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La terza fase del conflitto in Palestina, i funerali di Giulia Cecchettin e le altre notizie della giornata

funerali Giulia Cecchettin

Il racconto della giornata di martedì 5 dicembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Con l’entrata dell’esercito israeliano a Khan Yunis e il bombardamento di Rafah, il conflitto in Palestina è entrato nella sua terza fase. Intanto, a sessanta giorni dall’inizio del conflitto, l’obiettivo iniziale di Israele, ovvero la sconfitta di Hamas, sembra ancora molto lontano. Prato della Valle, a Padova, è la seconda piazza più grande d’Europa, ed è stata scelta per celebrare il funerale di Giulia Cecchettin a cui hanno partecipato oltre 10 mila persone. Il consiglio dei Ministri ha dato il via libera alla rettifica sull’accordo sui migranti tra Italia e Albania. Oltre l’80% dei medici e degli infermieri italiani hanno aderito allo sciopero contro la manovra economica.

L’esercito israeliano nel centro di Khan Yunis

L’esercito israeliano ha detto che la guerra nella striscia di Gaza è entrata in una terza fase. I carri armati hanno circondato la città di Khan Younis, nel sud, e in quest’area sono in corso intensi combattimenti. L’esercito ha detto di essere dentro il centro della città, ma anche a Jabalia, nel nord e a Gaza City. Sono questi tre, in questo momento, gli epicentri del conflitto e gli effetti sulla popolazione civile sono devastanti. Migliaia di persone si stanno spostando da Khan Younis per cercare rifugio, affollando ulteriormente zone già oltre il limite. Secondo l’Unrwa, oltre un milione di persone arriveranno a Rafah nelle prossime ore. L’Oms ha detto che la situazione peggiora di ora in ora e che nei prossimi giorni vedremo nel sud la devastazione che già avremo visto nel nord, con i pochi ospedali ancora funzionanti al collasso totale.
Sentiamo Tommaso della Longa, portavoce della croce rossa internazionale.

 

Dopo 60 giorni di guerra, l’obiettivo di Israele di distruggere Hamas sembra ancora molto lontano. Secondo il Washington Post, circa 5mila miliziani sono stati uccisi, su un totale stimato di 30mila. I morti totali nella striscia sono più di 16mila.
Oggi intanto il premier israeliano Netanyahu ha incontrato i familiari degli ostaggi. “Allo stato attuale, non è possibile riportare tutti gli ostaggi indietro”, ha detto Netanyahu durante l’incontro descritto dai media come molto teso. Secondo le famiglie che hanno partecipato, il premier non “avrebbe risposto alle domande” limitandosi a leggere un testo già pronto e hanno definito l’incontro “una vergogna”.
Abbiamo chiesto un commento a Manuela Dviri, giornalista israeliana.

 

L’ultimo saluto a Giulia Cecchettin

(di Lorenza Ghidini)
Prato della Valle, a Padova, è la seconda piazza più grande d’Europa, ed è stata scelta per celebrare un funerale grande come se fosse di Stato, ma era di popolo. Oltre 10 mila persone hanno partecipato, una cosa mai vista se si pensa che in media in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni. In Chiesa si è celebrata una cerimonia animata da tanti giovani, con i canti e le letture, con le autorità discrete e defilate, il Vescovo che ha invocato il rispetto tra i generi e la pace dei cuori, anche per la famiglia Turetta. Un funerale quasi come un altro, come quelli commoventi perché muore una persona giovane, finché non ha preso la parola Gino Cecchettin. ‘Il femminicidio è il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne – ha detto – Educhiamo i nostri figli. Troviamo la forza di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento’. Lì fuori c’era una piazza, c’è un’Italia, a cui non interessava poi tanto la politica, ma certe parole chiare, dette con empatia, toccano il cuore e smuovono i pensieri. Se Elena Cecchettin aveva parlato alle donne, alle femministe, chiedendo di bruciare tutto, suo padre Gino oggi ha intercettato tutte le persone che in questo mese hanno infranto il muro dell’indifferenza. Lui che ha vissuto sulla sua pelle cosa può succedere quando si scambia il possesso con l’amore, lui che ha perso sua figlia ma oggi davanti a quella bara bianca ha stretto i denti perché aveva capito quanto importanti potevano essere le sue parole. E così, tra un segno della croce e un gesto di pace con le mani infreddolite, dopo un’ora di silenzio e lacrime, la piazza è esplosa in una vera ovazione per questo padre, e per Giulia si sono alzate le chiavi per aria, per fare rumore. Le chiavi che tutte tiriamo fuori in anticipo, quando rientriamo la sera tardi, per non perdere tempo al portone. Un vecchio detto un po’ cinico recita che ai funerali tutti piangono perché pensano alla propria morte. Forse oggi in piazza le ragazze, le loro mamme, ma anche i loro amici piangevano perché hanno capito che, in fondo, tutte potrebbero morire così. Il cambiamento potrebbe passare proprio da qui

Il via libera del Cdm all’accordo sui migranti tra Italia e Albania

(di Anna Bredice)
È stato approvato il disegno di legge che recepisce l’accordo tra Italia e Albania, ma la conferenza stampa che molti davano per sicura dei ministri Piantedosi e Nordio non c’è stata, forse è segno che alcuni aspetti del provvedimento non sono ancora confermati e definitivi, quali ad esempio l’esatto ammontare della spesa, quanti soldi dovranno essere stanziati per coprire tutti i cinque anni per cui è previsto l’accordo. Si parla di circa 200 milioni all’anno. L’intesa prevede la creazione di un Cpr dove verranno trattenuti i migranti che verranno portati direttamente sulle cose albanesi invece che in Italia, imbarcati da acque extra Unione europea. Un accordo che è stato molto contestato, visto con molte critiche anche in Europa, salvo ora vedere delle aperture da parte della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, forse in vista delle elezioni dell’anno prossimo, e della necessità di cercare un piano di collaborazione con il governo italiano, anche per le future alleanze, cosa che naturalmente aumenta ancora di più il divario tra Meloni e Salvini, ormai proiettato in una campagna elettorale antieuropeista. L’accordo approvato in Consiglio dei ministri prevede alcune modifiche rispetto a quello iniziale perché tutte le comunicazioni tra gli avvocati e i migranti che presenteranno ricorsi o richieste di asilo verranno fatte in videocollegamento tra Roma e Tirana, anche per evitare uno degli aspetti più controversi, come organizzare i continui spostamenti tra le due coste per gli avvocati e i magistrati che dovranno decidere. Un’operazione, quella dell’accordo tra i due paesi, che ha un aspetto forse più di deterrenza che di soluzione di un problema che il governo vive come tale e che non è riuscito finora a risolvere. Giorgia Meloni è stata anche costretta in qualche modo a garantire una discussione e un voto su questo accordo, perché inizialmente non era previsto. Sono state le opposizioni a chiederlo e quindi appena si avrà il testo definitivo, dovrà passare anche per il voto in Parlamento.

Lo sciopero di medici e infermieri contro la manovra economica

Per le organizzazioni sindacali l’adesione è stata altissima, un messaggio al governo perché convochi subito un tavolo di confronto altrimenti – dicono i medici- arriveremo alle dimissioni di massa”.
Pierino Di Silverio, segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, che insieme alla Cimo e al Nursing up sindacato degli infermieri ha proclamato la protesta di oggi.

 

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    La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i buoni pasto: “Abbiamo chiesto 1,50 euro in più, non la luna, ma l’azienda ci ha detto di volerli spalmare sui prossimi tre anni”. Il caro-vita però non aspetta e insieme ad altre questioni come il premio di risultato insufficiente, i ritmi di lavoro e il clima interno hanno portato a uno stallo nelle trattative per il rinnovo del contratto e a questa giornata di sciopero nazionale. Secondo i delegati in piazza l’adesione è stata dell’80% negli store più grandi e del 70% in quelli più piccoli. Il gruppo Feltrinelli ha ribadito la sua posizione: “Siamo aperti a proseguire la negoziazione con l’obiettivo di giungere a una soluzione condivisa e sostenibile sulle questioni ancora aperte”. Oggi ci sono stati una decina di presidi in altrettante città italiane convocati da Cgil, Cisl e Uil di categoria, noi siamo stati a quello di Milano, dove la manifestazione fuori dalla Fondazione Feltrinelli in via Pasubio è diventata un corteo fino agli uffici Feltrinelli di via Quadrio. Le interviste sono di Roberto Maggioni.

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