Il racconto della giornata di mercoledì 15 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. “Sui migranti abbiamo la coscienza pulita, diversamente da chi specula sulle tragedie e tace sulla mafia degli scafisti”: Giorgia Meloni inaugura il suo primo question time alla Camera con un durissimo attacco all’opposizione. L’altro tema economico forte di queste ore è la riforma del fisco, che domani andrà in Consiglio dei Ministri: l’unica certezza è che il governo vuole ridurre la progressività del sistema fiscale, andando verso la flat tax. All’indomani dello scontro tra un drone statunitense e un jet russo, i negoziati per il rinnovo dell’accordo sul grano, in scadenza nel fine settimana, non si sono interrotti.
Il Meloni-pensiero su migrazione, Europa e ambiente
(di Diana Santini)
“Sui migranti abbiamo la coscienza pulita, diversamente da chi specula sulle tragedie e tace sulla mafia degli scafisti”: Giorgia Meloni inaugura il suo primo question time alla Camera con un durissimo attacco all’opposizione: l’accusa è di collusione con i trafficanti di esseri umani. L’interrogazione, firmata da Riccardo Magi di +Europa, mirava a chiarire le circostanze dell’ennesimo naufragio nel mediterraneo, quello dell’alba di domenica in acque SAR libiche. Sulla dinamica dei fatti, la Presidente del Consiglio si è limitata a riportare le parole del capo del centro di soccorso della guardia costiera D’Agostino: una versione ufficiale, fredda, burocratica. Sui morti non una parola, solo una cinica considerazione: finché ci saranno partenze, ci saranno morti.
Ma il question time di oggi è stato l’occasione per snocciolare il Meloni-pensiero anche su altri temi. Innanzitutto il rapporto con l’Europa: “Finche sarò a capo di questo governo l’Italia non accederà mai al MES”, dice Meloni. E le decisioni europee non possono essere accolte con quello che definisce appiattimento acritico.
E poi l’ambiente. L’approccio, mette subito le mani avanti la premier, deve essere pragmatico e non ideologico. E quindi niente direttiva sulle case green: danneggerebbe il nostro tessuto economico. Quanto alle emissioni e alle misure messe in campo dal governo per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione, anche qui la parola d’ordine è gradualità per evitare la deindustrializzazione dell’Italia. Insomma, ambiente e transizione energetica possono aspettare.
La riforma del fisco arriva in Consiglio dei Ministri
(di Massimo Alberti)
L’altro tema economico forte di queste ore è la riforma del fisco, che domani andrà in Consiglio dei Ministri. Mancano ancora dettagli fondamentali e ad oggi, l’unica certezza, è che il governo vuole ridurre la progressività del sistema fiscale, andando verso la flat tax. I sindacati che ieri hanno incontrato il governo, che non ha fornito ulteriori dettagli, e la CGIL oggi si mette a capo dell’opposizione alla riforma. Il segretario Maurizio Landini, aprendo il congresso della CGIL, ha definito quella sul fisco “la madre di tutte le battaglie”, invitando alla mobilitazione unitaria con Cisl e Uil per chiedere il ritiro della riforma.
Sono dunque impegnative le parole del segretario CGIL Landini nella relazione al congresso che vede nell’imminente riforma il segno generale delle politiche economiche inique del governo. “Senza escludere nessuno strumento”, ha aggiunto Landini su una mobilitazione per ora sulla carta ma che potrebbe riportare ad un’unità anche con la Cisl, che almeno a parole pare piuttosto arrabbiata. Il punto è come recepirà questa posizione la sua base, con un bel pezzo di mondo operaio che soprattutto al nord ha votato la destra al governo anche sulla promessa di meno tasse.
Ad oggi la riforma è una cornice ideologica da riempire: sul fronte IRPEF la bozza indica l’obbiettivo di legislatura nel massimo della redistribuzione al contrario, la Flat Tax, da raggiungere gradualmente. Il primo passaggio potrebbe essere, in continuità col governo Draghi, la riduzione delle aliquote, a 3. Come saranno suddivisi gli scaglioni farà grande differenza, ed ancora non è chiaro. Ma le diverse ipotesi circolate hanno un punto comune: favoriscono di più i redditi alti. A far la differenza sarà anche l’altra parte mancante, il riordino delle detrazioni,che contribuirebbe a finanziare la riforma insieme al taglio di reddito di cittadinanza e crediti del superbonus. Non dovrebbe toccare le spese sanitarie e per la casa, e favorire le famiglie con figli. Non si toccano invece le rendite, anzi, si apre al fatto che le detrazioni siano possibili sulle imposte sostitutive.
Se da una parte c’è un sindacato piuttosto arrabbiato, che contesta alla radice la riforma fiscale. Dall’altra ci sono le imprese e confindustria, che invece plaudono alla delega che il governo sta per portare in consiglio dei ministri ed in parlamento. Se sull’Irpef ci sono ancora parecchie incertezze su quali saranno i reali contenuti, al di là della tendenza alla flat tax, che ovviamente agli imprenditori non dispiace affatto, qualche certezza in più c’è su come cambierà la tassazione delle imprese. Beh, sarà più bassa.
Sappiamo che il governo ha annunciato una sforbiciata alle 740 agevolazioni fiscali per le imprese, che da sole valgono 128 miliardi circa. Ma questa sforbiciata sarà ampiamente ricompensata da: intanto un taglio dell’Ires, la tassa sui profitti delle imprese,che gli studi ci dicono in Italia, essere i più alti in Europa a scapito dei salari.
Il governo, in questo caso, metterà lui quei soldi che dovrebbero appartenere all’abc del rischio di impresa, attraverso sgravi sugli investimenti. L’altra promessa è il taglio dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Con la sua abrogazione si va di fatto a levare il canale con cui le imprese finanziano la sanità pubblica, che garantisce alle regioni entrate immediate per 17 miliardi. Nel complesso si tratterebbe di fatto di un taglio di tasse alle imprese e di un aumento dei loro profitti, finanziato con la spesa sociale, da quella sanitaria, ai sussidi alla povertà, come il reddito di cittadinanza. Meloni lo aveva detto, che avrebbe tolto i soldi ai più poveri per darli agli imprenditori. Lo sta facendo davvero.
Il negoziato sul rinnovo dell’accordo sul grano continua
(di Emanuele Valenti)
Evitare in tutti i modi un’escalation internazionale. Evitare che il conflitto esca dai confini ucraini. È stato questo, fin dal 24 febbraio dello scorso anno, uno dei principali obiettivi di russi e americani. Nonostante i rapporti tra Mosca e Washington siano ai minimi storici, le due parti ci sono riuscite.
Certo, il contesto non aiuta. Le comunicazioni ormai sono per lo più tecniche. La fiducia reciproca è ovviamente sparita. E poi ci sono le armi occidentali all’Ucraina e la geografia, con alcuni paesi NATO ai confini del territorio dove si sta combattendo.
Quindi i rischi ci sono. E sono stati ben evidenti con la vicenda del drone americano precipitato ieri nel Mar Nero. Le due parti mantengono versioni opposte sul contatto tra il velivolo e i caccia russi. E il capo del Pentagono, Austin, ha precisato che gli Stati Uniti continueranno a volare dove permesso dal diritto internazionale.
Ma una dichiarazione del Dipartimento di Stato, nel tardo pomeriggio, conferma quanto abbiamo detto: probabilmente da parte russa non si è trattato di un atto intenzionale. Tradotto, un incidente.
In questo clima riuscire a mantenere aperti e operativi i canali di comunicazione è piuttosto difficile. Il test di questi giorni è il rinnovo dell’accordo sul grano, che scade nel fine settimana. La Turchia, che sta mediando con le Nazioni Unite, ha confermato oggi che il negoziato continua. I russi sono disposti a un rinnovo solo per 60 giorni, due mesi. Gli ucraini lo vorrebbero di un anno.
Olimpiadi invernali: Lombardia, Veneto e Piemonte si contendono il pattinaggio veloce
(di Fabio Fimiani)
È una competizione a tre Lombardia, Veneto e Piemonte per ospitare le gare del pattinaggio veloce delle Olimpiadi invernali del 2026.
Si è infatti aggiunta anche l’ipotesi di adattare il velodromo di Spresiano, in provincia di Treviso, dopo quella di Milano e Torino.
La rinuncia di Baselga di Pinè, in Trentino, ha fatto subito iniziare la disputa, in primis a due, tra la Fiera di Milano e l’Oval di Torino, entrambe strutture espositive, con la seconda già usata per i giochi del 2006.
Contro l’ipotesi di Torino c’è stato subito l’asse Comune di Milano – Regione Lombardia. Le due istituzioni sono unite nel voler ospitare la competizione del pattinaggio veloce, lo short track, in un padiglione della Fiera di Milano e non voler far rientrare Torino nella competizione del 2026. La città si auto escluse sei anni fa a 15 giorni dalla presentazione della candidatura italiana al Cio, il comitato olimpico internazionale. [CONTINUA A LEGGERE]