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La situazione di emergenza a Lampedusa, la strage sul lavoro alla Esplodenti Sabino e le altre notizie della giornata

Lampedusa ANSA

Il racconto della giornata di mercoledì 13 settembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A Lampedusa la situazione è sempre più critica: sull’isola ci sono circa 7mila migranti e il centro di accoglienza ne può contenere al massimo 400. E Matteo Salvini, dalla sede della stampa estera, si scaglia contro l’Europa, mostrando di voler fare una campagna elettorale per le europee all’insegna dell’antieuropeismo. Ancora una strage sul lavoro, in un’azienda che tratta esplosivi e per di più recidiva: 3 anni fa ci furono 3 morti, come 3 sono stati i morti di oggi. Non si tratta di un’azienda qualsiasi: la Esplodenti Sabino si occupa di disarmare munizioni ed esplosivi anche per conto di Nato ed Esercito italiano. La guerra in Ucraina ha avvicinato Vladimir Putin e Kim Jong-un, due tra i leader più isolati al mondo.

La situazione a Lampedusa è sempre più critica

A Lampedusa la situazione è sempre più critica. Sull’isola ci sono circa 7mila migranti e il centro di accoglienza ne può contenere al massimo 400. Centinaia di persone, tra cui donne e bambini, sono state costrette a rimanere per ore sul molo sotto il sole, dopo un viaggio stremante. Nel pomeriggio è scoppiata la protesta, i profughi hanno tentato di allontanarsi dalla banchina ed è intervenuta la polizia spintonandoli e creando un cordone per contenerli. I trasferimenti in Sicilia proseguono ma sono troppo lenti, gli arrivi si susseguono e nella notte un neonato di 5 mesi è morto. Da quanto riferito dalla Capitaneria di Porto era a bordo di un imbarcazione con la madre che si è capovolta a poche decine di metri dalla costa.
Ieri pomeriggio due ragazzi di Lampedusa si sono tuffati in mare e sono riusciti a salvare 4 migranti la cui imbarcazione era naufragata contro gli scogli dell’isola. Due ore fa la ong Alarm Phone ha lanciato un nuovo allarme per un imbarcazione in difficoltà con 47 persone a bordo a pochi chilometri dall’isola siciliana. Per ora non si hanno ulteriori notizie. Nel pomeriggio abbiamo raggiunto il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino:


 

La campagna elettorale di Salvini all’insegna dell’antieuropeismo

(di Anna Bredice)

Quasi contemporaneamente Giorgia Meloni plaude all’idea di Von Der Leyen di un possibile incarico a Mario Draghi, Matteo Salvini dalla sede della stampa estera invece si scaglia contro l’Europa, mostrando di voler fare una campagna elettorale per le europee all’insegna dell’antieuropeismo: alleandosi a Marine Le Pen, invitata a Pontida domenica prossima e minacciando ogni possibile intervento, quindi anche quello del blocco navale – se pure non lo dice – pur di fermare gli sbarchi. Riassume Salvini ai giornalisti esteri: “Oggi Strasburgo e Lampedusa sono il fallimento dell’Europa”. Sembra essere tornati al ministro più di lotta che di governo, perché alla Presidente del Consiglio, sua alleata, concede solo una frase, “sta facendo il possibile sui migranti”. Nient’altro, anzi dimostra con la sua linea di preferire una strategia di maggior attacco in Europa, anche nelle alleanze, “o i gruppi di centrodestra si mettono insieme, o vincono gli altri”, dice, ma l’alleanza con Le Pen è vista male sia da Fratelli d’Italia che da Forza Italia. È sull’immigrazione che Salvini si gioca molto per le prossime elezioni, malgrado Meloni abbia voluto togliergli il controllo degli sbarchi, creando un coordinamento guidato da Mantovano. Ma il capo della Lega crede di essere ancora ministro dell’Interno perché non esclude nessun intervento per fermare gli sbarchi. Negli stessi minuti, Meloni era negli studi della Rai a registrare una intervista per Porta a Porta. Sui migranti, per quanto abbia rivendicato la scelta dei mancati collocamenti, non chiude le porte ad un accordo che sostituisca il Patto di Dublino. A Tunisi era andata anche con Von Der Leyen e oggi apre ad un incarico prossimo di Draghi, che per l’attuale presidente della Commissione europea è una sorta di ancora di salvezza. Non può fare la faccia feroce contro l’Europa e Salvini così si prende il suo spazio.

3 operai morti sul lavoro alla Sabino Esplodenti di Casalbordino

(di Massimo Alberti)

Ancora una strage sul lavoro, in un’azienda che tratta esplosivi e per di più recidiva: 3 anni fa ci furono 3 morti, come 3 sono stati i morti di oggi. Non si tratta di un’azienda qualsiasi: la Esplodenti Sabino si occupa di disarmare munizioni ed esplosivi anche per conto di Nato ed Esercito italiano. Si trova in provincia di Chieti, a Casalbordino, dove impiega un centinaio di persone. L’esplosione è accaduta intorno mezzogiorno ed ha scosso tutta l’area. I 3 morti si chiamano Giulio Romano, Gianluca De Santis e Fernando Di Nella. L’azienda ha parlato di “incidente inspiegabile”. Cause e dinamica ancora da chiarire: nessuno al momento fa alcuna ipotesi.
Proprio domani inizia l’udienza preliminare per l’incidente del dicembre 2020. Davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Vasto compariranno in 10: i titolari, tutti appartenenti alla famiglia Salvatore, il capo reparto, il responsabile del servizio prevenzione, ed anche il rappresentate dei lavoratori per la sicurezza della Cgil. Sono accusati di cooperazione colposa in omicidio colposo, negligenza, violazione di norme anti infortunistiche. L’azienda è stata al centro anche di esposti ed inchieste, ed interpellanze parlamentari che riguardano la gestione ambientale. Venne dissequestrata dopo un contestato via libera arrivato dalla Regione Abruzzo, nonostante ancora oggi manchino diversi documenti.
La Esplodenti Sabino è un’azienda familiare con solidi legami politici nazionali e internazionali: tra gli altri lavora con l’Esercito e la Nato, con cui tiene seminari e workshop. Un’azienda che fa lavorazioni pericolose, ma che dà lavoro anche ad un intero territorio. Lavoro o ambiente, lavoro o sicurezza, l’eterno conflitto. Dopo il primo incidente, l’azienda fu sequestrata e rimase chiusa anche dopo l’accertamento di reati ambientali, grazie gli esposti presentati dall’allora segretario regionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, e dall’ambientalista Augusto De Sanctis.
I lavoratori, insieme ai dirigenti, manifestarono contro la Procura per chiedere la riapertura. Una situazione imbarazzante su cui intervenne anche il sindacato regionale, imponendo di non portare bandiere Cgil sotto una procura che indagava per le violazioni della sicurezza sul lavoro. Le manifestazioni si replicarono, con i vessilli aziendali. L’8 luglio, dopo 200 giorni avvenne il discusso dissequestro, contestato perché arrivò in seguito al via libera della apposita commissione della Regione Abruzzo che però non rilasciò la valutazione di impatto ambientale, limitandosi ad uno screening preliminare, nonostante l’azienda operi su materiali delicati, dopo un incidente con tre morti, e le diverse e documentate modifiche agli impianti. Parliamo di un’azienda sottoposta alla direttiva Seveso sugli impianti a rischio. Da quanto risulta, ad oggi non sono completati gli adempimenti obbligatori della direttiva: sul sito della prefettura di Chieti e del comune di Casalbordino non risultano pubblicati i piani di evacuazione esterni. Nonostante tutto questo due anni fa era ripresa l’attività. Secondo il sindacato locale dei chimici Cgil, l’azienda avrebbe sistemato parecchie cose. Ma oggi l’incidente fotocopia, proprio il giorno prima dell’udienza per la strage del 2020. Altri incidenti, con un morto e due feriti, risalgono al 1992 ed al 2009. La Sabino non è nuova neppure ad indagini e interrogazioni parlamentari. Nel 1999 due dirigenti patteggiarono per la detenzione illegale di 10 tonnellate di esplosivo T4, finito in mano a cosche mafiose dopo esser stato ceduto a terzi. Un’interrogazione a fine anni 90 del deputato comunista Totò Saia riguardava il presunto ruolo della Sabino su un possibile traffico di esplosivi destinati a Medio Oriente ed Ex Jugoslavia. In parlamento si riparla della Sabino nel 2021, quando i 5 Stelle chiedono conto proprio del mancato rispetto delle direttive ambientali.

La Russia in difficoltà cerca l’appoggio Kim Jong-un

(di Emanuele Valenti)

Da un certo punto di vista la guerra in Ucraina ha avvicinato Vladimir Putin e Kim Jong-un, due tra i leader più isolati al mondo.
I militari al fronte sono in difficoltà. Riescono a reggere bene la contro-offensiva ucraina ma spesso fanno molta fatica, lo ha detto oggi anche il Ministro della Difesa Shoigu. Le munizioni di artiglieria nord-coreane sarebbero molto utili. Diversi esperti militari hanno detto non determinanti sul lungo periodo. Il fatto che Putin sia andato dall’altra parte del paese confermerebbe le difficoltà. Prima erano stati i droni iraniani, ora – anche se le parti hanno negato – potrebbero essere le munizioni nord-coreane, compatibili con i sistemi militari di Mosca.
A confermare le difficoltà russe l’attacco, della notte scorsa, contro il porto di Sebastopoli, in Crimea, base della flotta russa sul Mar Nero. Secondo Kyiv sono stati colpiti una nave e un sottomarino. Gli attacchi contro la Crimea sono sempre più frequenti. Un consigliere di Zelensky ha detto che è l’unico modo per garantire la sicurezza del commercio nella regione, a partire dalle esportazioni di grano ucraino. Anche oggi dei resti di un drone russo colpito dagli ucraini sul porto di Izmail, sul Danubio, sarebbero caduti in Romania. Bucarest ha già protestato con Mosca. È la terza volta.

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