Il racconto della giornata di martedì 28 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il ministro per i rapporti col parlamento Fitto ha ammesso che il governo non riuscirà a chiudere entro il 2026 alcuni progetti del PNRR. A partire dal 2035, le auto altamente inquinanti non potranno più essere commercializzate in Europa, tuttavia, la Germania è riuscita a ottenere una deroga per l’utilizzo degli e-fuel. L’Italia si è astenuta nel voto finale con cui i ministri dell’energia hanno ratificato lo stop ai motori termici nel 2035. Continuano le manifestazioni in Francia contro la riforma delle pensioni voluta dal governo Macron. Secondo i media russi un drone ucraino si sarebbe schiantato a circa 70 chilometri da Mosca. Francesco Boccia e Chiara Braga sono i nuovi capigruppo del Pd alla Camera e in Parlamento. In Birmania, la giunta militare golpista ha ufficialmente sciolto la Lega nazionale per la democrazia.
La gestione dei fondi del PNRR mette in crisi il governo
“Non ce la faremo” Il ministro per i rapporti col parlamento Fitto ammette che il governo non riuscirà a chiudere entro il 2026 alcuni progetti del PNRR. “da qui al 30 giugno 2026 non potremo fare tutti gli interventi previsti dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa”. Sono le parole di Fitto, nel suo intervento alla presentazione della Relazione della Corte dei Conti sul PNRR alla Camera. Una relazione impietosa, tra progetti fermi e risorse non spese. Che portano ad un’ammissione che mette di fatto a rischio l’arrivo delle prossime rate dei fondi. L’Europa ha già congelato la prossima, dal valore di 19 miliardi, oltre la data del 31 marzo.
(di Massimo Alberti)
Tra asili nido, sanità, e un po’ tutti i settori, sono almeno 20 gli obbiettivi che l’Italia doveva chiudere entro il 2022 ed ancora non ci sono, ma soprattutto è “l’attuazione e finanziaria” del piano, ovvero la spesa effettiva, ad essere ferma. Ad oggi la Corte dei Conti stima una spesa effettiva al netto degli incentivi di 10 miliardi, pari al 6% delle risorse. Tale situazione, scrivono i magistrati contabili, mette in evidenza l’importante sforzo finanziario richiesto nei prossimi anni per assicurare il pieno utilizzo delle risorse stanziate nel Piano. Insomma quello su cui Fitto ammette che non ce la si farà. dei 13 obiettivi che Bruxelles ritiene rilevanti da raggiungere entro il 31 marzo, solo 5 sono centrati. E ci sono anche gli arretrati:3 misure adottate dal governo Draghi su cui l’Europa ha preso tempo nelle attività trimestrali e semestrali di verifica. Ma c’è anche un altro aspetto che la corte dei conti tocca nel vivo della debacle del sistema italiano: le regole sul reclutamento del personale nella pubblica amministrazione, tra precariato, stipendi bassi, patto di stabilità, e tagli. Il presidente dell’associazione Sindaci, DeCaro, lo aveva ammesso: solo con contratti precari non troveremo tecnici. E stipendi bassi, con concorsi che vanno a vuoto. E così, raccontano i sindaci, il comune di Asti deve rinunciare al progetto di una scuola perché non ha i tecnici, il comune di Castenaso ha restituito i fondi, e l’elenco dei comuni che hanno lasciato perdere stremati da tagli del personale potrebbe continuare, in una pubblica amministrazione che ha perso il 20% del suo personale solo negli ultimi 10 anni, tra mancato ricambio (e una media di oltre 50 anni di età) per la mancata sostituzione dei menzionati, al blocco delle assunzioni. Insieme agli obbiettivi di responsabilità della politica, da possibile rilancio il PNRR diventa così simbolo di fragilità, tra austerità ed ideologia.
Il compromesso sullo stop alle auto a combustibili fossili
Il compromesso raggiunto nei giorni scorsi in sede europea sulle auto non inquinanti è stato ratificato oggi dai ministri dei 27: dal 2035 non potranno più essere vendute nel continente auto inquinanti. O quasi, perché la Germania ha ottenuto una deroga per i carburanti di sintesi: gasolio e benzina estratti non dal sottosuolo ma prodotti in laboratorio attraverso la combinazione di idrogeno e anidride carbonica presenti in atmosfera. Secondo le associazioni ambientaliste la decisione rischia di ritardare ulteriormente il processo di transizione all’elettrico necessaria a centrare gli obiettivi climatici che la stessa Europa si è data.
Anche l’Italia chiedeva una deroga: sui biocarburanti, quelli cioè estratti da materie prime vegetali. Ma la richiesta, presentata in ritardo e probabilmente senza i sufficienti approfondimenti, non è stata accolta. Anche i biocarburanti comunque, per le immense distese di terra coltivate a monocoltura necessarie a produrli e per il fatto di essere usate in motori a combustione interna, sono criticati dalle associazioni ambientaliste.
L’ultima figuraccia del governo Meloni in Europa
L’hanno presentata come una vittoria, ma in realtà è una sconfitta, l’ennesima figuraccia che il governo Meloni fa in Europa. Frutto del solito modo di agire, un misto di portato ideologico sommato all’incapacità di manovrare dal punto di vista politico. L’Italia si è astenuta nel voto finale con cui i ministri dell’energia hanno ratificato lo stop ai motori termici nel 2035. Un’astensione e non un voto contrario, come annunciato in precedenza, per far buon viso a cattivo gioco, poter dire poi di aver ottenuto qualche cosa. Cosa, in realtà non si è compreso. Secondo il ministro per l’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il governo italiano ha ottenuto che l’Europa allo scadere del 2026 possa considerare l’utilizzo dei biocarburanti anche dopo il 2035. In verità, l’ipotesi appare molto, molto remota. L’Italia è rimasta così con il consueto pugno di mosche in mano perché ha giocato, anche in questo caso, molto male le sue carte. Un mese fa, subito dopo il voto del Parlamento Europeo che dava il via libera, Giorgia Meloni aveva annunciato che il governo italiano avrebbe votato contro lo stop ai motori termici dal 2035. Roma ha quindi creato un asse con Berlino e altri 10 paesi della UE, per lo più dell’Est per bloccare il provvedimento. Di fronte a questo schieramento, il consiglio aveva allora deciso di rinviare il voto. E’stato allora che la Germania, con grande cinismo politico, ha messo la freccia, ha lasciato l’Italia sul posto e nello scorso weekend ha concluso con Bruxelles un accordo che prevede l’utilizzo degli e-fuels , cioè i carburanti sintetici, anche dopo il 2035. Roma – che invece voleva i biocarburanti – è rimasta al palo. Il governo italiano, invano, ha tentato di modificare la situazione, ma il testo era blindato. Alla fine, Roma si è astenuta. Ma solo per evitare di risultare tra gli sconfitti.
La decima giornata di scioperi e manifestazioni in Francia
Novantatremila persone secondo la questura, quattrocentocinquantamila secondo il sindacato. Sono i numeri della manifestazione di Parigi contro la riforma delle pensioni per la decima giornata di mobilitazione. Cortei però ci sono stati in tutto il paese, in circa 200 città, e secondo il ministero dell’interno in piazza, in tutta la Francia, oggi c’erano 740.000 persone.
Il servizio da Parigi
In piazza oggi c’erano lavoratori di tutte le età, tutte le principali confederazioni sindacali ma anche moltissimi giovani e studenti.
Sentiamo le voci della piazza di Parigi raccolte dal nostro Francesco Giorgini
Un drone ucraino si è schiantato vicino Mosca
I media russi oggi hanno dato la notizia di un drone ucraino che si sarebbe schiantato a circa 70 chilometri da mosca. Secondo quanto riportato il velivolo era colorato dei colori della bandiera ucraina e sul dorso c’era scritto “gloria all’ucraina”. Per il momento né Kiev né il Cremlino hanno commentato la notizia.
Intanto secondo l’agenzia internazionale per l’energia atomica, i combattimenti si sono intensificati intorno alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, aumentando ulteriormente la possibilità di un incidente nucleare. Il capo dell’Aiea, Rafael Grossi, ha detto però che un accordo sulla protezione dell’impianto potrebbe essere vicino, e che – dopo aver incontrato Zelensky – “molto probabilmente” andrà in Russia nei prossimi giorni.
Il Pd ha eletto i nuovi capigruppo alla Camera e in Parlamento
(di Anna Bredice)
Finora l’elezione di Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera dei deputati ha rispettato le intenzioni e il modo in cui Elly Schlein aveva pensato di affrontare gli assetti del partito in Parlamento, scegliendo due capigruppo a lei vicini, che l’hanno sostenuta alle primarie e che diventeranno quella cinghia di trasmissione tra le battaglie che la segretaria continuerà a combattere nelle piazze e il tentativo di farle diventare leggi in Parlamento. Due ruoli importanti presidiati da persone fidate, ora però è come se navigasse di più in mare aperto e le famose correnti anziché diminuire diventano anche più numerose, come quella dei neoulivisti, pronte a sostenerla ma in attesa di avere in cambio qualcosa. Per ora si tratta di decidere gli assetti del partito e alcuni posti in Parlamento, gli uffici di presidenza, i vicesegretari, i questori, sono alcuni ruoli nei quali può scegliere di indicare esponenti della minoranza, anche parlamentari come Simona Malpezzi, ex capogruppo al Senato, che questa mattina non ha esitato a criticare il modo di operare di Elly Schlein, “la fiducia deve essere reciproca, ha detto, si è parlato troppo sui giornali e meno tra noi”. Sono malumori che la segretaria del Pd aveva messo sicuramente in conto, ha sempre rivendicato di voler una gestione unitaria della segreteria cercando la collaborazione di Stefano Bonaccini, la sfida è di riuscire a gestire tutto questo e non venirne assorbita, perdendo di vista quel traguardo che si era promessa durante le primarie: scegliere persone nuove, che provengono da quel campo vasto di movimenti che l’hanno sostenuta nell’ultimo anno, sapendo però bene che molti nel partito l’hanno appoggiata, primo tra tutti Franceschini, poi Orlando, Zingaretti, esponenti di potere nel Pd, che ora forse chiedono in cambio ruoli nella segreteria.
Birmania, la giunta militare ha sciolto la Lega nazionale per la democrazia
In Birmania, la giunta militare golpista al potere dal febbraio 2021 ha ufficialmente sciolto la Lega nazionale per la democrazia, il partito della leader democratica Aung San Suu Kyi, in carcere dall’inizio del colpo di stato.
Lo scioglimento è stato deciso sulla base della nuova legge elettorale varata dalla giunta che in vista di possibili elezioni promesse e poi rinviate, ha dato ai partiti politici due mesi di tempo per registrarsi secondo nuove regole, alle quali l’Nld non si è sottoposto. Secondo le opposizioni, le elezioni promesse dal regime non saranno né libere né giuste.
Il mese scorso, dopo aver rimandato le elezioni che aveva promesso per agosto, la giunta ha esteso di altri sei mesi lo stato d’emergenza, per il quale nella repressione sono state uccise almeno 3.100 persone e altre 20.000 circa arrestate.
Il Leone d’Oro alla Carriera per Liliana Cavani
(di Barbara Sorrentini)
“Una delle protagoniste più emblematiche del nuovo cinema italiano degli anni Sessanta”. Ha motivato così il direttore Alberto Barbera la decisione di assegnare a Liliana Cavani il Leone d’Oro alla Carriera dell’ottantesima Mostra del Cinema di Venezia. Oltre sessant’anni di storia dello spettacolo, tra scrittura, teatro, televisione, musica lirica e ovviamente cinema. La Cavani a Venezia ha portato moltissime opere: Francesco D’Assisi, Galileo, I Cannibali, Il gioco di Ripley e Le Clarisse e verrà premiata “per lo spirito non convenzionale e l’inquietudine intellettuale che hanno reso celebri i suoi film” – ha specificato Barbera. L’anticonformismo dei suoi film, la storia e la cultura che abbracciano la spiritualità, sono l’esempio di un cinema che ha fatto scuola negli anni.
Oltra a Liliana Cavani verrà premiato con la stessa onorificenza l’attore di Hong Kong Tony Leung, un giovane sessantenne, noto per film come Happy Together e In the mood for love di Wong Kar-Wai e per un genere che ha reso famoso in Occidente il cinema asiatico negli anni ’80 e ’90, a volte anche un po’ vicino ad Hollyood.