Il racconto della giornata di venerdì 19 maggio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30 Alluvione in Emilia Romagna, la protezione civile estende l’allerta rossa anche domani nelle zone più colpite. Intanto è stato recuperato il corpo della quattordicesima vittima. Situazione ancora molto complicata nel Ravennate, dove ci sono ancora novi comuni isolati: cibo e acqua iniziano a scarseggiare tra chi è ancora intrappolato nei piani alte delle case. Mentre centinaia di volontari sono al lavoro per aiutare le popolazioni colpite, il presidente del Senato La Russa strumentalizza la tragedia. Oggi Silvio Berlusconi è stato dimesso dal San Raffaele. A Napoli c’è stato il suicidio di un detenuto, è il sedicesimo dall’inizio dell’anno. Il punto sulla guerra in Ucraina e i condannati a morte in Iran.
Nelle zone più colpite dell’Emilia Romagna l’allerta rossa sarà estesa anche a domani
L’alluvione in Emilia Romagna, la protezione civile ha esteso anche a domani l’allerta rossa nelle zone più colpite. Si prevede che possa tornare a piovere, la preoccupazione per nuove frane riguarda soprattutto le zone montane e collinari per il rischio di nuove frane.
Al momento, sono oltre 15 mila le persone che hanno dovuto lasciare la propria casa, 8 mila quelle ospitate nelle strutture di accoglienza, le altre hanno trovato sistemazioni alternative da amici e parenti.
Nelle zone colpite, si continua a spalare fango tra le case, in Bassa Romagna 9 Comuni sono praticamente isolati e cominciano a esserci problemi di approvvigionamento anche di beni di prima necessità, come cibo e acqua
Nelle immediate vicinanze, a Lugo, abbiamo raccolto la testimonianza di un’abitante, si chiama Chiara
Insieme alla provincia di Forlì-Cesena, quella di Ravenna resta una delle zone più critiche, dove l’accoglienza cerca di offrire sostegno anche ai migranti.
(di Mattia Guastafierro)
Moussa ha 20 anni e viene dal Gambia. È arrivato in Sicilia sei mesi fa, a bordo di un barcone dalla Libia, e da non molto è a Ravenna. Fuori piove, ma addosso ha solo una maglietta a maniche corte e ai piedi un paio di infradito. Nazi invece è fuggito dall’Afghanistan, dopo la presa del potere dei talebani. Di anni ne ha 29. Non parla italiano e a stento l’inglese.
Entrambi si trovano nel centro per sfollati, allestito in una scuola di Ravenna, l’istituto tecnico industriale “Nullo Baldini”. Le loro storie compongono il mosaico delle migliaia di vite, segnate in questi giorni dall’alluvione. Moussa viveva a Villanova, Nazi a Godo, due dei comuni della Bassa Romagna, sommersi dall’acqua. Il loro passato è costellato da ostacoli e momenti drammatici, ma l’acqua così alta – dicono – non l’avevano mai vista. “Si è alzata tanto così”, prova a mimare Nazi, gesticolando e portando la mano alle ginocchia.
Sono una settantina gli stranieri che si sono rifugiati, insieme ai ravennati, in questo hub, uno dei più grandi della città. Persone che, in assenza di una rete familiare, non hanno trovato ospitalità da parenti o amici. Ora che le lezioni sono sospese, le due palestre della scuola sono state riconvertite in un dormitorio. Sotto ai canestri ci sono le brandine. Vicino alle panchine, i tavoli col cibo.
Con la pioggia, oggi a Ravenna si sono abbassate le temperature. I volontari hanno dato agli ospiti calze e maglioni. Nemmeno i funzionari comunali conoscono con precisione le loro storie. Alcuni sono arrivate poche settimane fa con le navi delle ong. “Frutto della strategia dei porti lontani del governo”, dice l’assessore Igor Gallonetto. “Quello che però ora conta – aggiunge -, è aiutarli. Ravenna resta una città aperta”.
Centinaia di volontari nelle ultime ore stanno portando aiuti alle popolazioni alluvionate. Il presidente del Senato Ignazio La Russa è riuscito a suscitare una nuova polemica anche su questo tema, invitando gli attivisti per il clima ad andare a spalare per “fare concretamente qualcosa per l’ambiente”. In quel caso, ha detto La Russa, “sarà mia cura provare a convincere il Senato a ritirare la costituzione di parte civile nei loro confronti”, ricordando le accuse di imbrattamento per Ultima Generazione contro la facciata di Palazzo Madama.
Sentiamo la replica di Michele, un attivista di Ultima generazione, intervistato da Anna Bredice
Le nuove promesse di sanzioni alla Russia e la nube radiottiva che non c’era
Si è concluso ad Hiroshima, in Giappone, il primo giorno del vertice dei G7. I leader hanno promesso nuove sanzioni alla Russia, concentrandosi in particolare sull’export di diamanti e hanno nuovamente chiesto l’immediato ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino. Secondo alcuni funzionari statunitensi, però, ci sarebbe stata anche un’importante apertura da parte di Washington sull’invio di caccia militari a Kiev.
In studio Martina Stefanoni
La notizia è stata diffusa inizialmente dalla Cnn, ma poi rilanciata anche da altri media statunitensi secondo i quali diversi alti funzionari dell’amministrazione Biden, che hanno parlato in forma anonima, avrebbero detto che Joe Biden avrebbe informato oggi i leader del G7 che gli Usa sosterranno uno sforzo congiunto con alleati e partner per addestrare i piloti ucraini su velivoli di quarta generazione, compresi gli F-16. Secondo le fonti dell’amministrazione Usa, poi, la coalizione di Paesi che partecipano a questo sforzo deciderà anche quando fornire effettivamente i jet, quanti ne forniranno e chi li fornirà. Una decisione che arriva dopo diversi giorni di discussione su questo tema in cui alcuni paesi europei tra cui regno unito e olanda avevano fatto pressione su Washington affinché prendesse una decisione in merito. Zelensky – che in queste ore è in Arabia Saudita per incontrare i paesi della Lega Araba prima di raggiungere il Giappone domenica – ha subito commentato la notizia definendola una decisione storica.
Oggi mentre i leader del G7 erano riuniti ad Hiroshima, città simbolo della forza distruttrice delle armi atomiche, un’altra notizia rilanciata da Mosca è circolata per alcune ore: quella di una nube radioattiva in movimento verso l’Europa. Cosa è successo?
Secondo il Consiglio di sicurezza un deposito di munizioni all’uranio impoverito inviate dall’Occidente sarebbe stato distrutto da un bombardamento russo e come conseguenza si sarebbe formata una “nube radioattiva” in movimento verso l’Europa e un aumento dei livelli di radioattività sarebbe stato registrato in polonia. Notizia che si è rivelata poco dopo falsa, frutto della guerra d’informazione combattuta dal Cremlino. Infatti l’agenzia atomica polacca prima e l’Aiea dopo hanno assicurato che nessuna emergenza era in corso, nessuna nube radioattiva e nessun aumento dei livelli di radioattività era stato registrato né in Polonia né nel resto d’Europa.
Chiuse le indagini sulla tragedia del Mottarone
(di Luca Parena)
Due anni per mettere un primo punto fermo. La chiusura delle indagini sulla tragedia del Mottarone conferma la contestazione di reati come omicidio colposo plurimo, disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti, per sei persone e due società. I nomi più in vista sono quelli di cui, in riva al lago Maggiore, si è parlato fin dalle prime ore dopo la strage della funivia sulla montagna di Stresa. Luigi Nerini, il titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini. Tre nomi sempre messi l’uno vicino all’altro, anche se solo il caposervizio, Tadini, già nei primi interrogatori rivelò uno dei passaggi cruciali della vicenda: la decisione di inserire i forchettoni per disattivare il sistema di emergenza. Un malfunzionamento continuava a bloccare l’impianto, si venne a sapere.
Insieme a questa scelta criminale, l’altro grande tema è quello dei mancati controlli. Qui entrano in gioco le possibili responsabilità degli altri indagati, i dirigenti della Leitner, la multinazionale incaricata della manutenzione. Delle centinaia di trefoli d’acciaio che formavano la fune spezzata, due fili su tre erano lesionati da tempo, avevano già chiarito le perizie depositate l’anno scorso dagli esperti della procura e fissate nelle udienze dell’incidente probatorio.
Una vicenda giudiziaria lunga e dolorosa che solo ora comincia ad avviarsi verso la fase processuale. Due anni dopo lo schianto di quella cabina sul fianco del Mottarone, dove rimasero a terra i corpi e le vite di quattordici persone.
In Iran ci sono state tre condanne a morte
In Iran oggi sono state eseguite tre condanne a morte. Majid Kazemi, Saleh Mirhashemi e Saeed Yaghoubi sono stati giudicati colpevoli di coinvolgimento nella morte di tre militari avvenuta durante le proteste di piazza scoppiate a settembre e legate alla morte di Mahsa Amini, la ragazza arrestata con l’accusa di aver violato le norme sul velo. Il regime di Teheran ha represso le manifestazioni con violenza e tra gli strumenti che ha usato per mettere a tacere il dissenso ci sono proprio le esecuzioni. Lo scorso anno nel paese ce ne sono state 582, il 75% in più rispetto al 2021.
Le ultras dell’Armata pirata 161: “Vorremmo essere considerate brutte e cattive e sugli spalti vogliamo farci sentire più degli uomini”
Con l’Armata pirata 161, il nome della curva del Sant’Ambroeus Football Club di Milano, ci si vede sempre tre ore prima di ogni partita, per prepararsi e caricarsi insieme.
C’è chi è voglioso di tifare “il piccione”, come chiamano la nostra squadra per il suo simbolo, ed è puntuale, spesso nonostante la serata precedente, e chi no.
Noi siamo scure, vestite di nero e assonnate, le ultras si piantano sugli spalti e ci passeranno le prossime ore. Iniziano a bere, fumano e parlano, ridono, sono amiche e amici. Alcuni urlano entusiasti e montano le coreografie, gli striscione e “le pezze” (quella dedicata alle Ladies recita: “Ladies against football sexism”). CONTINUA A LEGGERE