Approfondimenti

Il centrodestra sempre più a pezzi, l’addio a Monica Vitti e le altre notizie della giornata

Salvini

Il racconto della giornata di mercoledì 2 febbraio 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Matteo Salvini è in mezzo a un guado: la malagestione dell’affaire Quirinale non ha fatto altro che aggravare la sua posizione, andando a sancire la definitiva fine della coalizione di centrodestra e la sua Lega rischia di rimanere senza un’identità chiara. E non va meglio a Giorgia Meloni, con Berlusconi che fa sul serio col suo progetto centrista e vede un nemico nella leader di Fratelli d’Italia. L’Istat, intanto, mette nero su bianco che il rincaro del 38,6% dei beni energetici – record storico – pesa su tutta la filiera produttiva e viene scaricato dalle imprese sul consumatore finale. Gas e nucleare sono fonti energetiche utili alla transizione ecologica dell’UE e possono avere, a determinate condizioni, l’etichetta UE per gli investimenti verdi. A cinque anni dagli accordi Libia-Italia-UE, la Guardia Costiera di Tripoli ha intercettato in mare e riportato in prigione circa 82.000 migranti. La notizia è arrivata poco dopo mezzogiorno con un tweet di Walter Veltroni: Monica Vitti non c’è più, se ne è andata nella sua città a meno di tre mesi da quando compì novant’anni. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Obiettivo centrista: Draghi premier anche nella prossima legislatura

(di Luigi Ambrosio)

Giorgia Meloni sperimenta sulla propria pelle cosa vuol dire mettersi contro Berlusconi, dopo anni di alleanza. A Mediaset stanno iniziando a cancellare le ospitate degli esponenti di Fratelli d’Italia. È una ritorsione dopo che lei è andata su Rete 4 e ha attaccato Berlusconi. Ma è anche il segnale che Berlusconi fa sul serio nel suo progetto centrista. Sempre ha usato le televisioni come arma politica e stavolta il nemico è Meloni, da schiacciare e isolare a destra mentre in Parlamento cresce il consenso per una legge elettorale proporzionale. La vogliono i centristi che, Renzi in testa, sono impegnati in riunioni e incontri per mettere a punto la proposta, la vuole il PD che vede nel centro il possibile alleato strategico. [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

Le difficoltà di Salvini nel dare una direzione chiara alla Lega

(di Alessandro Braga)

Il consenso unanime arrivato dal consiglio federale della Lega era scontato, e non è altro che una foglia di fico che nasconde, nemmeno troppo bene, le difficoltà di Salvini. Il segretario leghista è in mezzo a un guado. La malagestione dell’affaire Quirinale non ha fatto altro che aggravare la sua posizione, andando a sancire la definitiva fine della coalizione di centrodestra, come finora intesa. Da una parte sta nascendo una destra nazionalista e populista, forte ma impossibilitata ad assumersi responsabilità di governo, sul modello lepenista francese, e Giorgia Meloni ha di fatto spodestato Salvini come rappresentante di quell’area. Dall’altra c’è una destra simil repubblicana, convintamente europeista e che guarda al centro. Qui da noi c’è Forza Italia. La Lega rischia di restare nel mezzo, senza identità, né carne né pesce, senza sapere dove andare. La svolta nazionalista/patriottica, che in passato ha portato anche a buoni risultati, sembra ora impraticabile proprio per l’ascesa di Fratelli d’Italia. La virata federativa moderata lanciata all’indomani della figuraccia quirinalizia, vuoi per qualche ambiguità salviniana (che ha mandato un suo uomo al raduno dei nazionalisti europei a Madrid) vuoi per la freddezza con cui Berlusconi ha accolto la proposta, non sembra avere la gambe per camminare. Per non parlare della scelta nordista federalista autonomista, rispolverata da Salvini nel tentativo di coinvolgere, in un’assunzione di responsabilità collettiva, i colonnelli leghisti. A parte che sarebbe un’inversione a U tanto spericolata da risultare difficile da compiere anche per un politico spregiudicato come Salvini, a che pro andrebbe fatta? Per diventare una sorta di Unione cristiano sociale bavarese in salsa padana, alleata in un patto di desistenza con Forza Italia? E perché dovrebbe essere Salvini il leader alla guida di una scelta di questo tipo? Al momento il Capitano leghista resta in mezzo al guado e rischia di essere travolto dall’onda di piena.

L’inflazione in Italia non era così alta da 26 anni

(di Massimo Alberti)

L’inflazione non era così alta da 26 anni. Il rincaro del 38,6% dei beni energetici – record storico – pesa su tutta la filiera produttiva e viene scaricato dalle imprese sul consumatore finale, in particolare sui beni essenziali come gli alimentari. L’aumento è dell’1,6% su base mensile e del 4,8% su base annua. +2,4% i beni alimentari lavorati, +5,4% i non lavorati, che accelerano il rincaro dei prezzi, così come la cura della casa, della persona e i prodotti ad alta frequenza di acquisto. Nel complesso il cosiddetto carrello della spesa sale a gennaio del 3,2%. Sono dati che spingono la stessa Istat a parlare di preoccupazione non solo per le conseguenze economiche sulla crescita, ma anche per quelle sociali. Cristina Freguja, direttore centrale per le Statistiche Sociali e il Welfare di Istat, spiega infatti che l’impatto dell’aumento dei prezzi è “più ampio per le famiglie più povere” che solitamente destinano maggiori acquisti ai prodotti che hanno visto gli aumenti più marcati. Fa il paio con i dati sui salari di un paio di giorni fa, in cui la stessa Istat aveva rilevato un’inflazione tripla, nel 2021, rispetto allo scarso aumento dei salari. Una delle chiavi di lettura è tutta qui: l’impatto sociale più forte dell’inflazione sull’Italia è frutto anche di anni di politiche di compressione salariale e lavoro povero. E diventerà un tema centrale per i 32 contratti nazionali scaduti. Non a caso sempre più voci dal mondo sindacale ed economico iniziano a parlare della necessità di nuovi meccanismi per adeguare i salari al costo della vita. Insomma, una nuova forma di scala mobile. Anche perché, sottolinea ancora l’Istat, la fase calda dei prezzi durerà ancora per parecchi mesi.

Cinque anni dopo l’accordo Italia-Libia-UE: 82.000 persone intercettate in mare e riportate in Libia

(di Michele Migone)

Nel febbraio di cinque anni fa Matteo Salvini soffia sul fuoco dell’immigrazione, Luigi Di Maio si scaglia contro le Ong, i taxi del mare e in vista delle elezioni politiche dell’anno dopo, il governo Gentiloni vuole mettere un freno agli sbarchi dei migranti: più o meno a tutti i costi. Il regista dell’operazione sarà il Ministro dell’Interno Marco Minniti. Non servirà a evitare la sconfitta alle urne. Un anno dopo, nel 2018, Salvini e Di Maio andranno al governo, ma gli accordi verranno comunque confermati. Così come poi accadrà anche con il Conte 2. E con il governo Draghi. E verranno rinnovati automaticamente fino al 2026 se Roma non li annullerà entro il 2 novembre di quest’anno. Per tenerli in vita, dalla loro firma, l’Italia ha dato alla Libia quasi un miliardo di euro, una cifra enorme. Soldi con cui la Guardia Costiera di Tripoli, secondo Amnesty International, ha intercettato in mare e riportato in prigione circa 82.000 migranti. Persone che cercavano la libertà in Europa e che invece sono tornate nei lager della Libia, segregate, ricattate, spesso torturate, se non addirittura uccise. E quando i migranti, invece, vengono fatti uscire da questi centri è, a volte, per indurli a superare a piedi i confini del paese. Risultato: per l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, le autorità libiche starebbero abbandonando migliaia di persone nel deserto senza acqua. Sono centinaia le denunce fatte in questi anni dalle Ong, decine gli appelli al rispetto dei diritti umani inascoltati dalle autorità di Tripoli, richieste sentite anche in Italia, ma accolte con una distratta alzata di spalle da Roma, più interessata a coprire sotto a una coltre di Real Politik la questione immigrazione piuttosto che ad affrontarla con un approccio più umanitario. Ma, ormai si sa: questa non è merce da spendere in campagna elettorale.

Gas e nucleare potranno avere l’etichetta verde dell’UE

Gas e nucleare sono fonti energetiche utili alla transizione ecologica dell’UE e possono avere, a determinate condizioni, l’etichetta UE per gli investimenti verdi. Lo ha deciso la Commissione Europea con l’adozione del relativo atto delegato. Un provvedimento che da mesi suscita proteste da parte del mondo ambientalista e non solo. Come annunciato, il provvedimento è stato varato con modifiche marginali rispetto alla bozza del 31 dicembre scorso e ora dovrà essere esaminato da Consiglio – cioè dai governi – e Parlamento.
Molte le reazioni dal mondo ambientalista ma anche politico: i gruppi dei verdi, della Sinistra e dei Socialisti dell’Europarlamento hanno promesso battaglia, mentre le associazioni e le Ong hanno annunciato mobilitazioni. Francesco Ferrante, vicepresiDente del Kyoto Club:


 

Addio a Monica Vitti, icona del cinema italiano

(di Barbara Sorrentini)

La notizia è arrivata poco dopo mezzogiorno con un tweet di Walter Veltroni:
“Roberto Russo, il suo compagno di tutti questi anni, mi chiede di comunicare che Monica Vitti non c’è più. Lo faccio con dolore, affetto, rimpianto.” Maria Luisa Ceciarelli era nata a Roma il 3 novembre 1931 e se ne è andata nella sua città a meno di tre mesi da quando compì novant’anni, malata da tempo e da troppi anni assente dalle scene. Cambiò il suo nome romanesco su suggerimento del suo maestro Silvio D’Amico, quando si diplomò nel 1953 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Qualche anno di varietà in televisione e poi il cinema. Il grande cinema d’autore di Michelangelo Antonioni con i film sull’incomunicabilità, a partire dagli anni ’60 [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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