Approfondimenti

Israele alle strette davanti al tribunale dell’Aja, la stampa sempre meno libera in Italia e le altre notizie della giornata

Corte penale internazionale dell'Aja

Il racconto della giornata di venerdì 17 maggio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Israele ha tempo poche ore per spiegare alla corte Penale Internazionale quali precauzioni ha preso per la protezione dei civili di Gaza, mentre continuano i bombardamenti sulla Striscia; il rapporto di Media Freedom Rapid Response descrive una situazione in peggioramento per la libertà di stampa in Italia; l’Italia si schiera con i paesi est europei contro l’allargamento delle garanzie per le persone lgbtq; il governo tunisino continua nella sua stretta repressiva.

Israele davanti alla Corte Penale Internazionale

Si è conclusa all’Aja la due giorni di udienze convocata d’urgenza dalla Corte Penale Internazionale su sollecitazione del Sudafrica: il tema è stato soprattutto quello dell’invasione di terra di Rafah, che Johannesbourg chiede di fermare con effetto immediato per le sue pesanti conseguenze sulla popolazione. Oggi è intervenuto il rappresentante nominato da Israele, che ha definito una presa in giro l’accusa di genocidio. L’udienza si è conclusa con l’intervento del giudice tedesco, che ha chiesto a Tel Aviv di spiegare nel dettaglio che tipo di precauzioni sono state prese per proteggere i civili: Israele ha tempo fino a domani pomeriggio per rispondere, dopodiché la Corte potrebbe emettere un ordine urgente già i primi giorni della prossima settimana. Chantal Meloni, docente di diritto penale internazionale alla statale di Milano.

Durante tutta la due giorni di udienze i bombardamenti sulla Striscia e i combattimenti di terra a Rafah e a Jabalia sono proseguiti senza sosta. Anche Gaza City nel nord è stata teatro di scontri, molti palazzi residenziali sono stati demoliti. L’esercito di Tel Aviv ha invece comunicato di avere recuperato i corpi di 3 ostaggi: sarebbero stati uccisi già il 7 ottobre e i corpi senza vita portati poi nella Striscia. Oggi sono arrivati a Gaza i primi aiuti per la popolazione dopo molti giorni: o meglio sono arrivati al molo allestito dagli Stati Uniti al largo della costa. Non è però chiaro come e dove saranno distribuiti. Paolo Pezzati è il portavoce di Oxfam.

 

La libertà di stampa in Italia è sempre meno garantita

(di Anna Bredice)

Quarantanove casi di allerta, minacce fisiche, aggressioni verbali, querele temerarie, azioni legale, tutto questo solo nei primi mesi del 2024. È la denuncia che i membri del Media Freedom Rapid Response hanno fatto al termine di due giorni di incontri, o forse è meglio dire di mancati incontri con il governo e i partiti della maggioranza, per valutare la situazione della libertà di stampa in Italia. La missione urgente dei membri del consorzio europeo conferma una situazione piuttosto allarmante: sono aumentate le querele temerarie nei confronti dei giornalisti, azioni legali intentate per intimidire, per indebolire il giornalista pressato dal timore di una denuncia che al momento in Italia prevede ancora il carcere nonostante l’Europa chieda di eliminare la pena detentiva. Il maggior numero di querele si contano a Roma, è la prova del forte controllo della politica sui giornali, ma i componenti della missione hanno trovato le porte chiuse del governo e della maggioranza e questo già sembra rendere evidente l’atteggiamento di disinteresse di Palazzo Chigi rispetto ai problemi dell’informazione. Anzi, le difficoltà arrivano proprio da lì, da un sistema di autocensura che hanno riscontato nella televisione pubblica, e il caso di Scurati, il monologo che il responsabile intrattenimento della Rai ha bloccato, lo ha reso pubblico. C’è poi il caso delle mani della destra e l’aperto conflitto di interesse per la seconda agenzia di stampa italiana, l’Agi che il senatore della Lega Angelucci mira ad acquistare. Infine, il mancato avvio in Italia del Media Freedom Act che prevede la nomina del Cda della televisione pubblica attraverso criteri di trasparenza, slegati dalla politica e invece il prossimo Cda che verrà nominato a breve sarà ancora scelto con le regole date dalla riforma Renzi. I membri del consorzio hanno partecipato anche ad un sit in dell’Usigrai che si è svolto ieri, mentre in serata i giornalisti del Unirai, il sindacato di destra si sono ritrovati ad una festa dove si sono sentite frasi, a proposito del Tg1, come: “siamo la rete del Papa, la vogliamo difendere o no la nostra religione?”. 

Omotransfobia: Italia retroguardia d’Europa

L’Italia non ha firmato la dichiarazione dell’Unione Europea per la promozione di politiche di tolleranza. Insieme al nostro Paese, si oppongono gli stati dell’est Europa. Secondo quanto previsto dal testo gli Stati firmatari “si impegnano in particolare ad attuare strategie nazionali per le persone Lgbq e a sostenere la nomina di un nuovo Commissario per l’uguaglianza quando sarà formata la prossima Commissione”. Il ministero della famiglia ha fatto sapere di non aver firmato il testo perché “troppo simile alla legge Zan”, bocciata dalla maggioranza quando fu presentata dal deputato Pd. Tutto questo nella giornata contro l’omotransfobia, celebrata oggi nel nostro Paese dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha parlato degli episodi di omofobia nel nostro Paese come di brutalità a cui opporsi. Anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni oggi è intervenuta sulla questione: “Il governo è in prima linea in questa battaglia”, ha detto. Gabriele Piazzoni è il segretario generale di Arcigay nazionale…

La repressione del governo tunisino colpisce anche i cooperanti

In Tunisia l’ex direttrice di una ong che si occupa di assistere i migranti in transito nel Paese è stata arrestata. Ieri le autorità tunisine avevano dato notizia dell’arresto di un altro attivista per alcune sue pubblicazioni sui social. Nel mirino della repressione del governo di Kais Sayed non ci sono solo gli attivisti ma anche i giornalisti e gli stessi migranti: il Tribunale di Sousse ha condannato 50 persone provenienti da vari Paesi dell’Africa subsahariana a otto mesi di reclusione, per “attraversamento illegale delle frontiere e soggiorno illegale nel territorio”. In relazione a questo vero e proprio giro di vite Amnesty International chiede a Italia e Unione Europea di rivedere gli accordi in essere con la Tunisia in materia di contrasto all’immigrazione. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

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    Dopo 18 ore di fermo, Ayoub è libero. A Milano il presidio solidale

    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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    Esteri di venerdì 18/04/2025

    1) L’incubo di Gaza visto con gli occhi di una 23enne. In esteri la testimonianza da Deir el Balah: “Mi manca ballare e ridere con le amiche”. (Aya Ashour) 2) Washington potrebbe abbandonare gli sforzi per la pace in Ucraina. Marco Rubio da Parigi lancia un avvertimento che lascia più domande che risposte. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti. Harvard dice no a Trump, lui congela i fondi. Lo scontro del presidente con le università americane è sempre più pericoloso. (Roberto Festa) 4) Un posto sicuro per la scienza. L’università di Marsiglia offre asilo accademico ai ricercatori in fuga dagli Stati Uniti. Quasi 300 fanno domanda in un mese. (Francesco Giorgini) 5) Messico, mentre il governo nega la responsabilità dello stato nelle sparizioni forzate, nel week end le famiglie dei desaparecidos si preparano alle giornate nazionali di ricerca delle persone scomparse. (Andrea Cegna) 6) Mondialità. La vittoria schiacciante di Daniel Noboa e la sconfitta del “Correismo” in Ecuador conferma i cambiamenti politici in corso in America Latina. (Alfredo Somoza)

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    Referendums

    quando invitiamo ad andare a esprimere il proprio sacrosanto voto alle consultazioni referendarie di giugno, poi la tiriamo per le lunghe con il ricco Antonio e infine ci occupiamo di odonomastica con la sezione reggiana delle Resistenze in Cirenaica

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