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Lutto cittadino a Venezia, Giorgia Meloni grida al successo per l’accordo sui migranti in Europa e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di mercoledì 4 ottobre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A 24 ore dalla caduta del bus precipitato da un cavalcavia a Mestre, si indaga per capire cosa l’abbia causata, portando alle morte di 21 persone. Meloni e il governo italiano, tra un’intimidazione a un magistrato e l’altra in casa propria, hanno portato a casa da Bruxelles lo scalpo dell’emendamento sulle Ong. L’Istat da un’altra brutta notizia per l’economia italiana e per il governo: confermato il calo dello 0,4% nel secondo trimestre.

Tre giorni di lutto cittadino a Venezia

A 24 ore dalla caduta del bus precipitato da un cavalcavia a Mestre, si indaga per capire cosa l’abbia causata, portando alle morte di 21 persone. La procura ha aperto un’inchiesta per omicidio stradale plurimo, al momento senza persone indagate. L’ipotesi principale sul perché il mezzo abbia sbandato è quella di un malore dell’autista, ma al momento è appunto solo un’ipotesi. L’altra questione al centro dell’attenzione è il tipo di guardrail sfondato dal bus, con le sue condizioni di manutenzione. Le immagini del punto in cui è avvenuto il disastro mostrano una barriera arrugginita e che sembra inadeguata in modo piuttosto evidente. Domenico Musicco è presidente di Avisl, Associazione vittime della strada.

 

L’assessore alla mobilità di Venezia ha detto che il cavalcavia è “un’opera dello Stato trasferita al Comune oltre 10 anni fa. Io come l’ho ereditato nel 2016 l’ho messo in monitoraggio immediato, fatti i progetti, però il sindaco ha dovuto trovare dei fondi. Da alcuni giorni sono iniziati i lavori di rinforzo dei piloni ed è previsto di rifare anche il guardrail” ha aggiunto l’assessore. Dal governo il ministro dei trasporti Salvini si è spinto a dire “non è un problema di guardrail” e ha usato quello che è successo per proseguire la sua crociata contro i mezzi elettrici, come era quello caduto a Mestre: “Qualcuno mi dice che le batterie elettriche prendono fuoco più velocemente, e in un momento in cui si dice che tutto dev’essere elettrico è il caso di fare una riflessione” ha dichiarato il capo della Lega. Andrea Malan è corrispondente per l’Italia di Automotive News Europe.

 

Il servizio di Luigi Ambrosio:
Approfittare di una tragedia per fare propaganda. Chi poteva riuscirci? Salvini, naturalmente.
Le lamiere dell’autobus caduto dal cavalcavia a Mestre erano state appena rimosse -ricordiamo che ci sono 21 morti e numerosi feriti gravi- e Salvini ha subito escluso un problema al guardrail del cavalcavia, così, senza aspettare l’inchiesta. E ha buttato lì il sospetto sulle batterie del motore elettrico. E’ gravissimo che uno che fa il ministro dei Trasporti parli così. C’è il rischio di condizionare l’inchiesta che deve stabilire cause e responsabilità. Anche, eventualmente, politiche.
La gestione del cavalcavia e annesso guardrail è del Comune -dove oggi governa la destra- da una decina di anni, insieme ad Anas, cioè lo Stato, e a Concessioni Autostradali Venete.
Ma Salvini non si è fermato qui. Ne ha approfittato per attaccare la tecnologia elettrica:
“mi hanno detto che le batterie prendono fuoco più velocemente di altre forme di alimentazione e in un momento in cui si dice che tutto deve essere elettrico uno spunto di riflessione è il caso di farlo”.
Gli hanno detto, chi? E che senso ha proporre un sospetto del genere?
Sospetto per sospetto, viene il sospetto che Salvini voglia cavalcare la propaganda contro la transizione dal fossile all’elettrico. In una frase, due mosse: vellicare quella parte non piccola di elettorato restia a ogni cambiamento, compreso quello delle tecnologie in chiave ambientale. Determinare sospetti nel momento dell’inchiesta.
Missione compiuta. Firmato: Salvini

 

Accordo in Europa sui migranti, Giorgia Meloni grida al successo

(di Diana Santini)
E così Meloni e il governo italiano, tra un’intimidazione a un magistrato e l’altra in casa propria, hanno portato a casa da Bruxelles lo scalpo dell’emendamento sulle Ong. Dal testo sparisce l’esclusione delle navi umanitarie dai fattori di strumentalizzazione dell’immigrazione che permetteranno ai paesi di agire in deroga rispetto agli standard di rispetto dei diritti umani fissati in tempi ordinari e di chiedere i ricollocamenti obbligatori. Sul piano ideologico è sicuramente un risultato, per chi considera le Ong dei taxi del mare colluse coi trafficanti. Sul piano concreto invece, ma su questo il governo fa meno pubblicità, lo è molto meno: i migranti portati in Italia dalle navi umanitarie sono una percentuale minima ed è molto difficile che il consiglio approvi a maggioranza, così come previsto dalle nuove regole, una strumentalizzazione a opera di un soggetto, le Ong, che incide in modo così marginale sul fenomeno. Per il resto, dietro il braccio di ferro con la Germania degli ultimi giorni, per l’Italia nel patto non c’è sostanzialmente nulla. Non c’è l’avvio di una discussione sulla missione navale europea, sembra non esserci lo (scandaloso ma richiesto a gran voce da Roma) respingimento nei paesi di transito: sarebbe questa la contropartita chiesta dalla Germania per il ritiro dell’emendamento sulle Ong. I ricollocamenti saranno obbligatori, ma se un stato non vorrà prendere i migranti potrà compensare l’Italia e gli altri paesi di arrivo con ventimila euro. Soprattutto non c’è, e non ci sarà nemmeno dopo il complesso iter di approvazione e modifiche che inizia ora, la revisione del trattato sui paesi di primo arrivo, le cui maglie diventeranno se possibile ancora più strette. Il dinosauro di Dublino insomma, vive e lotta. E con esso tutta la strategia europea fatta di muri, respingimenti, rimpatri.
Il governo ricorrerà in Cassazione contro l’ordinanza della giudice di Catania che ha revocato il trattenimento nel Cpr di Pozzallo di quattro migranti tunisini. Lo ha detto alla Camera il ministro Nordio, rispondendo al question time. Nordio ha detto di essere, sul punto, in piena sintonia con la presidente del consiglio. Meloni si era detta basita della decisione del tribunale di Catania che ha scarcerato i 4.
Il deputato di Più europa Riccardo Magi, che aveva presentato l’interrogazione, al microfono di Anna Bredice si dice insoddisfatto della risposta del ministro.

 

Dubbi sui mercati sulla sostenibilità del debito italiano

(di Massimo Alberti)
L’Istat da un’altra brutta notizia per l’economia italiana e per il governo: confermato il calo dello 0,4% nel secondo trimestre, e riviste al ribasso le stime del PIL nel terzo trimestre. Mentre sui mercati continuano i dubbi di sostenibilità del debito italiano col rendimento dei btp decennali ai massimi storici.
Intanto cala ancora il potere d’acquisto delle famiglie italiane, e si da fondo ai risparmi per fare la spesa.
Si complica ancora il quadro economico dell’Italia, che getta un’ombra pesante sui conti appena approvati dal governo nella Nadef. L’Istat ha confermato la recessione nel secondo trimestre, col Pil in calo dello 0,4%. Ed ha rivisto al ribasso il rimbalzo nel terzo trimestre, che porterà l’Italia, secondo l’istituto di statistica, a chiudere l’anno a più 0,7%, più basso di quanto stimato nella Nadef. L’ottimismo nei numeri del governo, insieme al deficit programmato che si userà per la manovra, continuano a generare tensioni attorno al debito italiano sui mercati. Non è tanto lo Spread, che continua ad ondeggiare vicino ai 200 punti,quanto i BTP decennali che hanno toccato il rendimento record al 5%, segno di una scarsa fiducia sulla sostenibilità del debito italiano: se ne compro un pezzo che mi devi rimborsare tra 10 anni sto rischiando molto e ti chiedo più interessi. C’è certo un tema di speculazione, per quanto per ora siamo ancora ai campanelli d’allarme, ma c’è anche un tema che riguarda la manovra.
Il governo infatti investirà i circa 16miliardi in deficit per un’una tantum, il taglio del cuneo fiscale, che indebolisce la fiscalità generale e non è compensato da maggiori entrate. Vista da una prospettiva opposta, non taglia abbastanza il debito e quindi spesa. Da qualsiasi prospettiva economica la si veda, i conti sono assai fragili, considerata anche la stima generosa sul Pil per l’anno prossimo. Il tutto a fronte di una difficoltà che rimane alta per le famiglie: calano reddito disponibile e potere di acquisto, a fronte di un leggero aumento dei consumi. Come è possibile? Col calo della propensione al risparmio. 20Miliardi di risparmi secondo confcommercio, usati per fare la spesa e compensare la perdita di reddito e l’aumento dei prezzi.

Ucraina, il terremoto al Congresso potrebbe cambiare il supporto a Kiev

(di Roberto Festa)
L’intelligence militare ucraina ha rivendicato uno sbarco di forze speciali in Crimea, che si sono ritirate dopo aver compiuto la loro missione. Durante l’operazione vi è stato uno scontro a fuoco nel quale sono rimasti uccisi sia russi che ucraini, ha detto un rappresentante dell’intelligence militare sottolineando che le maggiori perdite sono fra i soldati nemici. Dello sbarco avevano parlato in precedenza anche i servizi russi dell’Fsb, affermando che è stato respinto e un “sabotatore ucraino” è stato catturato. Oggi Zelenski ha detto: “Sono convinto che il sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa continuerà”. E poi, guardando a Washington: “Gli Stati Uniti forniscono sostegno in questi tempi difficili, e anche se diverse opinioni sono state espresse, la maggior parte sostiene l’Ucraina e sono convinto che avremo sostegno anche nel futuro” Ma la clamorosa sfiducia allo speaker repubblicano del Congresso Mc Carthy è un segnale che va letto anche in relazione al sostegno a Kiev.

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    Finanza, banche, industria, governo e...cannoni. Il risiko bancario di questi giorni mostra l’attivismo straordinario dei grandi poli del credito e delle assicurazioni in Italia. Mediobanca, Generali, MPS e poi Unicredit e Intesa. Caltagirone e gli eredi di Del Vecchio. Il governo Meloni. Il campo da gioco è il triangolo Milano, Trieste e Roma. Chi comanderà sui miliardi dei “triestini” di Generali? Saranno ancora i “milanesi” di Mediobanca? Oppure saranni i “romani” Caltagirone e Delfin, con l’aiuto del governo Meloni? In questo caso Caltagirone e Delfin potrebbero finire per spartirsi un pezzo delle spoglie di una nuova Mediobanca, senza più le Generali in cassaforte. Manca solo Unicredit e, soprattutto, Intesa per capire se i cambiamenti saranno ancora più profondi. A fronte dell’attivismo bancario c’è poi un mondo industriale bloccato nella sua crisi. La produzione delle industrie italiane sembra non riprendersi più, cala da 25 mesi consecutivi. La politica industriale del governo è non-pervenuta. Unica speranza, le commesse militari, la spesa pubblica per la difesa che sosterrà un pezzo della ripresa dell’industria italiana. Ospiti a Pubblica Gianni Dragoni, giornalista del Fatto Quotidiano, esperto di economia e finanza; e Francesco Garibaldo, ricercatore, collabora con la Fiom Cgil su questioni di politica industriale.

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