Il racconto della giornata di venerdì 28 aprile 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il governo di Giorgia Meloni, dopo la figuraccia di ieri, deve fare i conti anche con la prova del Mes, col tempo che sta scadendo e l’Europa che aumenta le pressioni. A Milano c’è stata una violenza sessuale all’interno della Stazione Centrale. Il fatto è avvenuto ieri ma la notizia è emersa oggi, dopo che la polizia ha fermato un uomo. I sindacati confederali celebreranno il Primo Maggio in piazza a Potenza, nelle stesse ore in cui a Roma il Consiglio dei Ministri si preparerà ad approvare il Decreto Lavoro che aumenta il precariato, riduce a una mancia per ogni singolo lavoratore il taglio del cuneo fiscale, e fa piazza pulita del reddito di cittadinanza. L’ultimo report della Guardia costiera tunisina dice in dieci giorni, dal 18 al 27 aprile, sono stati recuperati in mare i corpi di 210 migranti, vittime di diversi naufragi. Continua a crescere il numero delle vittime civili dell’ultimo violento bombardamento russo. Questa mattina presto Mosca ha colpito diverse città nel centro e nel sud del paese. In Sudan, intanto, continuano gli scontri in Sudan nonostante la tregua di 72 ore sia stata prolungata di altri 3 giorni.
Il governo alla prova del Mes
Dopo l’approvazione questa mattina dello scostamento di bilancio, seguito alla debacle di ieri in aula, il nuovo fronte per il governo e la maggioranza è il Meccanismo Europeo di Stabilità, il Mes.
L’italia è il solo paese a non averlo ancora approvato e dall’Europa oggi sono arrivate forti pressioni, da parte della presidente della BCE Lagarde, da parte dell’Eurogruppo e da parte del direttore del Meccanismo europeo di stabilità Pierre Gramegna. Senza la ratifica italiana il Mes non può entrare in vigore. Il governo italiano resiste, Lega e FdI non lo vorrebbero perché il Mes obbliga ancora di più a rispettare le regole europee in economia. Meloni spera in margini di manovra con Bruxelles, ma da Bruxelles il messaggio è chiaro: margini di manovra non ce ne sono.
(di Anna Bredice)
“Le cose sono andate bene dentro e anche fuori, visto il dato positivo del Pil”. Il Ministro dell’Economia Giorgetti, quasi correndo fuori dall’aula, con queste parole cerca di rigirare un po’ la frittata per recuperare la brutta figura di ieri e poco dopo arriva trafelato e in enorme ritardo a Stoccolma alla riunione dell’Eurogruppo, dove gli occhi di tutti sono puntati proprio su di lui, con una sola domanda: quando approvate il fondo salva stati, il famigerato Mes? La figuraccia di ieri, frutto di sciatteria, non aiuta certo, doveva essere il governo pronto per tutto e invece questa mattina alcuni deputati di Forza Italia, richiamati quasi mentre salivano sull’aereo, chiedevano conto al capogruppo dei soldi spesi per niente. Ma il Mes è anche un problema politico importante perché il tempo sta scadendo e le posizioni non sono poi così compatte sul No. Meloni da Londra ripete il suo punto di vista, “così com’è non va bene, ci vogliono modifiche”; c’è poi una parte della Lega, quella di Borghi e forse anche di Salvini, che dicono no e basta. Giorgetti cerca di stare a metà: in Europa tergiversa, a Roma deve trattare con il suo partito, mentre Forza Italia non farebbe barricate contro il fondo salva stati. Intanto lo scostamento di bilancio è stato approvato, sia alla Camera che al Senato, questa volta c’erano tutti, anche più del necessario, a recuperare un errore dovuto ad assenze per il ponte, ad impreparazione e leggerezza, di cui Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia prima si scusa, salvo poi attaccare l’opposizione per le loro assenze, dimenticando che lui rappresenta un partito che è maggioranza in Parlamento. Sono seguite proteste e cori, il PD è uscito dall’aula, ma non è stata l’unica volta. Lo ha fatto quando in commissione Giustizia si è presentato Dal Mastro e poi ancora oggi, durante il voto per i giudici speciali, il Pd non ha partecipato per il mancato rispetto della parità di genere. Forse non è solo un caso, ma una strategia della neo segretaria, fare opposizione con lo strumento dell’Aventino, utilizzato la prima volta nella storia subito dopo l’assassinio di Matteotti. E forse è anche per questo che la prima riunione della segreteria si è tenuta proprio dove fu rinvenuto il corpo del deputato ucciso dai fascisti.
Un fermo per la violenza sessuale alla Stazione Centrale di Milano
A Milano c’è stata una violenza sessuale all’interno della Stazione Centrale. Il fatto è avvenuto ieri ma la notizia è emersa oggi, dopo che la polizia ha fermato un uomo.
(di Andrea Monti)
L’aggressione è avvenuta intorno alle sei di mattina ed è stata subita da una donna che andava a prendere un treno. Secondo le informazioni circolate finora, le violenze sarebbero continuate a lungo, con schiaffi e abusi che almeno in parte sono avvenuti all’interno di un ascensore. Le immagini delle telecamere di sorveglianza, che non state viste in diretta ma solo dopo, mostrerebbero alcune persone che passano vicino alla donna mentre urla e l’uomo le è accanto. Solo una di queste persone ha dato l’allarme, facendo arrivare la polizia. L’uomo che è stato fermato viveva in strada nella zona. Poche settimane fa una ragazza aveva denunciato di essere stata violentata su un treno che viaggiava all’interno di Milano. La ragazza aveva raccontato che un altro passeggero aveva intuito quello che stava succedendo, ma si era allontanato. Dalla politica finora una sola reazione significativa alla violenza di ieri, quella – manco a dirlo – di Matteo Salvini, che sui social network ha commentato sottolineando che l’uomo è “di origine marocchina, irregolare e senza fissa dimora”. “Confido che a sinistra smettano di ostacolare gli sforzi del governo contro l’immigrazione clandestina”, ha scritto il capo della Lega. Nessuna parola su operazioni come il maxi-controllo nell’area che a gennaio portò a quattro arresti e al sequestro di 20 euro, 10 kg di merce contraffatta, 17 grammi di droga e 112 articoli di telefonia e tabacchi. Il Ministero dell’Interno parlò di “operazione ad alto impatto”. Forse quello mediatico, di certo non quello di garantire davvero la sicurezza delle persone.
Il direttore di Radio Popolare, Alessandro Gilioli:
La profonda scortesia istituzionale del governo per il Primo Maggio
(di Michele Migone)
I sindacati confederali celebreranno il Primo Maggio in piazza a Potenza. La manifestazione sarà dedicata al lavoro e alla Costituzione. Inizierà alle 10.30. Parleranno i leader di Cgil, Cisl e Uil. A quell’ora, a Roma, da 30 minuti sarà cominciato il Consiglio dei Ministri convocato per approvare il Decreto Lavoro. Una sovrapposizione oraria che ha il sapore di una profonda scortesia istituzionale, voluta dal governo per marcare la giornata, tentare di appropriarsi della festa del lavoro con un provvedimento che aumenta il precariato, riduce a una mancia per ogni singolo lavoratore il taglio del cuneo fiscale, e fa piazza pulita del reddito di cittadinanza.
Un decreto che ha già suscitato le proteste dei sindacati e di cui i tre segretari confederali potranno discutere con Giorgia Meloni solo nella serata di domenica, convocati a Palazzo Chigi alle 19.00, a provvedimento, di fatto, già chiuso, pronto per l’approvazione formale del giorno dopo. Nella suo intervento al Congresso della Cgil, Giorgia Meloni era stata chiara, era andata apposta con aria di sfida a dire che il governo sarebbe andato avanti dritto senza ascoltare i sindacati, tanto, aveva specificato, i fischi non le fanno paura. La promessa, di fatto, viene mantenuta nel peggiore dei modi, con modalità che sembrano essere state decise per alimentare la contrapposizione, evidenziare sempre più la volontà di non dialogare da parte del governo.
I dati sempre più drammatici sui naufragi nel Mediterraneo
Che nel Mediterraneo ci siano continui naufragi con stragi di migranti è noto. Eppure non ci si può abituare e gli ultimi dati sono drammatici. L’ultimo report della Guardia costiera tunisina dice in dieci giorni, dal 18 al 27 aprile, sono stati recuperati in mare i corpi di 210 migranti, vittime di diversi naufragi al largo di Sfax, Kerkennah e Mahdia. Le vittime sarebbero tutte originarie di vari paesi dell’Africa subsahariana.
Oggi delle migrazioni è tornato a parlare il Papa in visita a Budapest, capitale dell’Ungheria, dove al potere c’è Orban, uno dei più duri contro i migranti: “È urgente, come Europa, lavorare a vie sicure e legali, a meccanismi condivisi di fronte a una sfida epocale che non si potrà arginare respingendo, ma va accolta per preparare un futuro che, se non sarà insieme, non sarà”.
E a Roma intanto il governo spinge per approvare entro il 2 maggio il cosiddetto decreto Cutro che toglie ancora più diritti ai migranti. Ci saranno nuovi limiti alla protezione speciale e l’esclusione dei richiedenti asilo dal sistema di accoglienza dei comuni.
L’ultimo violento bombardamento russo in Ucraina
Continua a crescere il numero delle vittime civili dell’ultimo violento bombardamento russo. Questa mattina presto Mosca ha colpito diverse città nel centro e nel sud del paese, in una delle stragi più sanguinose dell’ultimo periodo. Mosca dice di aver colpito solo obiettivi militari, ma ad Uman, nell’Ucraina Centrale, i missili russi hanno distrutto un condominio di nove piani. Il numero dei morti è salito a 23, compresi 4 bambini. I soccorritori hanno lavorato tutto il giorno per cercare eventuali sopravvissuti tra le macerie, ma man mano che passa il tempo le speranze sono sempre minori.
Un attacco che arriva mentre il Ministero della Difesa ucraino annuncia di essere pronto alla controffensiva. Da giorni ci sono segnali sempre più evidenti dell’imminenza del contrattacco ucraino, ma Kiev rimane vaga. “Quando ci saranno le condizioni necessarie contrattaccheremo” ha fatto sapere il ministero della difesa.
Oggi intanto il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che permette di assegnare automaticamente la cittadinanza russa a tutti i residenti delle regioni occupate e chiunque lo rifiuterà rischia la deportazione.
Sudan, il prolungamento della tregua non ferma gli scontri
Continuano gli scontri in Sudan nonostante la tregua di 72 ore sia stata prolungata di altri 3 giorni. Il cessate al fuoco è appeso ad un filo, mentre aumentano i timori per un allargamento del conflitto nel Darfur.
(di Martina Stefanoni)
Ancora per tutta la giornata ci sono stati combattimenti per le strade della capitale e bombardamenti. A Khartoum, c’è una crescente carenza di beni di prima necessità. Ai panifici manca la farina e i residenti temono che con il protrarsi degli scontri possa portare ad una vera e propria crisi alimentare. In più dal 15 aprile sono chiuse anche tutte le banche e quindi iniziano a scarseggiare anche i soldi per poter comprare cibo e acqua.
Alla situazione drammatica della capitale, negli ultimi giorni si è aggiunta anche quella del Darfur. Fino a qualche giorno fa era stato toccato solo parzialmente dal conflitto, ma nelle ultime 48 ore le violenze si sono allargate anche nella regione, alimentando il rischio di un’escalation. Oggi anche l’Onu è intervenuta per chiedere la fine delle violenze e ha espresso grande preoccupazione per l’allargamento del conflitto nel Darfur. Le nazioni unite hanno avvertito che le ostilità tra militari e paramilitari hanno già innescato una violenza tra i diversi gruppi etnici, con le milizie arabe che si stanno schierando con i paramilitari e contro i non arabi.
Il timore è che la guerra civile in corso in sudan contagi la regione, generando un effetto a catena potenzialmente devastante. Anche la prospettiva di negoziati sembra sempre più lontana, dopo che poco fa, il generale Burhan che guida l’esercito ha escluso di poter incontrare il leader dei paramilitari, accusandolo di orchestrare una ribellione contro lo Stato.