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Un decreto sanità che non cambierà nulla, le pressioni interne su Netanyahu e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di martedì 4 giugno 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. A pochi giorni dalle europee il governo e la maggioranza sono alle prese con una vera e propria maratona di provvedimenti simil-elettorali. Intanto, continua la campagna elettorale mascherata di Giorgia Meloni. Si intensificano le pressioni diplomatiche su Hamas e Netanyahu per un cessate il fuoco. La tensione cresce anche al confine nord d’Israele, dove oggi c’è stato uno scambio di razzi tra l’esercito e Hezbollah. La vittoria di Modi è ampiamente al di sotto delle aspettative. Il collettivo di fabbrica della ex Gkn ha annunciato uno sciopero della fame. Lo sciopero dei lavoratori dello spettacolo.

Sanità, un decreto che non cambia nulla e una lista di promesse

A pochi giorni dalle europee il governo e la maggioranza sono alle prese con una vera e propria maratona di provvedimenti simil-elettorali. Dopo il salva casa di Salvini, la riforma della giustizia voluta da Forza Italia, oggi è stata la volta del capitolo sanità. Il consiglio dei ministri ha approvato un decreto e un disegno di legge che hanno come obbiettivo quello di ridurre i tempi di attesa per visite ed esami. Il primo è però sostanzialmente una riformulazione di misure già esistenti e non stanzia niente mentre il secondo è una lunga lista di promesse che bisognerà aspettare mesi per vedere effettivamente approvate in parlamento e poi attuate. Vittorio Agnoletto

 

Archiviato così il capitolo sanità, domani Meloni andrà a fare campagna elettorale in Albania: sarà in visita nei luoghi dove nelle intenzioni sorgeranno i centri per l’esame delle richieste di asilo dei migranti. Meloni ha anche parlato dei decreti flussi, scoprendo quello che associazioni e osservatori da sempre dicono: e cioè che i click day delle sanatorie si traducono molto spesso in onerose (per i migranti) procedure di emersione dall’illegalità e dal lavoro nero piuttosto che in percorsi di migrazione sicuri e concordati. Meloni ha detto di avere fatto un esposto alla direzione nazionale antimafia su questo e sulla concentrazione di richieste di sanatoria nella regione Campania. Giulia Gori, portavoce della campagna Ero straniero.

 

Tutti questi annunci da parte del governo e di Meloni arrivano a una pochi giorni dalle europee. La presidente del Consiglio vorrebbe poi far valere i suoi numeri per cambiare gli equilibri europei e spostare la commissione a destra. L’opinione del politologo francese Ives Meny, raccolta da lele Liguori.

 

Le pressioni diplomatiche su Hamas e Israele per un cessate il fuoco

Si intensificano le pressioni diplomatiche su Hamas e Israele per un cessate il fuoco. Il Qatar ha detto oggi che anche se la distanza tra le due parti sembra essersi accorciate, ancora non sono arrivate risposte concrete. Un alto funzionario di Hamas ha detto che non è il gruppo palestinese a ostacolare l’accordo”. In Israele crescono le pressioni interne affinché Netanyahu accetti l’accordo. Accresciute ulteriormente dalla notizia diffusa dal governo secondo cui un terzo degli ostaggi israeliani ancora in mano di Hamas a Gaza è morto. Il presidente degli stati uniti Joe Biden, in un’intervista con il Times pubblicata oggi ma realizzata la scorsa settimana, ha detto che “ci sono tutte le ragioni per credere che Netanyahu stia prolungando la guerra per motivi politici. Dal premier israeliano ancora non sono arrivate dichiarazioni chiare sul cessate il fuoco.
Sentiamo Arturo Marzano, professore dell’Università di Pisa, studioso del conflitto israelo-palestinese.


Intanto cresce la tensione anche al confine nord d’Israele, dove oggi c’è stato uno scambio di razzi tra l’esercito e Hezbollah. Nel nord d’israele i razzi lanciati dal gruppo libanese hanno fatto scoppiare un incendio. Il capo di stato maggiore israeliano, in visita al fronte nord ha detto che l’esercito è pronto per una guerra con il Libano, aggiungendo: “Ci stiamo avvicinando al punto in cui devono essere prese decisioni”.
A Gaza i bombardamenti continuano, soprattutto nel centro della striscia, dove l’esercito ha detto di aver lanciato un’operazione. Nelle ultime ore i raid hanno colpito anche un centro di sfollati a deir el balah, uccidendo almeno 8 persone.
Anche in Cisgiordania la situazione resta tesa. L’onu oggi ha chiesto di porre fine all’aumento della violenza, affermando che è “inconcepibile” che più di 500 palestinesi siano stati uccisi dal 7 ottobre.
A Jenin abbiamo raggiunto Ahmad Odeh, ingegnere palestinese

 

India, la vittoria a metà di Modi

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha rivendicato sui social la vittoria per il terzo mandato. “La gente ha riposto la propria fiducia in noi per la terza volta consecutiva”, ha scritto su twitter. Con il 95% delle schede scrutinate, ormai il risultato è quasi certo, ma la vittoria di Modi è ampiamente al di sotto delle aspettative. A sorpresa, infatti, il Bjp – il partito di Modi – non ha i numeri per governare da solo e per la prima volta in un decennio avrà bisogno del sostegno delle formazioni alleate. Il partito del Congress, la principale formazione d’opposizione, ha invece quasi raddoppiato i suoi seggi in parlamento.
A Varanasi, in India, abbiamo raggiunto il giornalista Matteo Miavaldi

Lo sciopero della fame degli operai ex Gkn

Il collettivo di fabbrica della ex Gkn ha annunciato che da stamattina è iniziato uno sciopero della fame. In un testo pubblicato sui social network si ricordano i due anni di cassa integrazione e i cinque mesi senza stipendio, ma si sottolineano soprattutto i rinvii e le svolte promesse e mai concretizzate dal 9 luglio 2021, quando fu comunicata improvvisamente la chiusura della fabbrica alle porte di Firenze. Tra le richieste del collettivo ci sono un consorzio pubblico regionale che si occupi dell’area e l’inizio di una vera discussione sulla reindustrializzazione

Il Messaggero ha licenziato il direttore Alessandro Barbano

Nelle prossime ore l’assemblea dei giornalisti del Messaggero deciderà quali azioni mettere in campo dopo la rimozione del direttore, Alessandro Barbano. Il giornalista era in carica da appena un mese, ieri sera la notizia del suo licenziamento. Per l’editore Caltagirone “non ha rispettato gli impegni contrattuali”, ma – secondo alcune fonti di stampa – il gruppo non avrebbe gradito un editoriale pro-Europa e critico nei confronti del governo. Si parla anche del rifiuto da parte di Barbano di fare interviste ai leader politici, Meloni compresa, con domande per iscritto. Il gruppo Caltagirone ha smentito queste ricostruzioni. Sul caso si muove la Federazione nazionale della stampa. Sentiamo Alessandra Costante, segretaria dell’Fnsi.

 

La protesta dei lavoratori dello spettacolo

(di Barbara Sorrentini)

“Siamo ai titoli di coda”. Lo striscione e l’hastag della protesta dei lavoratori dello spettacolo ha un titolo molto chiaro ed emblematico. E’ così che sono scesi in piazza autori, registi e maestranze del cinema per dichiarare lo stato d’emergenza che sta vivendo questo settore culturale. Nel sit-in di stamattina in piazza Santi Apostoli a Roma è stata urlata a gran voce la mancanza dei decreti attuativi relativi al tax credit e la situazione di crisi del settore, in seguito alla serata manifesto organizzata ai primi di aprile all’Adriano di Roma in cui veniva dichiarato lo stato di crisi in vista dello sciopero del 3 giugno. “Il cinema è finzione, il nostro lavoro no” è scritto su un altro striscione, a cui i numeri danno credito: il 60 per cento delle produzioni è ferma, i sindacati stanno facendo pressioni sul governo nel periodo che dovrebbe essere più produttivo, mentre è assente il picco occupazionale dei mesi più caldi e lavorativi. Durante la protesta una delegazione ha incontrato il segretario generale del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, consegnando una lettera aperta, firmata dalle associazioni promotrici. Chissà se verranno ascoltati.

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