Il racconto della giornata di mercoledì 8 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30.Dopo la disastrosa gestione del naufragio e dei soccorsi, ancora oggetto di indagini da parte della procura di Crotone, il governo si recherà a Cutro dove domani si terrà un Consiglio dei Ministri. Tuttavia, nelle ultime ore si è verificato un nuovo e clamoroso episodio: il governo ha deciso di spostare tutte le salme delle vittime al cimitero musulmano di Bologna, senza informare preventivamente le famiglie. Di fronte alle proteste dei parenti, il Prefetto è dovuto intervenire e il trasferimento è stato parzialmente bloccato. Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha affermato che la parità di genere nel mondo non verrà raggiunta prima di 300 anni. Secondo il segretario generale della NATO, Bakhmut potrebbe cadere in mano russa nel giro di pochi giorni. La Consulta ha fissato per il 18 aprile l’udienza pubblica in cui sarà trattata l’ordinanza con la quale la Corte d’assise d’appello di Torino ha sospeso il processo contro Alfredo Cospito
Cutro, lo schiaffo del Viminale alle vittime e alle loro famiglie
(di Michele Migone)
Una donna afghana che ha perso la figlia e il genero, ha preso il cartello e si è seduta a terra di fronte al Palamilione di Crotone dove le bare sono ancora in fila, una accanto all’altra. Sul cartello c’era scritto “Il governo italiano gioca con i morti”. Accanto a lei altri parenti delle vittime. La protesta ha avuto effetto: ha bloccato la decisione del Viminale di trasferire le salme a Bologna, a 946 chilometri di distanza. Una decisione presa senza consultare i familiari. E a quanto pare senza neppure avvertire il prefetto della città. Partiranno solo le salme per cui il governo ha avuto il permesso dalla famiglia, 10 oggi e 14 domani. Rimarranno quelle dei 17 afghani. Ancora risuonano quelle parole disumane sulle partenze irresponsabili dette dal ministro Piantedosi che oggi un altro atto è arrivato per rendere ancora più atroce il destino delle vittime del naufragio, prima da vivi e poi da morti. Secondo uno dei parenti, Abdollahim Yadgary, sei i morti della sua famiglia, il ministero voleva spostare tutte le salme a Bologna perché domani a Cutro arriverà l’intero governo per il Consiglio dei Ministri. Dopo alcune ore di braccio di ferro, il governo ha accettato di pagare le spese per il rimpatrio delle salme, anche se ha avanzato riserve di natura geopolitica su questi rimpatri, riserve non comprese dai familiari. Marco Bona, avvocato di una delle famiglie, ha parlato di sciatteria, di mancanza di rispetto e sensibilità nei confronti del dolore e del lutto di queste persone.
La crudeltà del governo a Cutro
(di Luigi Ambrosio)
Trasferire i morti della strage di Cutro a 945 chilometri di distanza. Il che avrebbe significato per i familiari delle vittime, arrivati di corsa a Crotone dai loro paesi di origine o dai paesi dove vivono, la Germania soprattutto, doversi sobbarcare un altro viaggio. Lungo, faticoso, doloroso. Costoso. La decisione di trasferire le salme da Catanzaro a Bologna era stata presa dal Viminale alla vigilia della calata dell’intero governo, che domani si riunirà a Cutro.
“Vogliono fare sparire i morti ma vogliono soprattutto fare sparire i loro familiari che avrebbero potuto manifestare”, dicono in Calabria. Avrebbero potuto guastare la scena del Consiglio dei Ministri riunito a Cutro.
Solo la protesta dei familiari ha smosso la Prefettura che ha raggiunto un compromesso: viaggio a Bologna su base volontaria. Alcuni hanno accettato, altri no. Anche perché all’inizio sembrava che si dovessero pure pagare le spese.
Per non dire dei sopravvissuti, che erano stati abbandonati fuori dal centro di accoglienza a passare la notte, in un capannone, su delle panchine o su dei letti con le reti ma senza i materassi.
Un trattamento crudele da parte di un governo impersonato da un ministro che definì i migranti sulle navi delle Ong “carichi residuali” e che dopo la strage di Cutro mandò il messaggio che è meglio non partire, per non rischiare quella fine.
“Sono orgoglioso di essere un questurino” aveva detto Piantedosi. Affermazione che potrebbe essere letta anche come “lavoro facendo quello che mi chiedono di fare”. E in effetti scaricare tutto su di lui sarebbe comodo. Pesa, oltre al cinismo di Piantedosi, il silenzio di Meloni. Anche oggi non ha detto una parola. Ed è un silenzio che indica chiaramente come la linea del ministro dell’Interno sia la linea del Governo tutto.
La parità di genere nel pianeta non sarà raggiunta prima di 300 anni
(di Alessandro Gilioli)
Se nasci femmina nelle zone rurali dell’Etiopia la tua vita ha solo ed esclusivamente tre possibilità: o sposarti ragazzina con un uomo di cui sarai schiava nei campi e a casa; o emigrare in un paese del golfo dove sarai schiava di una ricca famiglia locale; o andare a prostituirti per diventare schiava di turisti e funzionari stranieri.
Se nasci femmina nelle campagne del Sud Sudan sai già che (se non sarai uccisa dopo lo stupro di una milizia locale) comunque non vivrai dopo i 45-50 anni, perché quando le donne non hanno più il ciclo vengono espulse dai villaggi e mandate nel bush, dove moriranno rapidamente di stenti.
Se nasci femmina nello Yemen hai il 50 per cento delle probabilità che tu venga data in moglie a uno sconosciuto prima dei 14 anni.
Se nasci femmina nel Somaliland hai il 98 per cento di possibilità di subire mutilazioni genitali.
Se nasci in femmina in Afghanistan sai che non potrai mai studiare all’università.
Se nasci femmina di casta dalit nell’Uttar Pradesh indiano sai che nessuno verrà mai processato se il branco ti stupra.
Se nasci femmina in Mauritania non sarai mai proprietaria di nulla perché la legge stabilisce che tutto, dalla terra all’eredità, appartiene solo a tuo marito o a tuo fratello.
“La parità di genere nel pianeta non sarà raggiunta prima di 300 anni”, ha detto l’altro giorno il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Non sappiamo se è stato troppo pessimista. Sappiamo che per avvicinarci all’obiettivo dovremo lavorare molto tutti e tutte – e per tutto il nostro tempo di vita.
Stoltenberg: “Bakhmut potrebbe cadere in mano russa nei prossimi giorni”
(di Emanuele Valenti)
Secondo il segretario generale della NATO, Stoltenberg, Bakhmut potrebbe cadere in mano russa nel giro di pochi giorni.
“Non rappresenterebbe una svolta per la guerra – ha detto il segretario dell’Alleanza Atlantica – ma dobbiamo stare attenti a non sottovalutare le truppe di Mosca”.
Poche ore prima lo stesso Zelensky aveva messo in guardia su quello che potrebbe succedere a breve. “Da Bakhmut i russi avrebbero una porta aperta per la loro offensiva”. Parole molto diverse da quelle pronunciate finora dal presidente ucraino.
Difficile capire esattamente cosa stia succedendo sul terreno.
I mercenari di Wagner sostengono di controllare la parte orientale della città, a est del fiume che taglia quello che rimane – molto poco – della città.
A ovest di Bakhmut ci sono le due principali città del Donbas ancora in mano ucraina, Slovianask e Kramatarosk.
I servizi occidentali rimangono comunque convinti che i russi non riusciranno a guadagnare tanto territorio.
Oggi a Kyiv c’è stata la visita di Antonio Guterres.
Il segretario generale delle Nazioni Unite sta negoziando il rinnovo dell’accordo sul grano. Dopo un incontro con Zelensky ha ammesso che le trattative sono complesse. Ci sono ancora dieci giorni, fino al 18 marzo.
Il caso Cospito approda alla Corte Costituzionale
La Consulta ha fissato per il 18 aprile l’udienza pubblica in cui sarà trattata l’ordinanza con la quale la Corte d’assise d’appello di Torino ha sospeso il processo all’anarchico per i due ordigni davanti alla Scuola allievi carabinieri di Fossano e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in relazione a una norma del codice penale. Si tratta della norma che per il reato di strage politica non consente al giudice di ritenere prevalente la circostanza attenuante dei fatti di lieve entità in casi, come quello di Cospito, di recidiva aggravata. La procura generale aveva chiesto per Cospito il massimo della pena per devastazione, saccheggio e strage (ergastolo), mentre la difesa si è appellata alla lieve entità del fatto, non avendo provocato il fatto nessun ferito ed essendo – secondo la difesa – un atto dimostrativo. In punta di diritto, se venisse concessa l’attenuante della lieve entità, la condanna non potrebbe più essere quella massima ma sarebbe compresa tra i venti e i ventiquattro anni.