Approfondimenti

L’imminente invasione di Rafah, il primo via libera al premierato e le altre notizie della giornata

Rafah Gaza ANSA

Il racconto della giornata di mercoledì 24 aprile 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Diversi media internazionali affermano che l’’esercito israeliano è pronto ad entrare a Rafah. Negata l’audizione dei vertici di viale Mazzin alla Commissione di Vigilanza sulla censura a Scurati, anche Report è sotto attacco dopo l’inchiesta sull’Albania. Anche oggi si è avuta notizia di 3 morti sul lavoro. Al Parlamento europeo c’è stata una nuova grave provocazione dell’Ungheria sulla vicenda di Ilaria Salis. Dopo le rassicurazioni dei giorni scorsi sugli investimenti nello stabilimento torinese, Stellantis ha annunciato che l’attività produttiva della Carrozzeria di Mirafiori sarà sospesa per tutto maggio.

L’esercito israeliano è pronto per entrare a Rafah

“La crisi alimentare a Gaza è catastrofica” è quanto scrive la Fao che oggi ha pubblicato un rapporto in cui afferma che la popolazione palestinese con i suoi 2,2 milioni di abitanti è diventata la crisi alimentare più grave nella storia.
Ed oggi dopo l’Onu anche l’Unione Europea ha chiesto un indagine indipendente sulle fosse comuni scoperte nella Striscia.
Vicino all’Ospedale Nasser di Khan Yunis sono oltre 300 i corpi ritrovati.
Intanto Hamas, per fare pressioni sul Governo Israeliano, oggi ha pubblicato il video di un ostaggio . Si tratta di un giovane
israelo-americano di 23 anni rapito il 7 ottobre al Nova Music insieme ad altri amici. La madre del ragazzo è una delle figure più attive del movimento delle famiglie degli ostaggi che in queste settimane ha manifestato contro il governo Netanyahu.
In questo contesto diversi media internazionali affermano che l’’esercito israeliano è pronto ad entrare a Rafah. Nella città al confine con l’Egitto si trovano circa un milione e mezzo di profughi palestinesi fuggiti dal centro e dal nord della Striscia.
Eric Salerno giornalista e scrittore esperto di Medio Oriente

La destra alza la voce in Rai

(di Michele Migone)
Se non è un tempo record, quasi ci siamo. Dopo circa un’ora dalla fine di Radio Anch’io, Ignazio La Russa ha diramato una nota contro Giorgio Zanchini. Da quel momento, è partito il tiro al bersaglio contro il conduttore radiofonico, prima ancora che lui spiegasse di essere stato frainteso. Ma non ne ha avuto il tempo. Gli esponenti di Fratelli di Italia si sono scagliati contro di lui; non lo amano, anzi, lo detestano perché è di sinistra. Se poi a questo, sommiamo l’attacco del premier albanese Edi Rama contro Sigfrido Ranucci di Report, attacco portato attraverso una telefonata con Paolo Corsini, dirigente di Viale Mazzini organico al partito di Giorgia Meloni, e l’invito a dimettersi che il capogruppo alla Camera Tommaso Foti ha lanciato a Serena Bortone per aver chiesto spiegazioni sulla cancellazione del monologo di Antonio Scurati, il quadro è completo. I tre sotto attacco da parte di Fratelli d’Italia sono tra le ultime voci considerate dell’opposizione a Saxa Rubra. Per tutti e tre è arrivato un pesante avvertimento. Ed è arrivato a pochi giorni dalla censura di Scurati. Significa che in Rai, Giorgia Meloni non intende fare prigionieri. Che l’iniziale imbarazzo in cui si trovavano i dirigenti Rai è stato già sostituito da una forte offensiva contro le voci dissenzienti. Gli attacchi contro i tre sono la rivendicazione della presa del potere dentro la Radio Televisione di Stato da parte di Fratelli d’Italia

Il via libera al premierato della Commissione al Senato

(di Anna Bredice)
Circa un’ora prima del voto in Commissione affari costituzionali alla Camera dei deputati sull’Autonomia differenziata, un silenzioso Calderoli si aggirava in Transatlantico come se cercasse qualcuno, forse stava cercando proprio i suoi deputati, quelli della Lega, che poco dopo nella votazione di un emendamento presentato dai Cinque stelle che chiedeva di cancellare il termine Autonomia dal primo comma della Legge, nello sconcerto dello stesso Calderoli, sono mancati. Proprio loro, i leghisti, e hanno così determinato l’ok all’emendamento dell’opposizione, ci sono state urla e tensioni subito dopo perché il presidente della Commissione, avendo capito quello che era accaduto ha sospeso i lavori con l’intenzione di annullare il voto e ripeterlo. Cosa che accadrà venerdì mattina, determinando così un nuovo precedente nelle forzature e strappi delle procedure parlamentari. Questa volta su un testo, quello dell’Autonomia differenziata a cui Salvini vuole dare il turbo per approvarlo al più presto, al punto da cadere in questi errori, dovuti alla fretta, alla corsa di arrivare al via libera prima ancora del premierato di Giorgia Meloni. Oggi mentre si votava in Commissione, si doveva votare anche in Aula per il Def, non una cosa di poco conto. Meloni e Salvini si contendono due leggi che incidono come il fuoco nella natura della nostra democrazia, nei pesi e contrappesi dei poteri dello Stato da una parte e nell’unità del sistema repubblicano, che l’Autonomia di Salvini vuole spaccare, con il rischio reale di creare regioni di serie A, per soldi e servizi, e regioni di serie B. Il premierato ha avuto l’ok in Commissione al Senato e ora andrà in Aula, con l’idea di un premier eletto dal popolo che potrà sciogliere il Parlamento, togliendo facoltà e poteri al Capo dello Stato.

Per l’Ungheria Ilaria Salis è una criminale e la sua candidatura inconcepibile

Oggi al Parlamento europeo c’è stata una nuova grave provocazione dell’Ungheria sulla vicenda di Ilaria Salis, l’insegnante accusata di aver aggredito dei neonazisti durante una manifestazione a Budapest, e tutt’ora in detenzione preventiva in carcere.
Salis ha accettato di candidarsi come capolista alle elezioni europee per Alleanza Verdi e Sinistra, ed oggi era prevista una mozione dei verdi all’europarlamento sul suo caso. È intervenuta Eniko Gyori, deputata del partito di Orban, Fidesz, ex ambasciatrice dell’Ungheria a Roma, che ha definito Ilaria Salis una “criminale”.
“Se Ilaria Salis a luglio dovesse sedere all’Eurocamera, non sarebbe un problema, d’altronde in quest’aula non sarebbe la prima criminale”, le sue parole, definendo inconcepibile la sua candidatura. Il padre Roberto Salis, in conferenza stampa, ha ricordato che la figlia è imputata, non è condannata. “Se qualcuno definisce mia figlia una criminale non fa che comprovare quanto stiamo dicendo e quanto abbiamo scritto nella mozione che presenteremo in Aula. Voglio essere chiaro, il fatto che mia figlia sia una candidata non può essere un’aggravante”, ha aggiunto.

Tre morti sul lavoro in 24 ore

In perfetta media, anche oggi si è avuta notizia di 3 morti sul lavoro.
Non ce l’ha fatta Gheorghe Breahna, operaio cinquantunenne che l’8 aprile era caduto da un capannone alto 7 metri in provincia di Latina. Sempre in edilizia, sempre una caduta dall’alto. A Oppido Lucano, nel Potentino, Donato De Luca, 56 anni, è caduto dall’impalcatura nel cantiere di costruzione della chiesa del paese.
A Lograto, in provincia di Brescia, alla Dall’Era siderurgica, Matteo Cornacchia, 46 anni, è morto dopo essere stato schiacciato da una lastra metallica sganciatasi da un carroponte. I sindacati ricordano come non fosse il primo incidente in questa azienda, e denunciano due circostanze molto gravi: la carenza di manutenzione e il fatto che l’operaio, invalido all’80%, stesse operando da solo senza supervisione.

La chiusura dello stabilimento Stellantis di Mirafiori

Nuova doccia fredda per i lavoratori di Mirafiori: Stellantis, dopo le rassicurazioni dei giorni scorsi sugli investimenti nello stabilimento torinese, ha annunciato ai delegati sindacali che l’attività produttiva della Carrozzeria di Mirafiori sarà sospesa per tutto maggio, di fatto con la chiusura totale del reparto. È l’ennesimo colpo dopo gli annunci di contratto di solidarietà e cassa integrazione che di fatto proseguiranno fino a settembre. Solo due settimane fa l’amministratore delegato Tavares, che nel frattempo aveva incassato il via libera a uno stipendio di oltre 36 milioni di euro, aveva parlato di Mirafiori come “un pilastro” portando però produzioni minori come i cambi ibridi e il testaggio delle batterie. “Uno pensa di aver raschiato il fondo del barile e invece non c’è mai fine al peggio. Commenta Edi Lazzi, segretario generale della Fiom di Torino.

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    Dopo 18 ore di fermo, Ayoub è libero. A Milano il presidio solidale

    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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    1) L’incubo di Gaza visto con gli occhi di una 23enne. In esteri la testimonianza da Deir el Balah: “Mi manca ballare e ridere con le amiche”. (Aya Ashour) 2) Washington potrebbe abbandonare gli sforzi per la pace in Ucraina. Marco Rubio da Parigi lancia un avvertimento che lascia più domande che risposte. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti. Harvard dice no a Trump, lui congela i fondi. Lo scontro del presidente con le università americane è sempre più pericoloso. (Roberto Festa) 4) Un posto sicuro per la scienza. L’università di Marsiglia offre asilo accademico ai ricercatori in fuga dagli Stati Uniti. Quasi 300 fanno domanda in un mese. (Francesco Giorgini) 5) Messico, mentre il governo nega la responsabilità dello stato nelle sparizioni forzate, nel week end le famiglie dei desaparecidos si preparano alle giornate nazionali di ricerca delle persone scomparse. (Andrea Cegna) 6) Mondialità. La vittoria schiacciante di Daniel Noboa e la sconfitta del “Correismo” in Ecuador conferma i cambiamenti politici in corso in America Latina. (Alfredo Somoza)

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