Il racconto della giornata di martedì 4 ottobre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Le notizie delle ultime ore sulla guerra in Ucraina confermano che in questo momento il corso degli eventi è favorevole a Kiev. Il Ministero degli Esteri russi, dopo le indiscrezioni diffusi da alcuni media europei, ha precisato che Mosca non comincerà mai per prima una guerra nucleare. L’Europa, intanto, è ancora distante dal trovare una risposta comune alla crisi energetica e all’aumento del prezzo del gas. In Italia Matteo Salvini, come se nulla fosse accaduto, oggi durante il Consiglio federale della Lega ha chiesto al partito pieni poteri per trattare con Giorgia Meloni. Domani a Firenze ci sarà lo sciopero cittadino indetto dai sindacati dopo la morte di Sebastian Galassi, il fattorino di 26 anni travolto sabato scorso da un’auto mentre effettuava una consegna.
Zelensky approva un decreto che definisce impossibile negoziare con Putin
Le notizie delle ultime ore sulla guerra in Ucraina confermano che in questo momento il corso degli eventi è favorevole a Kiev. L’esercito ucraino continua ad avanzare nel sud e nell’est e Zelensky si è spinto ad approvare un decreto che definisce impossibile negoziare con Putin. Le possibili mosse russe, a partire dalle famose minacce nucleari, rimangono però imprevedibili. Qual è la situazione sul campo? Emanuele Valenti:
Cosa potrebbe cambiare un eventuale attacco atomico da parte di Putin?
Alcuni media europei oggi hanno parlato di un imminente test nucleare russo vicino al confine con l’Ucraina. Il Cremlino ha detto che non risponde alla retorica nucleare dell’Occidente, mentre il Ministero degli Esteri ha precisato che Mosca non comincerà mai per prima una guerra nucleare. Ma cosa potrebbe cambiare un eventuale attacco atomico da parte di Putin? Ascoltiamo Guido Olimpio, analista di questioni militari di sicurezza:
L’Europa si spacca sulla risposta alla crisi energetica e all’aumento del prezzo del gas
Nonostante il via libera dell’Ecofin, il vertice dei Ministri delle Finanze europei, all’aggiunta del nuovo capitolo RePowerUe ai piani nazionali di ripresa e resilienza, l’Europa è ancora distante dal trovare una risposta comune alla crisi energetica e all’aumento del prezzo del gas. Il vertice si è aperto con le accuse a Berlino sullo scudo per l’energia ed è proseguito con uno scontro diretto sul fondo comune SURE. Il nostro collaboratore ed editorialista Andrea di Stefano:
Salvini chiede alla Lega pieni poteri per trattare con Meloni
(di Anna Bredice)
Come se nulla fosse accaduto, come se non avesse fatto perdere alla Lega 3 milioni di voti, Salvini durante il Consiglio federale ha chiesto al partito pieni poteri per trattare con Giorgia Meloni in una posizione di forza, a quanto pare anche per sé stesso. È Giancarlo Giorgetti a dire, uscendo dalla riunione, che Salvini è il candidato naturale al Viminale, un modo per difendere il capo in grande difficoltà, ma soprattutto per indicare che al Ministero dell’Interno dovrebbe andare un leghista. Di Giorgetti si parla come uno dei nomi più quotati per la presidenza della Camera dei deputati, non è una figura della Lega sovranista e soprattutto lascerebbe il campo libero nel governo ad altri. Salvini ha voluto riunire il Consiglio federale per mostrare che non è isolato, che non c’è nessuna fronda, rimane in campo con il compito di portare ad un governo politico, un messaggio per sottolineare che i tecnici, come forse preferirebbe Giorgia Meloni, non sono graditi. Salvini non cede nulla, sia sul governo che sui singoli temi, nell’elenco di questi infatti appare nuovamente la flat tax fino a 100mila euro e il superamento della legge Fornero con quota 41, proprio ciò che Confindustria ieri aveva chiesto di non fare. Salvini ripropone questi due cavalli di battaglia e così come vuole dimostrarsi forte dentro la Lega, nello stesso modo non cede nei confronti di chi fino a qualche anno fa gli aveva concesso grande apertura di credito, gli industriali, e ora preferiscono guardare a Giorgia Meloni perché darebbe maggiori garanzie.
Sui ministeri la Lega ne prenota parecchi, sapendo che si apre una trattativa, Interni, Riforme e Autonomia, Agricoltura e Infrastrutture. Da Giorgia Meloni ancora silenzio sulle caselle, più impegnata a trovare sintonia con Mattarella e Draghi sulla necessità di una Europa unita per affrontare guerra e caro energia.
La normalità del meccanismo dietro alle piattaforme di delivery: il caso di Sebastian Galassi
(di Massimo Alberti)
Domani a Firenze ci sarà lo sciopero cittadino indetto dai sindacati dopo la morte di Sebastian Galassi, il fattorino di 26 anni travolto sabato scorso da un’auto mentre effettuava una consegna. Galassi lavorava per Glovo, una delle principali piattaforme di consegne a domicilio. Che, dopo la sua morte, lo ha licenziato via mail.
“Gentile Sebastian, Glovo intende offrire un’esperienza ottimale ai propri corrieri, partner e clienti. Talvolta è necessario prendere dei provvedimenti quando uno di questi utenti non si comporta in modo corretto. Siamo spiacenti che il tuo account è stato disattivato per il mancato rispetto di termini e condizioni. Cordiali saluti, Glovo”.
Immaginate lo sconcerto della zia e del padre di Sebastian Galassi quando hanno visto quel testo, algido, burocratico. Perché tale è la violenza dell’algoritmo. Il tu al lavoratore chiamato per nome ed un tono paternalista per mascherare distacco. Lavoratori definiti utenti, al pari di chi riceve il pacco e di chi lo invia. L’automatismo per cui, se non porti a termine le consegne, se non rispetti i termini, decade l’account, perché non essendo dipendente nemmeno ti licenziano. Ma Sebastian la consegna non l’aveva fatta perché era morto sul lavoro. L’azienda si è scusata per quello che ha definito un errore e, racconta la zia, ha promesso un contributo alle spese del funerale.+
Al di la dell’indicibile violenza che esprime, la lettera ha almeno il pregio di sbatterci in faccia la normalità del meccanismo che sta dietro alle piattaforme: numeri senza diritti, non lavoratori ma utenti. Ci interroga su quali leggi, cambiamenti sociali che portano a identificarci come consumatori e non noi stessi lavoratori, abbiano reso possibile tutto ciò. Perché al di là del caso estremo, avverte il giuslavorista Antonio Aloisi “questa caratteristica dei sistemi digitali si sta espandendo in tutti i settori. Gli algoritmi non sono neutrali ma perpetuano un modello di organizzazione, controllo, disciplina che va oltre ogni immaginazione Orwelliana, ormai diventato normalità”.