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Petrolio e carbone ci accompagneranno fino al 2050, la guerra a Gaza e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di martedì 12 dicembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30.
L’accordo della Cop28 a Dubai rappresenta un passo storico verso l’abbandono dei combustibili fossili entro il 2050, ma la formulazione ambigua e la gradualità suscitano preoccupazioni sulla capacità di affrontare tempestivamente l’emergenza climatica. La Guerra a Gaza continuerà nonostante le pressioni della comunità internazionale sul governo israeliano. Sul Mes Meloni va all’attacco per difendersi dallo stallo in cui versa la trattativa in Europa sul Patto di stabilità. La Corte costituzionale albanese ha sospeso le procedure parlamentari per l’approvazione dell’accordo Tirana-Roma sui migranti.

Cop28, il controverso compromesso sull’abbandono dei combustibili fossili

(di Alessandro Principe)

Un passo avanti molto significativo ma anche dei punti critici. Questa è la sintesi delle prime reazioni e commenti all’accordo finale della Cop 28 di Dubai sui cambiamenti climatici. Il fatto storico è che per la prima volta venga sancito e messo nero su bianco il fatto che sia in atto una transizione che porterà alla fine dei combustibili fossili, petrolio e gas. L’obiettivo dovrà essere raggiunto entro il 2050. Il rovescio della medaglia è però che l’intesa prevede una gradualità che molti considerano non adeguata a far fronte al riscaldamento globale già in atto.

“Signor presidente, ha fatto come se noi non fossimo in questa stanza”. Applausi scroscianti per il delegato di Samoa. Le isole nel Pacifico meridionale rischiano di finire sott’acqua a causa del surriscaldamento globale che fa innalzare il livello degli oceani. Applausi. Poi il compromesso.
Il destino dei combustibili fossili è legato a un’espressione ambigua, di certo molto meno netta di “phase out”, uscita, come molti speravano di poter sancire. Invece, la formula usata è “transitioning away”: qualcosa come passare da – a, allontanarsi da. Una transizione, insomma. Perché petrolio e gas saranno ancora cruciali fino a quando, appunto, la transizione non sarà completata. Obiettivo: 2050. Accordo storico, dunque, perché per la prima volta viene sancito il traguardo dell’abbandono dei fossili. Ma nello stesso tempo un compromesso con il fronte dei produttori, paesi Opec in testa, che vogliono ancora un ruolo da protagonisti: economico e geopolitico. Ma l’intesa ha convinto anche Europa e Stati Uniti che si erano presentati a Dubai con piani ambiziosi. Fissato l’obiettivo, la transizione da compiere entro il 2050, ci sono altri obiettivi intermedi, incentrati sull’incremento di energie rinnovabili, che fissano al 2030 una tappa fondamentale ma lasciano gli Stati liberi di agire come credono: il testo “invita” i Paesi a “contribuire” agli sforzi globali. E il 2030 è dopodomani. Ci sarà un’accelerazione? “Il mio Paese è orgoglioso di contribuire a portare avanti tutto questo”, ha dichiarato il presidente Al Jaber, il cui emirato è tra i principali produttori al mondo di petrolio. E che, con gli altri paesi del Golfo e la Russia, ha fatto muro rispetto ai progetti più ambiziosi. La prossima Cop si svolgerà in un altro paese petrolifero: Cop29 sarà a Baku, Azerbaijan. Passo dopo passo, gli interessi globali delle grandi potenze, Cina e Stati Uniti in testa, vanno verso la transizione verde. I piccoli passi, la gradualità, il compromesso, forse sono inevitabili. Ma sono adeguati all’emergenza climatica?

Il conflitto a Gaza continua, nonostante le crescenti pressioni sul governo israeliano

Il governo Netanyahu non è preoccupato dalle pressioni internazionali e nemmeno dai dubbi crescenti anche negli Stati Uniti.
Questa sera il premier israeliano ha detto che “la guerra andrà avanti fino alla distruzione di Hamas”. Poco prima il ministro degli esteri Cohen aveva precisato che l’esercito proseguirà con il suo lavoro “con o senza il supporto internazionale”.
Ricordiamo che la notte scorsa – dopo il voto dell’Assemblea Generale per una tregua – Biden aveva detto che Netanyahu sta perdendo l’appoggio della comunità internazionale.
Domani arriverà in Israele il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jack Sullivan.
Oggi Biden ha ricevuto invece i familiari dei cittadini americani ancora ostaggio di Hamas.
Il rapporto tra Biden e Netanyahu, e in sostanza tra Stati Uniti e Israele, è pieno di contraddizioni.
Roberto Festa

Nelle ultime ore a Gaza ci sono state altre decine di vittime. Sono più di 18mila e 600 dall’inizio della guerra. Nelle ultime 24 ore gli israeliani hanno perso invece 10 soldati, quasi tutti in un’imboscata di Hamas a Gaza City.
In Cisgiordania un’operazione dell’esercito israeliano a Jenin, durata più di un giorno, ha fatto 7 morti. Centinaia gli arresti.
A Gaza piove. C’è acqua e fango. Le agenzie umanitarie hanno ribadito che il sistema degli aiuti è ormai al collasso.
Il messaggio in rete del direttore dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini


Il nervosismo del governo sul patto di stabilità

(di Anna Bredice)
Sul Mes Meloni va all’attacco per difendersi dallo stallo in cui versa la trattativa in Europa sul Patto di stabilità. Su Draghi prima gli sferra una forte critica e poi ritratta. Giorgia Meloni anche oggi al Senato, forse più di ieri, ha mostrato il nervosismo e l’indecisione di questo momento politico per il governo in Italia e in Europa. Domani comincia il Consiglio europeo e la trattativa modificarlo non è facile, si tratta e lei spera di poter tornare a Roma con un buon risultato, ma già oggi ha lasciato intendere che se si arriva al voto e le condizioni non sono accettabili potrebbe porre il veto. Non è facile per Giorgia Meloni mantenere un’unica linea politica sui temi europei e i risultati si vedono nel doppio registro che sta seguendo in questi giorni, a volte all’attacco, come il richiamo antico dell’opposizione, che per Salvini è ormai un gioco facile, e poi la linea europeista, trattare con le istituzioni, per ottenere dei risultati, come ha cercato di fare in questi mesi sui migranti e sull’Ucraina. Con Draghi i buoni rapporti iniziali erano dettati da questo obiettivo, lo sono ancora, ma ieri lo ha attaccato, salvo poi ritrattare perché non è facile per lei rimanere agganciata ad un simbolo che per le europee dell’anno prossimo potrebbe farle perdere voti. Sul Mes attacca Conte, in questo periodo sembra l’avversario ideale tra Mes e superbonus, lo accusa di aver ordinato il via libera al Mes il giorno dopo le dimissioni nel primo suo governo, ma il sì era arrivato già prima, un attacco anche in questo caso che le serve per nascondere l’indecisione sul Mes, che cosa sceglierà di fare, ratificarlo oppure no. E questo ancora non lo ha detto.

La sospensione dell’accordo sui migranti tra Italia e Albania

La Corte costituzionale albanese ha sospeso le procedure parlamentari per l’approvazione dell’accordo Tirana-Roma sui migranti, prevista per domani. La Corte e’ stata chiamata in causa da due ricorsi presentati dal partito di centro dell’ex premier Sali Berisha. Nel ricorso si sostiene che l’intesa viola la Costituzione e le convenzioni internazionali alle quali l’Albania aderisce. La ratifica parlamentare dell’accordo è sospesa fino a quando la corte non si esprimerà con una sentenza, per la quale ha tempo 3 mesi.

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    Redazione
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