Il racconto della giornata di martedì 24 ottobre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. È scontro all’Onu sul conflitto tra Israele ed Hamas: dopo l’appello di Guterres per una tregua umanitaria a Gaza, Israele ha chiesto le sue dimissioni. Non c’è ancora l’accordo nella maggioranza sulla riforma della giustizia, in particolare sulla prescrizione, tema molto caro a Forza Italia. La manovra è stata messa a punto, con qualche novità rispetto alle bozze diffuse in precedenza. Sul campo in Ucraina, a venti mesi dall’inizio del conflitto, continuano gli attacchi russi con i droni mentre Zelensky ha dichiarato che la Marina russa non è più in grado di operare nel Mar Nero e sta abbandonando la Crimea.
Lo scontro all’Onu tra Guterres e Israele
È scontro all’Onu sul conflitto tra Israele ed Hamas: la sessione del Consiglio di Sicurezza si è aperta a New York con un appello del segretario generale Antonio Guterres per una tregua umanitaria a Gaza; subito dopo il suo intervento però Israele ha chiesto le sue dimissioni.
Non è la prima volta che Guterres chiede con forza un cessate il fuoco immediato a Gaza, con il principale obiettivo dichiarato di permettere l’ingresso agli aiuti umanitari. Nel suo discorso Guterres ha anche denunciato le violazioni del diritto internazionale in corso nella striscia: “Vorrei essere chiaro: nessuna parte in un conflitto armato è al di sopra del diritto internazionale umanitario”, ha precisato Guterres senza nominare esplicitamente Israele.
La dichiarazione che ha suscitato l’ira di Tel Aviv è però questa: “È importante riconoscere anche che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”.
Parole inaccettabili per Israele: l’ambasciatore di Tel Aviv all’Onu ha chiesto immediatamente le sue dimissioni, accusandolo di “aver mostrato comprensione per la campagna di sterminio di massa di bambini, donne e anziani”. Il ministro degli esteri israeliano che si trova a New York per partecipare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha cancellato l’incontro in programma con Guterres, affermando che “dopo il 7 ottobre non c’è spazio per un approccio equilibrato. Hamas deve essere cancellato dal mondo”.
A far aumentare l’irritazione di Tel Aviv si è aggiunto anche il Segretario di Stato americano Antony Blinken, che, se da un lato ha chiesto a tutti gli stati presenti di condannare l’attacco terroristico di Hamas e di cercare di usare la propria influenza per il rilascio degli ostaggi, dall’altro ha ribadito la richiesta di una tregua e dell’arrivo di aiuti umanitari per la striscia. Soprattutto, ha sottolineato che gli Stati Uniti lavorano per la pace e per la soluzione a due stati, una soluzione sempre rigettata da Netanyahu.
Un’altra giornata di bombardamenti su Gaza in attesa dell’operazione di terra
Lo scontro diplomatico di oggi resta sullo sfondo di un conflitto che si fa ogni giorno più intenso, con un’operazione di terra che Israele dichiara sia sempre più imminente. “Siamo davanti al prossimo passo, sta arrivando” ha detto poco fa il premier Benyamin Netanyahu parlando ai soldati in una base dell’esercito. L’esercito è pronto per l’invasione di terra di Gaza e prenderà la decisione di dare il via all’operazione assieme al potere politico”, aveva detto poco prima il capo di stato maggiore israeliano. Dichiarazioni queste che sembrano soprattutto mirate a mettere a tacere le voci di contrasti tra il governo di Benjamin Netanyahu e i vertici militari sull’avvio dell’operazione.
Nell’incertezza dell’avvio dell’operazione di terra israeliana a Gaza, i bombardamenti dell’aviazione continuano, e colpiscono tutto il territorio della striscia, da nord a sud. Oggi un missile ha centrato un mercato a Nusseirat, nella parte meridionale della Striscia; ci sono molti morti secondo testimoni sul posto. Le autorità sanitarie palestinesi parlano di quasi 6mila morti palestinesi dall’inizio del conflitto. La situazione è grave soprattutto negli ospedali, due terzi dei quali non è già più operativa secondo l’OMS. L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi ha fatto sapere oggi che se non verrà autorizzato l’ingresso di carburante nella Striscia, tra 24 ore sarà costretta a sospendere le operazioni. Oggi era stato annunciato l’arrivo di un quarto convoglio umanitario, ma il valico di Rafah che collega Gaza all’Egitto non è stato riaperto.
Meloni indurisce la linea nei confronti di Forza Italia
(di Anna Bredice)
Non c’è ancora l’accordo nella maggioranza sulla riforma della giustizia, in particolare sulla prescrizione, tema molto caro a Forza Italia, tanto che una delle diverse leggi ad personam per Berlusconi, la Cirielli, trattava proprio di prescrizione. Per ora non se ne fa niente, Fratelli d’Italia non vuole darla vinta al viceministro della giustizia Sisto di Forza Italia che vorrebbe tornare alla Cirielli, anziché ad una revisione della legge Orlando, come vorrebbero gli altri. Nessun accordo, si rischia di arrivare in aula senza un emendamento della maggioranza. E anche in questo caso, sembra proprio che ci sia lo zampino di Giorgia Meloni, che ieri ha voluto, a sorpresa, essere presente ad un vertice a Palazzo Chigi sulla giustizia, invece di delegarlo a Nordio e al suo fedelissimo viceministro Del Mastro. È forse in quel momento che si è stabilita la linea di non fare nessuna concessione a Forza Italia su una questione che per la famiglia Berlusconi e per la storia del loro padre, sempre considerato un perseguitato dalla giustizia, è altamente simbolica. Quell’annuncio di nessun riguardo per Mediaset, fatto da Donzelli subito dopo quel video della presidente del Consiglio Meloni al teatro Brancaccio, trova più di una conferma in questi giorni. Prima l’irritazione per la scelta di Giuliano Amato a presidente del Comitato sull’intelligenza artificiale e l’editoria scelto dal responsabile editoria di Palazzo Chigi, di Forza Italia. Poi il blocco del decreto energia, fermato e per ora sospeso a causa di frizioni tra il ministro dell’ambiente, anche lui di Forza Italia e Fitto, responsabile del Pnrr. Tre indizi sembrano quasi una certezza di una linea molto più dura nei confronti di Forza Italia, che a parte la vittoria di Galliani in una zona così vicina alle aziende della famiglia di Berlusconi, come il collegio di Monza, altrove è un partito in grande difficoltà, che potrebbe non avere la forza di fermare provvedimenti non graditi, ma in agguato c’è sempre Mediaset, controllata fortemente dai figli di Berlusconi.
La manovra elettorale a scadenza
(di Massimo Alberti)
Tra le novità nel testo della manovra ce ne sono due molto significative: la prima, su famiglia e maternità. L’aumento dell’Iva sui beni di prima necessità per l’infanzia è perlomeno singolare per chi vuol farsi paladina della natalità. Ma è tra le righe del capitolo pensioni che si nascondono i dettagli, in quella promessa elettorale ai chi lavora, potrete lavorare qualche anno di meno, sacrificata sull’altare europeo dei conti pubblici. Non solo appunto si allunga la via lavorativa passando a quota 104 e di fatto eliminando gli ammortizzatori come ape sociale ed opzione donna, ma ci sono due dettagli inquietanti: il primo, la nascita di una commissione per legare la perequazione delle pensioni non al costo della vita, ma all’andamento del Pil. Affidata, dopo gli ottimi servigi sul salario minimo, al Cnel. La seconda: alzare il requisito dell’importo soglia da raggiungere a 64 anni con almeno 20 di contributi, per chi ha iniziato a lavorare dopo il 96. Dal 2,8 dell’assegno sociale, al 3,3. Questo vuol dire non solo che chi ha un reddito discontinuo difficilmente vedrà una pensione congrua, ma che chi guadagna di più potrà andare prima in pensione. E considerato che chi guadagna di più ha un’aspettativa di vita anche più alta, per la diversa tipologia di impiego meno usurante, significa aggiungere una grave iniquità sociale. Nel complesso l’impianto è quello emerso dal Consiglio dei Ministri: una manovra elettorale a scadenza, fatta di una tantum finanziate per un anno come il cuneo fiscale, che prova a non scontentare nessuno, finanziata oltre che dal deficit dai tagli, per scavallare le elezioni europee.
Se la guardiamo dal punto di vista dei numeri, la manovra italiana a Bruxelles non avrebbe scampo. Non fa calare il debito, mantiene un alto deficit usandola per un provvedimento che non produce crescita, nel complesso ha un impatto insignificante sul Pil, mentre va ad indebolire nel suo complesso il sistema fiscale, e quindi quello delle entrate che tengono in piedi lo stato. L’unica testa offerta all’Europa sul vassoio del rigore dei conti, è la stretta sulle pensioni che è di fatto un allungamento della vita lavorativa, e con un risparmio non immediato ma in prospettiva, a conferma di come sia una scelta tutta politica che sacrifica una promessa elettorale in chiave europea. Se dunque nelle stanze politiche europee si volesse impallinare il governo italiano, ci sarebbero tutti i modi per farlo in trasparenza. Qui arrivano 2 grossi però, che pesano nello sconsigliare la bocciatura. La prima, economica: una bocciatura della manovra vorrebbe dire dare l’Italia e il suo debito in pasto ai mercati, che già ci tengono sotto tiro su spread e BTP. Di fatto far fuori il governo e sostituirlo con un Monti/Draghi o chi per lui, ma anche trovarsi con un grosso problema economico di un grosso stato europeo. L’altro è tutto politico, visto che un pezzo di destra italiana sarà centrale nel futuro accordo per la prossima Commissione, e tenere Meloni in quel contesto. A gestire il dossier sarà l’italiano Gentiloni, che avrà sul tavolo tutte queste valutazioni, e dovrà cosi decidere quale strada scegliere, che influenzerà anche la politica italiana.
Ancora una morte sospetta tra i vertici del colosso dell’energia russo Lukoil
È morto a 66 anni Vladimir Nekrasov, presidente del consiglio di amministrazione del colosso dell’energia russo Lukoil. La società ha dichiarato che la causa è stata un arresto cardiaco ma quella di Nekrasov è la terza morte sospetta tra i manager dell’azienda dopo che nel marzo del 2022 l’azienda stessa aveva emesso una nota per chiedere una risoluzione del conflitto in Ucraina con un processo negoziale. Intanto sul campo, a venti mesi dall’inizio del conflitto, continuano gli attacchi russi con i droni e il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che la Marina russa non è più in grado di operare nel Mar Nero e sta abbandonando la Crimea. Zelensky ha inoltre annunciato che l’Ucraina ha attuato le 7 raccomandazioni dell’Unione Europea per aprire i colloqui di adesione.