Approfondimenti

Il valico di Rafah rimane chiuso, lo sciopero degli operai ex Ilva e altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 20 ottobre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Oggi il segretario generale dell’Onu Guterres ha parlato da un valico chiuso, davanti a centinaia di manifestanti egiziani che chiedevano l’apertura di Rafah e l’ingresso dentro la striscia degli aiuti umanitari. Deliveroo e Uber dovranno versare all’Inps i contributi di circa 28mila rider. Mediaset ha sospeso Andrea Giambruno dopo i fuori onda pubblicati da Striscia la notizia. I metalmeccanici dell’ex Ilva sono in sciopero.

Gaza allo stremo, ma gli aiuti non possono arrivare

Hamas ha annunciato di aver liberato due ostaggi, madre e figlia. Si tratta di due cittadine americane. Hamas ha spiegato la decisione dicendo che l’obiettivo è “dimostrare al popolo americano quanto siano errate le affermazioni di Biden e della sua amministrazione” riferendosi al discorso tenuto dal presidente americano in cui ha definito Hamas il male da combattere.
Le due cittadine americane sono state consegnate da Hamas alla Croce rossa e secondo la televisione pubblica israeliana è possibile che che vengano liberate attraverso il valico di Rafah, fra Gaza ed Egitto.
Poco dopo questo annuncio, il presidente Usa Joe Biden ha raggiunto un accordo con Israele ed Egitto per l’apertura del valico di Rafah nelle prossime 24-48 ore, quando arriveranno i primi 12 camion di aiuti a Gaza.
Sentiamo Guido Olimpio, analista militare del corriere della sera

 

L’annuncio dell’apertura del valico, tuttavia, era già stato fatto nei giorni scorsi, e fino a questa mattina si diceva che il giorno dell’apertura sarebbe stato oggi. Così non è stato. Il segretario dell’Onu Antonio Gueterres, che ha visitato oggi il lato egiziano del valico di Rafah, ha detto: “È impossibile essere al valico di Rafah e non avere il cuore a pezzi. Dietro queste mura ci sono due milioni di persone a Gaza senza acqua, cibo, medicine, carburante. Da questa parte, questi camion hanno ciò di cui hanno bisogno. Dobbiamo farli spostare, il prima possibile, quanti sono necessari”.

(di Martina Stefanoni)
Guterres ha parlato da un valico chiuso, davanti a centinaia di manifestanti egiziani che chiedevano l’apertura di Rafah e l’ingresso dentro la striscia degli aiuti umanitari, fondamentali per i due milioni e mezzo di persone che da due settimane non hanno più né acqua, né cibo, né medicinali. Doveva aprire oggi, dopo giorni di negoziati tra Egitto, Israele, Stati Uniti e Onu, e invece la popolazione dovrà aspettare ancora. Guterres ha detto Israele ed Egitto sono d’accordo sul rendere possibili le consegne di aiuti, ma – ha specificato – su questo annuncio ci sono condizioni e restrizioni. I punti spinosi su cui ancora le parti in causa stanno discutendo sono principalmente 4. Innanzitutto la quantità degli aiuti. Israele avrebbe acconsentito all’ingresso di 20 camion, una quantità ridicola davanti alle necessità della popolazione, e non ha acconsentito a ingressi futuri, rendendo quindi questi 20 camion puramente simbolici. La comunità internazionale e l’Onu, invece, vorrebbero che a entrare fossero 100 camion e che entrassero quotidianamente.
La seconda questione riguarda la destinazione degli aiuti. Israele vorrebbe che venissero consegnati solo al sud e non al nord, dove sta verosimilmente preparando l’invasione di terra. Ma migliaia di persone rimangono al nord, con bisogni umanitari enormi.
Poi c’è il tema carburante. Per l’Onu è fondamentale farlo entrare insieme a cibo acqua e medicinali, perché indispensabile per i generatori degli ospedali, ma anche per riavviare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua potabile.
Israele teme che venga utilizzato da Hamas per produrre armi e alimentare i propri veicoli.
L’ultimo punto riguarda gli osservatori internazionali. Israele vuole avere un coinvolgimento diretto sul controllo del carico che entra a Gaza, per garantire che i camion non trasportino armi. La comunità internazionale preme invece per affidare questo compito a personale addestrato delle Nazioni Unite, che viene considerato neutrale.
Israele, poi, deve garantire la sicurezza dell’area di distribuzione di aiuti, cosa che fino ad ora non è avvenuta.

Oggi intanto l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, ha detto che qualsiasi escalation dell’azione militare israeliana a Gaza sarà “catastrofica” per la popolazione. Degli sviluppi militari oggi ha parlato il ministro della difesa israeliano Gallant, che ha presentato un piano in tre fasi: la prima è “un impegno prolungato di fuoco su Gaza con una manovra di terra per l’eliminazione dei membri di Hamas e delle strutture” della fazione. La seconda è “una fase intermedia per eliminare i nidi di resistenza”. La terza invece – secondo Gallant – è “la creazione nella Striscia di una nuova zona cuscinetto.
Su questa ipotesi sentiamo Alissa Pavia, esperta dell’area dell’Atlantic Council

 

Deliveroo e Uber dovranno versare i contributi ai rider

Deliveroo e Uber dovranno versare all’Inps i contributi di circa 28 mila rider. Lo ha stabilito una sentenza del tribunale di Milano.
Ai rider che hanno lavorato per le due piattaforme del food delivery va applicata “la disciplina del lavoro subordinato”, scrive il giudice, non quella dei collaboratori autonomi.
Il periodo dei mancati versamenti va dal 2016 al 2020. La causa era nata dalle stesse società, che avevano impugnato dei verbali dell’ispettorato del lavoro che chiedevano loro proprio di regolarizzare la posizione degli addetti alle consegne.
Deliveroo e Uber erano già state condannate dal tribunale di Milano, nel 2021, in un’indagine più ampia sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori.
Quella di oggi è una sentenza che segna un altro passo nel riconoscimento di diritti e tutele per i rider. Ora l’Inps dovrà calcolare l’esatta quota di contributi dovuti da entrambe le aziende: una prima stima parla di decine di milioni di euro.

Lo sciopero e le manifestazioni degli operi ex Ilva

“Lo Stato decida se sta dalla parte dei lavoratori o se vuole andare avanti con l’eutanasia del più grande gruppo siderurgico italiano”. Sono le parole dei sindacati al termine della manifestazione di oggi a Roma per l’ex Ilva.
Cgil, Cisl e Uil saranno nuovamente convocate a palazzo Chigi entro il 7 novembre per discutere del futuro delle Acciaierie d’Italia. Il governo esclude il rischio chiusura, ma gli operai continuano a denunciare una situazione insostenibile sul piano produttivo, della sicurezza e dell’inquinamento ambientale.

Michele De Palma è segretario generale della Fiom Cgil

Le dichiarazioni di Giorgia Meloni dopo il caso Giambruno

(di Anna Bredice)
Nell’arco di mezza giornata si è consumata la rottura della relazione più clamorosa perché ai vertici di una Istituzione: Giorgia Meloni lascia con un post sui social il compagno, guadagnandosi il like anche di Elon Musk, poche ore dopo Andrea Giambruno è fuori dalla porta, non solo di casa, ma anche di Mediaset dove la definiscono una autosospensione. Un crescendo di esternazioni, gaffe internazionali, dichiarazione colpevolizzanti per le donne, per finire con quelle che appaiono quasi molestie nei confronti delle colleghe in studio. Per Giorgia Meloni una situazione non più sopportabile, resa inaccettabile dagli ultimi video. L’imbarazzo era sempre più forte, solo una volta lo ha difeso durante una conferenza stampa, ma con un disagio evidente. Ora la confessione che da tempo le loro strade si erano divise e nel post un finale un po’ misterioso: a chi voleva indebolirla lei risponde di essere una roccia. Chi? Mediaset, Forza Italia per aver tenuto testa a Berlusconi, quel “non sono ricattabile” riferito magari ad uno scambio tra posti nel governo e promozione del compagno in Tv? Oppure, come dice lo stesso Ricci di Striscia la notizia, “tra poco capirà che le abbiamo fatto un piacere”, ha colto l’occasione con un aiutino della tv per liberarsi da un compagno non più presentabile. Sono solo ipotesi, ciò che è invece evidente è che gli eventi hanno prodotto una grande contraddizione nella sua identità politica, di donna di destra, Dio, Patria e Famiglia, quella tradizionale, non regge più sotto il peso della realtà. E lei con uno scatto, anche di coraggio, ha ribaltato la situazione, presentandosi come la donna che lascia il suo compagno per le umiliazioni subite, esattamente ciò che era accaduto a Berlusconi, ma a parti invertite, prima Presidente del Consiglio a farlo sui social, guadagnandosi il consenso a quanto pare di milioni di donne.

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    Finanza, banche, industria, governo e...cannoni. Il risiko bancario di questi giorni mostra l’attivismo straordinario dei grandi poli del credito e delle assicurazioni in Italia. Mediobanca, Generali, MPS e poi Unicredit e Intesa. Caltagirone e gli eredi di Del Vecchio. Il governo Meloni. Il campo da gioco è il triangolo Milano, Trieste e Roma. Chi comanderà sui miliardi dei “triestini” di Generali? Saranno ancora i “milanesi” di Mediobanca? Oppure saranni i “romani” Caltagirone e Delfin, con l’aiuto del governo Meloni? In questo caso Caltagirone e Delfin potrebbero finire per spartirsi un pezzo delle spoglie di una nuova Mediobanca, senza più le Generali in cassaforte. Manca solo Unicredit e, soprattutto, Intesa per capire se i cambiamenti saranno ancora più profondi. A fronte dell’attivismo bancario c’è poi un mondo industriale bloccato nella sua crisi. La produzione delle industrie italiane sembra non riprendersi più, cala da 25 mesi consecutivi. La politica industriale del governo è non-pervenuta. Unica speranza, le commesse militari, la spesa pubblica per la difesa che sosterrà un pezzo della ripresa dell’industria italiana. Ospiti a Pubblica Gianni Dragoni, giornalista del Fatto Quotidiano, esperto di economia e finanza; e Francesco Garibaldo, ricercatore, collabora con la Fiom Cgil su questioni di politica industriale.

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