si è visto nulla di tutto ciò: ieri è arrivato un tardivo “patto anti-inflazione” di soli 3 mesi con le imprese del settore. Criticato sia dai consumatori, sia da Federdistribuzione che lo definisce una lettera di intenti dall’effetto parziale. Insomma, non servirà a nulla.
In Italia un problema centrale si chiama carburanti: la crescita annua è quasi il 14%. E riporta ancora alla politica: indicando chiaramente che l’azione del governo sulla benzina ha fatto solo danni. L’indicazione del prezzo medio ha innescato una spirale di rialzo. Unita alla risalita del petrolio, ha fatto si che a settembre, dopo il picco di consumi per gli spostamenti estivi, il prezzo continui a salire.
In un paese arretrato come l’Italia dove l’80% delle merci si muove su gomma, si capisce bene l’impatto generale sui prezzi. L’altro fronte riguarda i beni energetici che tornano a salire. Anche qui pesa l’alto carico fiscale, e l’autorità dell’energia prevede ad ottobre aumenti oltre il 18% sulle bollette di cittadini e imprese, che inciderà sui prezzi dei prossimi mesi. Mentre il governo non va oltre interventi temporanei e di facciata.
Come dicevamo in Europa il calo è stato oltre le aspettative, anche a causa della recessione di fatto che sta colpendo l’Eurozona. L’euro è ai minimi sul dollaro da inizio anno. Le fragilità del sistema economico e il rallentamento dei prezzi oltre le asppettative, fanno ipotizzare gli analisti finanziari che, almeno per quest’anno, non ci saranno altri aumenti dei tassi da parte della Banca Centrale Europea. I tassi resteranno alti a lungo ed è difficile che i primi eventuali tagli arriveranno prima della seconda metà del 2024.
Qatargate, l’ex eurodeputato Panzeri è stato rilasciato
L’ex eurodeputato Antonio Panzeri, personaggio centrale del cosiddetto Qatargate, è stato liberato dalla magistratura belga dopo quasi 10 mesi di detenzione, prima in carcere e poi ai domiciliari. Panzeri però non potrà lasciare il paese, né avere contatti con le altre persone sotto inchiesta.
(di Andrea Monti)
Era il 10 dicembre 2022 quando la polizia trovava sacchi di banconote a casa di Eva Kaili, allora vicepresidente del Parlamento Europeo. Il coinvolgimento di una figura di così alto livello, insieme agli arresti di Panzeri e di alcune altre persone, facevano ipotizzare una rete di corruzione che andasse oltre i primi indagati, ma col passare dei mesi l’inchiesta è rimasta limitata ai nomi emersi dall’inizio. Panzeri ha patteggiato un anno di carcere, ma è stato in prigione quattro mesi. Le altre cinque persone indagate – Eva Kaili, gli eurodeputati Andrea Cozzolino e Marc Tarabella, l’assistente Francesco Giorgi e Niccolò Figà-Talamanca, responsabile di una ong – sono andate in tribunale insieme per la prima volta dieci giorni fa, e una decisione su di loro (se processarle o archiviare il caso) dovrebbe essere presa solo nel giugno 2024. Al centro di tutto resta l’accusa di essersi fatti corrompere da rappresentanti del Qatar e del Marocco, che in questo modo avrebbero cercato di difendere illecitamente gli interessi dei due paesi orientando l’attività del parlamento europeo. Le indagini quindi continuano, ma la dimensione dello scandalo è decisamente inferiore a quella fatta intuire dal clamore iniziale. Nel frattempo è stato sostituito il giudice che seguiva il caso, Michel Claise, che si è dimesso per un legame commerciale tra suo figlio e un’eurodeputata accostata all’inchiesta a livello mediatico, ma mai indagata. I metodi del magistrato erano stati contestati in particolare per il trattamento riservato a Eva Kaili, che lo ha accusato di averla tenuta lontana dalla figlia di due anni per ottenere una confessione.
Abusi nella ginnastica: ammonizione scritta per l’allenatrice Maccarani
Semplice ammonizione scritta per Emanuela Maccarani. Questa la decisione del tribunale federale sull’inchiesta sportiva per abusi nella ginnastica ritmica. La sentenza – che invita a evitare altre mancanze disciplinari – arriva dopo la richiesta di ammonizione per l’allenatrice e di assoluzione per l’assistente. Per la procura, la colpa dell’allenatrice è stata avere un eccesso di affetto per aiutare l’ex ginnasta della nazionale Anna Basta, che con Nina Corradini aveva denunciato nell’ottobre dello scorso anno il contesto di abusi psicologici, pressioni e umiliazioni costruito dall’allenatrice. Ancora nessuna reazione da parte delle atlete mentre Maccarani ha parlato di 11 mesi difficili. Sono invece in corso i procedimenti della giustizia ordinaria. Sulla sentenza abbiamo sentito Daniela Simonetti, presidente di Change the game, associazione che protegge atlete e atleti da violenze sessuali, fisiche o emotive.
Putin affida al vice di Prigozhin un corpo di volontari da inviare sul campo in Ucraina
In Russia Vladimir Putin ha incaricato Andrei Troshev, ex dirigente del gruppo Wagner, di formare un gruppo di volontari da usare innanzitutto nella guerra in Ucraina. La decisione arriva tre mesi dopo la marcia della compagnia militare verso Mosca, che per alcune ore ha fatto pensare a un colpo di stato, e un mese dopo la notizia della morte del capo dell’organizzazione, Evgenij Prigozhin, nello schianto di un aereo. Abbiamo intervistato lo storico Giovanni Savino, esperto di Russia: