Il racconto della giornata di mercoledì 3 maggio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Due morti e un disperso, oltre 400 persone evacuate e altre 5mila che rischiano nelle prossime ore di dover lasciare le loro case: sono le conseguenze del violento nubifragio che si è abbattuto tra ieri sera e questa mattina sull’Emilia Romagna. È atteso per domani il voto definitivo sul decreto migranti, il provvedimento che ridimensiona la protezione speciale ed esclude i richiedenti asilo dal sistema di accoglienza. Questa mattina la più grande operazione mai realizzata contro la mafia calabrese ha portato a decine di arresti e di perquisizioni in otto paesi europei, Italia compresa. Un presunto sventato attacco con due droni contro il Cremlino potrebbe segnare un punto di snodo nella guerra in Ucraina. La Commissione Europea, intanto, ha presentato il piano per trasformare l’economia del continente in un’economia di guerra.
Le conseguenze del violento nubifragio in Emilia Romagna
Due morti e un disperso. Oltre 400 persone evacuate e altre 5mila che rischiano nelle prossime ore di dover lasciare le loro case. Sono le conseguenze del violento nubifragio che si è abbattuto tra ieri sera e questa mattina sull’Emilia Romagna. Le zone più colpite sono state la provincia di Bologna e quella di Ravenna. A Faenza, dove è esondato il fiume Lamone, sono ancora in corso le operazioni di soccorso di diverse persone rimaste isolate nelle loro abitazioni. I danni sono ingenti, ancora difficilmente calcolabili, ha dichiarato il presidente della Regione Bonaccini che domani chiederà al Governo lo stato d’emergenza. Da qualche ora ha smesso di piovere e lentamente il livello dei fiumi si sta abbassando, ma anche per domani l’allerta rimane massima in quasi tutta le regione. Da Bologna il nostro collaboratore Riccardo Tagliati:
I fenomeni climatici estremi come piogge torrenziali o lunghi periodi di siccità sono ormai sempre più frequenti anche nel nostro paese. Su questo ascoltiamo Serena Giacomin, climatologa e meteorologa per il centro Meteo Expert e presidente dell’Italian Climate Network:
Le ipotesi sul presunto sventato attacco con droni al Cremlino
(di Emanuele Valenti)
Ci sono stati alcuni punti di passaggio importanti nella guerra in Ucraina. Punti di snodo che hanno segnato un prima e un dopo. Quello che è successo la notte scorsa potrebbe essere uno di quelli. Non tanto per il fatto in sé – un presunto sventato attacco con due droni contro il Cremlino – ma per le conseguenze che questo potrebbe avere.
Partiamo dai fatti.
In tarda mattinata la Russia ha accusato l’Ucraina di un’azione terroristica con la quale avrebbe tentato di uccidere Putin. Due droni sarebbero stati intercettati e distrutti quando si trovavano sopra il Cremlino. In rete sono circolati dei video, non ufficiali. In uno si vede un piccolo oggetto colpito da un’esplosione, in un altro una colonna di fumo che si alza dal palazzo presidenziale.
Nel suo comunicato ufficiale il Cremlino precisa che Putin stia bene e che oggi non abbia modificato la sua agenda e abbia lavorato fuori Mosca. Ma appunto, ufficialmente i russi hanno parlato di un’azione terroristica, e di conseguenza hanno aggiunto che ora hanno tutto il diritto di rispondere con una rappresaglia, come e quando la riterranno opportuna.
L’Ucraina ha negato ogni coinvolgimento. “Non attacchiamo Mosca, combattiamo nel nostro territorio”, ha detto Zelensky durante una rara visita all’estero, a Helsinki. Il suo consigliere, Podolyak, ha parlato di un pretesto per un attacco terroristico russo su larga scala.
In Russia però i falchi hanno subito alzato la voce. Il presidente della Duma, Volodin, ha detto che Mosca “ha le armi per fermare e distruggere il regime ucraino”. Altri hanno aggiunto che i russi possano tranquillamente colpire in profondità i bunker di Kyiv.
Margarita Simonyan, responsabile della TV di stato Russia Today, è stata ancora più esplicita: “Forse adesso si comincerà a fare sul serio”. Come dire, gli ucraini non hanno ancora visto quello di cui siamo capaci.
“Non sappiamo, non possiamo confermare quanto dicono i russi e siamo abituati a non fidarci di quello che arriva dal Cremlino”, è stato invece il commento del segretario di stato americano Blinken.
Non è la prima volta che la Russia accusi l’Ucraina per attacchi con droni. Kyiv non ha mai rivendicato. Ma è la prima volta che si parla di un attacco al cuore dello stato russo.
Probabilmente per molto tempo non sapremo cosa sia realmente successo. Le ipotesi sono sostanzialmente tre.
La prima. Si è trattato sul serio di un attacco ucraino, non tanto per uccidere Putin ma piuttosto per dimostrare che a Mosca nessuno sia al sicuro. Il presidente passa molto poco tempo al Cremlino e quando c’è risiede ovviamente in locali super-protetti, a prova di bombardamento.
La seconda. Si è trattata di un’azione organizzata dagli stessi russi per avere il pretesto di un grosso attacco contro l’Ucraina. In questi giorni i servizi russi hanno anche detto di aver sventato un complotto per uccidere i leader locali in Crimea. Ma l’auto-attacco mostrerebbe la fragilità delle difese russe. Come è possibile che un drone arrivi fin sopra il Cremlino?
La terza ipotesi. Un attacco da parte di sabotatori interni, collegati o non collegati agli ucraini. In queste settimane ci sono stati diversi sabotaggi.
Qualunque sia la risposta giusta – e sicuramente ci sono anche altre ipotesi – la domanda è quale sarà, se ci sarà, la risposta russa. Quella che in queste ore auspicano i falchi a Mosca. Oltretutto alla vigilia di una possibile contro-offensiva ucraina sul campo.
Tutti in aula a destra per il decreto migranti
(di Anna Bredice)
Chat attivissime nei gruppi di maggioranza per non replicare la figuraccia dell’ultimo voto sullo scostamento di bilancio, oggi a Montecitorio c’erano tutti a destra per votare la fiducia al decreto migranti. Domani il voto definitivo e il provvedimento che ridimensiona la protezione speciale ed esclude i richiedenti asilo dal sistema di accoglienza sarà legge. Contro questa legge si organizzano diverse iniziative e le associazioni come la Caritas, il volontariato, il terzo settore denunciano una strategia del governo: il decreto sul lavoro, che toglie per molti il reddito di cittadinanza, e quello sui migranti, amplieranno quella fascia di popolazione con maggiore disagio. Da un lato si alimenta l’immigrazione irregolare, dall’altra aumenterà la povertà. I partiti si organizzano soprattutto contro il decreto lavoro, che Elly Schlein chiama decreto ricattabilità, ma per ora ognuno per conto proprio, non ci sono iniziative comuni dell’opposizione. La prima a muoversi al momento è stata la segretaria del Pd, che oggi ha partecipato ad una iniziativa della Cgil a Firenze, nel tempio del renzismo, dove è nato il Jobs Act che ora il nuovo corso del Partito Democratico combatte. Alla Leopolda Schlein e il segretario della Cgil Landini hanno annunciato iniziative comuni contro il decreto. Si tratta per ora della partecipazione del partito alle prossime tre manifestazioni dei sindacati. Elly Schlein sa bene che su alcuni temi legati al lavoro ci sono ancora resistenze, il primo bonus che Meloni in parte ha copiato fu fatto dall’ex segretario del Pd Renzi, il reddito di cittadinanza durante il governo Draghi non fu difeso ad oltranza come fece invece Conte, il quale in questo momento sembra più in difficoltà. Ha annunciato una iniziativa per giugno, ma sembra un tempo piuttosto lontano rispetto agli eventi di oggi.
Il piano europeo per aumentare la produzione di armi
(di Diana Santini)
Per fugare qualsiasi dubbio sull’urgenza con cui la Commissione Europea intende realizzare il suo piano di trasformazione dell’economia del continente in un’economia di guerra, non poteva essere scelto un acronimo più efficace: Asap, che sta sì per “azioni a sostegno della produzione di munizioni”, ma evoca anche la formula as soon as possibile, il prima possibile. Il piano, presentato oggi dal Commissario europeo per l’Industria Breton, mobiliterà in tutto un miliardo di euro e ha l’ambizione di arrivare a produrre un milione di pezzi di munizioni l’anno in Europa nell’arco di dodici mesi, o comunque as soon as possible. Obiettivo: rispondere alle crescenti richieste ucraine in questo senso e al contempo rimpolpare gli arsenali europei assottigliati da 14 mesi di guerra e forniture a Kiev. Il bilancio comunitario contribuirà con circa la metà della cifra, 500 milioni. Il resto sarà cofinanziato dai paesi membri in cooperazione con le aziende del settore: per farlo potranno attingere anche dai fondi dei PNRR, con buona pace dei progetti per la mobilità dolce e l’istruzione. Anche questo è resilienza, ha spiegato Breton, adattare i sistemi produttivi al contesto bellico. Spingendosi, in questo spirito di adattamento ai tempi che corrono, ancora un po’ più in là: alle aziende sarà infatti consentito di operare in deroga alle attuali norme sul lavoro per quanto riguarda turni e ritmi di produzione: la parola magica è ciclo continuo. La Commissione si riserva anche il potere, se almeno tre stati membri lo richiedono, di obbligare un produttore di armi ad accettare o dare priorità agli ordini ritenuti strategici. Ora si attende la ratifica da parte di Parlamento e Consiglio: e per dare una misura, un’altra, dello scenario a cui a Bruxelles ci si sta abituando, o preparando, insieme al piano è stato presentato anche un programma per rafforzare reti ferroviarie e di mobilità a fini militari e facilitare così lo spostamento di armi e truppe sul continente europeo.
La più grande operazione mai realizzata contro la mafia calabrese
“L’operazione europea contro la ‘ndrangheta ha portato questa mattina a circa 150 perquisizioni in otto Paesi europei. È la più grande operazione mai realizzata contro la mafia calabrese in Europa”: così i portavoce della procura federale belga hanno commentato la maxi operazione scattata oggi in diversi paesi europei e coordinata da Eurojust e le procure antimafia di diversi paesi, tra cui l’Italia.
“Più di mille poliziotti sono stati coinvolti nelle perquisizioni questa mattina in Germania e tremila in Italia”, spiegano i portavoce, indicando che l’operazione ha toccato anche “Spagna, Portogallo, Francia, Romania e Slovenia”.
108 gli arresti in Italia contro le cosche della Locride. Gli arresti in Belgio sono stati tredici. In Germania 30. E poi, ancora, tra la Calabria, il Portogallo e Roma i sequestri, per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro. L’operazione ha colpito in particolare le cosche Nirta-Strangio di San Luca e Morabito di Africo.