Approfondimenti

Lo scontro armato in Cisgiordania dopo il raid di Jenin, i bombardamenti russi a Kherson e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di martedì 20 giugno 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Quattro cittadini israeliani sono stati uccisi in un attacco armato avvenuto in una stazione di servizio a Eli, un insediamento ebraico vicino a Nablus, in Cisgiordania. L’esercito russo avrebbe sparato sui soccorritori di Kherson mentre lavoravano per rimuovere il fango lasciato dall’alluvione causata dall’esplosione della diga di Khakovka. L’Italia non userà i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per produrre armi da inviare a Kiev. L’incontro bilaterale tra Giorgia Meloni e Emmanuel Macron. La procura di Padova ha impugnato tutti e 33 gli atti di nascita di figli di coppie di donne registrati dal sindaco dal 2017 a oggi. Secondo l’Unhcr, le persone obbligate a lasciare casa per guerre e persecuzioni nel 2022 sono state 108 milioni.

L’attacco armato in Cisgiordania dopo il raid israeliano nel campo profughi di Jenin

Almeno 4 israeliani sono morti, altri 4 sono rimasti feriti gravemente per l’attacco armato ad una stazione di servizio nell’insediamento ebraico di Eli, vicino Nablus. La dinamica dell’attentato non è chiara, ma durante lo scontro a fuoco uno degli attentatori è stato colpito e ucciso da un civile israeliano armato. I militari israeliani hanno subito bloccato la zona, in poco tempo hanno individuato il secondo attentatore e l’hanno ucciso.
L’attacco di oggi arriva il giorno dopo che sei palestinesi sono stati uccisi e 90 sono rimasti feriti nel campo profughi di Jenin, durante una massiccia incursione militare israeliana durata 9 ore.
Il premier israeliano Benjamin Nethaniu ha convocato una riunione d’urgenza per la sicurezza nazionale; l’estrema destra, che fa parte della maggioranza di governo, chiede una reazione militare forte.

Le bombe russe sui soccorritori a Kherson

Secondo l’ufficio presidenziale di Kiev, l’esercito russo avrebbe sparato sui soccorritori di Kherson mentre lavoravano per rimuovere il fango lasciato dall’alluvione causata dall’esplosione della diga di Khakovka. Il bombardamento avrebbe ucciso un soccorritore e feriti altri sette.
Le battaglie proseguono intensamente nell’est – dove Mosca continua nel tentativo di conquistare tutto il Donabass – e nel sud del paese. Qui, Kiev rivendica successi, ma secondo diversi osservatori la controffensiva ucraina sarebbe in una fase di rallentamento.

Oggi, intanto, il presidente Usa Biden, parlando in California, ha definito ‘reale’ la minaccia del presidente russo Putin di usare le armi nucleari tattiche dispiegate in Bielorussia. Una dichiarazione che va in contraddizione con quanto detto fino ad ora dall’intelligence americana, che aveva sempre classificato la minaccia russa come un Bluff.

Mario del Pero, docente universitario e americanista.

 

Il governo italiano non userà i fondi del PNRR per rifornire di armi l’Ucraina

(di Anna Bredice)
Una mozione unitaria di tutte le opposizioni, ad esclusione del terzo polo, ha ricevuto l’appoggio della maggioranza nella parte nella quale si chiede di non utilizzare i soldi del Pnrr per l’acquisto di armi. Il giorno dopo la direzione al Nazareno con alcune voci contrarie alla linea della segretaria del partito, anche per la partecipazione alla manifestazione dei Cinque stelle, la giornata di oggi per Elly Schlein registra un punto a favore, perché il tentativo di creare un documento unitario e mettere alla prova in concreto un’alleanza con il resto dell’opposizione a sinistra è riuscito. La mozione unitaria del Pd, cinque stelle, verdi e sinistra è stata approvata nella parte sulle armi anche con i voti della maggioranza. Il ministro Fitto ha garantito che il governo non destinerà quei soldi per materiale bellico. Questa promessa naturalmente ha compattato ancora di più l’opposizione, non c’è stato motivo per creare divisioni dentro al partito democratico come era accaduto qualche settimana fa nel Parlamento europeo quando il gruppo si era diviso in tre dopo aver votato tutti per l’emendamento voluto da Elly Schlein per il no all’uso dei soldi per le armi, ma nel voto finale dell’intero gruppo parlamentare c’era poi stata la divisione che aveva alimentato una certa confusione sulla linea del Pd sull’ucraina e sulle armi. Schlein mantiene una sorta di equilibrio sul tema, tra armi e necessità di una trattativa di pace, ma almeno il voto di oggi toglie un ostacolo in più, dover affrontare altri voti in Parlamento che hanno a che fare con l’Ucraina. Un tema questo che divide il Pd dai Cinque stelle, anche se il programma di Elly Schlein presentato ieri in direzione, di battaglie politiche da affrontare anche con una campagna d’estate, sul lavoro e sul precariato lanciano un ponte con Giuseppe Conte, si vedrà già domani con il decreto sul lavoro, lasciando sempre però qualche dubbio nelle altre aree del partito.

Il primo incontro tra Meloni e Macron dopo le tensioni dei mesi scorsi

“L’amicizia tra Italia a Francia è più grande dei disaccordi”: così il presidente francese Emmanuel Macron nella conferenza congiunta prima del bilaterale con Giorgia Meloni. È stato il primo incontro tra i due leader dopo le tensioni diplomatiche dei mesi scorsi, legate soprattutto alle politiche migratorie.
Roma e Parigi sanno bene però di non potersi permettere una rottura reale dei rapporti: “Italia e Francia sono legate, dobbiamo collaborare”, ha infatti dichiarato Giorgia Meloni. Tra i principali obiettivi comune c’è infatti la riduzione degli arrivi di migranti in Europa

Il servizio di Francesco Giorgini

 

Prima di incontrare Macron, a Parigi Giorgia Meloni ha partecipato all’assemblea del comitato internazionale per le esposizioni per sostenere la candidatura di Roma come sede dell’expo 2030.
Il voto finale è previsto a novembre, le altre due candidate sono Riad e la città sudcoreana di Busan, la capitale italiana non sembra avere molte possibilità di vittoria

La procura di Padova ha impugnato gli atti di nascita di 33 figli di coppie omogenitoriali

“È una vita che lottiamo, come coppie omosessuali, per i nostri diritti. Ora faremo lo stesso per i diritti dei nostri figli”. È quanto ha detto, all’agenzia Ansa, la mamma di Padova alla quale la Procura ha notificato ieri l’impugnazione dell’atto di nascita della figlia, chiedendo di cancellare il nome della sua compagna dallo stato di famiglia. La procura ha impugnato tutti e 33 gli atti di nascita di figli di coppie di donne registrati dal sindaco di Padova Sergio Giordani dal 2017 a oggi. L’Arcigay ha invitato tutti alla mobilitazione, sabato si svolgeranno i Pride a Milano, Palermo, Cagliari, Perugia, Taranto e Venezia. In questi anni sono stati numerosi i sindaci che hanno registrato i figli di coppie omogenitoriali, compreso il primo cittadino di Treviso il leghista Mario Conte, ascoltiamolo al microfono di Luigi Ambrosio.

 

Nel 2022, 108 milioni di persone sono state obbligate a lasciare casa per scappare da guerre e persecuzioni

Al porto di Lampedusa oggi ci sono stati nove sbarchi e nuovi arrivi sono previsti anche per le prossime ore. L’hotspot di Contrada Imbriacola, dove sono stati portati i migranti, ospita circa 1300 persone su una capienza massima di 400.
Per diminuire il numero di persone presenti nell’hotspot si stanno portando avanti alcune operazioni di trasferimento: due navi sono partite da Lampedusa, una diretta a Porto Empedocle, in Sicilia, e un’altra verso Reggio Calabria.

L’aumento del numero di migranti è un trend valido a livello globale. Lo ricordano oggi, nella giornata mondiale del rifugiato, i dati dell’Unhcr.

(di Chiara Vitali)
Le persone obbligate a lasciare casa per guerre e persecuzioni nel 2022 sono state 108 milioni. La maggior parte è rimasta nel proprio paese: si diventa sfollati interni, si vive in campi profughi o in soluzioni di fortuna in attesa di poter tornare a casa. 35 milioni di persone si sono invece rifugiate in un altro stato. Sono il doppio rispetto a dieci anni fa e arrivano soprattutto dalle zone attraversate da un conflitto, come Siria, Ucraina, Afghanistan e, considerando anche il 2023, Sudan.
Dove va, chi scappa? Il 70% dei rifugiati è accolto in paesi con un reddito medio-basso, con più fragilità e meno risorse, di solito vicini agli stato in cui scoppiano i conflitti. Un dato che smonta la retorica per cui i rifugiati arrivano tutti nei paesi più ricchi, ha sottolineato l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi. In numero assoluto, gli stati con più rifugiati sono la Turchia, l’Iran e la Giordania, paese in cui 1 persona su 6 è rifugiata.
Tra le tante storie, ci sono quelle di chi è considerato rifugiato due volte: scappa dal proprio paese, arriva in uno stato nuovo, e poi è costretto a partire di nuovo. Lo ha raccontato ad esempio sulla testata Aljazeera Ahmad al-Rifai, un ragazzo di 21 anni scappato dalla Siria, rifugiato in Turchia e poi costretto a spostarsi di nuovo per il terremoto di febbraio. “Pensavamo che arrivare in un nuovo paese ci avrebbe salvato – ha raccontato il ragazzo – e invece ci siamo trovati a rivivere gli stessi traumi”.

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