Il racconto della giornata di mercoledì 24 maggio 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A Milano, quattro vigili hanno aggredito una donna transessuale indifesa. Chi sono i nuovi vertici della Rai nominati dal governo di Giorgia Meloni? I gruppi responsabili delle incursioni nella zona di Belgorod minacciano nuove operazioni. Nel Mediterraneo la nave Life Support di Emergency sta andando a soccorrere un gruppo di circa 500 migranti. A San Paolo in Brasile, decine di manifestanti si sono radunati davanti al Consolato di Spagna, per manifestare solidarietà all’attaccante del Real Madird Vinicius Junior, e protestare contro gli attacchi razzisti subiti durante la partita con il Valencia.
Milano, quattro agenti colpiscono una donna con calci, manganellate e spray al peperoncino
(di Alessandro Principe)
“Ma cosa fanno, ma sono pazzi’”, dice una ragazza, forse una studentessa dal balcone. E riprende con il telefonino. Quello che si vede è una donna – poi si saprà che è una transessuale brasiliana – seduta a terra sul marciapiede, ferma, con la testa tra le mani. E quattro agenti della polizia municipale che la picchiano. Uno le è davanti, uno la tiene per il collo, un altro le dà due manganellate, una dopo l’altra tra il collo e la spalla destra. Un altro avanza e le spruzza spray urticante negli occhi. La donna si porta le mani agli occhi. Un terzo agente le sferra una manganellata sul fianco destro. A quel punto lei è a terra rannicchiata tenta di parare i colpi. Si risiede, dice qualcosa che non si sente nel video. Altra manganellata questa volta in fronte. A questo punto lei sembra stordita. Di nuovo a terra. Quasi immobile. Un calcio sulle gambe. Ora le sono addosso in quattro. Uno degli agenti le è sopra, le tiene un ginocchio sulla schiena. La sollevano di peso e la portano via. Il video finisce. La versione di un sindacato della polizia locale, il SulPl è che l’intervento sia stato sollecitato dai genitori di alcuni bambini che andavano a scuola. La donna sarebbe stata alterata e avrebbe dato in escandescenze. Il sindacato afferma anche che avrebbe fatto resistenza e cercato di aggredire gli agenti. Quello che si vede nel video è un momento diverso: la donna è ferma, a terra, con nulla in mano, e lì viene raggiunta dalle manganellate. Il pm della procura di Milano Tiziana Siciliano e il Procuratore Marcello Viola hanno chiesto una relazione sull’accaduto.
Il sindaco di Milano Sala ha detto che: “si tratta di un fatto grave”. Però – ha aggiunto – per potere formalmente intervenire è necessario che la polizia locale faccia una relazione. Nel frattempo i vigili in questione sono stati messi in servizi interni”.
Ridateci i cari vecchi ghisa
(di Alessandro Braga)
Al netto di quello che è successo prima, al netto delle pseudo-giustificazioni sul comportamento degli agenti che da più parti sono già arrivate e arriveranno, al netto del lavoro giudiziario che i magistrati faranno per verificare l’esatta dinamica di quanto accaduto, ci sono alcune parole che possono descrivere al meglio la vicenda: inumana, innanzitutto. Incivile. E ancora, disgustosa. Quattro agenti contro una sola persona: inerme, con le mani alzate in segno di resa. Già accecata con lo spray al peperoncino. Già presa a manganellate sul cranio. Già sdraiata a terra in posizione fetale, per provare a parare i colpi di stivale, in pancia, sulla testa, che stava ricevendo. Non c’è proporzione alcuna tra quello che avrebbe fatto prima (tentare di scappare da un fermo, prendere a calci gli agenti che avevano provato a immobilizzarla) e la reazione degli agenti stessi. Aggressivi, minacciosi, prepotenti. È l’arroganza del potere quella che hanno messo in mostra. È il modello sceriffo americano dei film western. È il frutto di una politica che ha declinato il tema della sicurezza solo nell’accezione del securitarismo, fatto di ronde, controlli e, alla fine, violenza. È così da tempo, è stato un cambio sostanziale oltre che formale. Da quando i vigili urbani sono diventati agenti di polizia locale, assumendo atteggiamenti polizieschi e dimenticando l’urbanità del ruolo. Ridateci i cari vecchi ghisa.
I neofascisti si prendono i vertici dell’informazione
(di Anna Bredice)
Certo, la Rai è il boccone più grande, la preda più ambita perché serve alla destra a conquistare la loro agognata egemonia culturale, più di quanto si faccia già anche senza le nomine, in una sorta di allineamento automatico al potere. E ce la stanno facendo, i nomi di oggi sono il risultato di una spartizione di potere fatta fuori dalle stanze del Cda e con Fratelli d’Italia che si prende la fetta più grossa, i cinque stelle ottengono parecchio, forse più della Lega, il Pd mantiene la guida del Tg3. La Rai è potere, lo è sempre stato, per Giorgia Meloni ancora di più, perché la destra da cui proviene non è mai arrivata così in alto. Al Tg 1 Gianmarco Chiocci, fedelissimo della premier, convintamente di destra, dalla parte dei poliziotti picchiatori al G8, il vice del talk show in quota Fratelli d’Italia ora ne diventa il capo, Angelo Melloni, organico alla destra diventa responsabile dell’intrattenimento e così altri ancora. Ma nei quasi otto mesi di governo Giorgia Meloni è riuscita a mettere suoi uomini o donne al centro del potere, in posti chiave. Chiara Colosimo ha condiviso negli ultimi 15 anni la sezione del partito alla Garbatella con l’attuale premier, nel 2010 Colosimo venne fotografata con l’immagine alle sue spalle del leader di un movimento antisemita. Più di recente venne la fotografia con l’ex Nar Ciavardini che non le ha precluso la guida della commissione antimafia. Nel passaggio tra la nuova giunta di destra nel Lazio e ministeri in mano a Fratelli di Italia anche alcune persone che hanno frequentato Marco Carminati, ex Nar, poi protagonista dell’inchiesta Mondo di mezzo. Per ognuno un posto, al sole o più in ombra: al sole Donzelli e Dal Mastro, fedelissimi di Meloni, che hanno gestito nel modo che si sa, con dossier riservati, la vicenda Cospito, per non parlare del cognato Lollobrigida, che nemmeno le parole di Mattarella riescono a fermarlo nelle sue convinzioni sulla razza e l’etnia Per finire alla coppia Montaruli-Roccella, quest’ultima nel ruolo preciso di togliere diritti alle coppie omogenitoriali per santificare le famiglie tradizionali, l’altra che le ha fatto da guardia scagliandosi contro il presidente del salone del libro di Torino, Lagioia.
Cosa ci dice l’incursione nella zona russa di Belgorod dei giorni scorsi?
(di Emanuele Valenti)
L’incursione nella zona russa di Belgorod dei giorni scorsi ci dice diverse cose.
Per esempio che lo stato russo non è in grado di controllare tutto il suo territorio e tutti i suoi confini. Prigozhin, il leader dei Wagner, ha addirittura ammonito il potere sul rischio di una rivoluzione.
La tempistica ci dice anche che potrebbe essere stata organizzata per fare in modo che Mosca sposti dal fronte uomini e mezzi alla vigilia della famosa contro-offensiva.
Ma ci sono altri due elementi importanti. Il legame delle organizzazioni che hanno rivendicato l’incursione con l’Ucraina e la posizione dell’Occidente.
Kyiv ha negato ogni coinvolgimento. Ma visto che le due organizzazioni combattono in Ucraina contro la Russia e sono entrate in territorio russo da quello ucraino è impensabile non ci sia stata una collaborazione.
L’Ucraina non ha mai rivendicato le azioni fuori dal suo territorio. Si tratta di una specie di zona grigia. I vertici militari ucraini – ribadendo la piena autonomia delle due organizzazioni – hanno detto che ci saranno altri attacchi. Il Financial Times ha citato un membro dell’intelligence militare di Kyiv che conferma la condivisione di informazioni con i gruppi russi anti-Putin. Una specie di gioco delle parti.
Infine la posizione occidentale. Il ministero della difesa di Mosca ha pubblicato delle immagini che mostrerebbero i resti di alcuni mezzi militari americani utilizzati durante l’incursione.
Washington non ha confermato e ha detto che non ha mai incoraggiato attacchi in territorio russo. Il dipartimento di stato ha ribadito che la strategia la decidono gli ucraini. Ma sappiamo bene quanto gli americani siano preoccupati dell’utilizzo delle loro armi in territorio russo. Lo hanno sempre detto, ogni volta che hanno aumentato il loro supporto militare. Biden – come in fondo lo stesso Putin – vuole evitare un’escalation internazionale del conflitto.
Cinquecento migranti alla deriva nel Mediterraneo
Nel Mediterraneo la nave Life Support di Emergency sta andando a soccorrere un gruppo di circa 500 migranti segnalato dalla ONG Alarm Phone. Il mezzo su cui viaggiano sarebbe in una zona di competenza maltese e starebbe imbarcando acqua. “Da ieri Malta non sta rispondendo alle nostre comunicazioni scritte e i numeri delle autorità maltesi competenti risultano non funzionanti e non raggiungibili” dice Emergency, aggiungendo di aver fatto una richiesta anche alle autorità italiane: “Il centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo ha risposto che il caso è di competenza maltese” si legge in un comunicato di Emergency. Alarm Phone sta seguendo anche la vicenda di altre 27 persone in difficoltà al largo della Libia. Secondo l’ONG il centro di coordinamento di Roma avrebbe ordinato a un mercantile di andare a soccorrerle, ma Alarm Phone dice di temere che siano riportate nel paese africano, dove rischiano di subire violazioni dei loro diritti umani.
Il problema del razzismo va oltre il calcio e gli stadi
(di Omar Caniello)
Il coro in Spagna inizialmente è unanime “Ci vogliono condanne esemplari, basta con il razzismo negli stadi” fino a quando Vinicius Junior su telegram scrive “Non era la prima volta, né la seconda, né la terza. Il razzismo è normale nella Liga”. Apriti cielo, una generalizzazione inammissibile per il presidente della Liga, Tebas che replica “Spagna e Liga non sono razziste. Prima di ingiuriarci, cerca di capire quel che facciamo contro il razzismo”. Parole analoghe arrivano anche dalla governatrice di Madrid, Ayuso.
Reazioni che conosciamo bene anche qui in Italia, basti pensare alle giustificazioni dell’allenatore dell’Atalanta Gasperini dopo gli insulti razzisti al giocatore della Juventus, Vlahovic, alle reazioni che suscitarono le dichiarazioni di Paola Egonu, la campionessa di pallavolo che osò dire “l’Italia è un paese razzista”. In quel caso intervenne il ministro Salvini “Il nostro è un popolo che accoglie, mentre c’è chi usa la tv per fare la morale”.
Per fermare il razzismo negli stadi, serviranno sicuramente pene più severe per i responsabili, più telecamere negli impianti, più arbitri con il coraggio di sospendere le partite e società sportive più collaborative con la giustizia. Azioni importanti, necessarie ma che rischino di non essere risolutive fin quando non si ammetterà che il razzismo non riguarda solo gli stadi di calcio, o frange limitate di ultras ma che si tratta di un fenomeno radicato nel nostro paese come in gran parte d’Europa e che negarlo e minimizzarlo significa solo alimentarlo.